Atlante della letteratura italiana Einaudi

17 Gennaio 2014

Benché non costituisca più il crogiolo di idee che è stata per gran parte del secolo scorso, la Einaudi è ancora in grado di produrre progetti collettivi di sbalorditiva portata e ambizione, come testimoniano i tre poderosi volumi di questo Atlante della letteratura italiana.

 

Curato dall'italianista Gabriele Pedullà e dallo storico Sergio Luzzatto, e scritto in gran parte da una giovane generazione di studiosi, il progetto dell'Atlante si colloca accanto – e, per certi aspetti, rappresenta un'energica risposta e correttivo – a una lunga serie di fondamentali storie della letteratura italiana: dal capolavoro di Francesco de Sanctis, quella Storia della letteratura italiana (1871) che ha contribuito a definire l'identità nazionale attraverso la formazione d'un canone, fino alla Letteratura italiana (1982-2000) curata da Alberto Asor Rosa per la medesima casa editrice.

 

 

Come si evince dal titolo stesso, e in linea con una recente ondata di studi nelle discipline umanistiche, l'Atlante si ripropone di sostituire alla tradizionale storia letteraria una geografia della letteratura; di mappare, piuttosto che raccontare (o ancor meno valutarne i meriti artistici), i novecento anni di letteratura prodotti nella penisola.

 

Tralasciando le “svolte geografiche” oggi molto di moda, questo progetto ha alle spalle una genealogia intellettuale profondamente italiana, come sottolineano i curatori nella loro convincente introduzione. La letteratura italiana – per non parlare dell'arte, della lingua, della storia, dell'economia e di molto altro ancora – è esistita per lungo tempo in forma di miscela di vivaci localismi e regionalismi, per secoli solo vagheggiata come architettura unitaria da una ristretta êlite intellettuale. In altre parole, non potrebbe esistere una storia della letteratura italiana senza la sua geografia, con buona pace dei padri fondatori. Asor Rosa lo sapeva bene: tre dei volumi della sua Letteratura italiana (su un proliferante totale di più di venti) erano infatti dedicati a “Storia e Geografia”. La questione del pluralismo era stata messa in risalto ben prima, in Geografia e storia della letteratura italiana di Carlo Dionisotti (pubblicato nel 1967, ancora una volta per Einaudi, ma basato sulla sua conferenza inaugurale al Bedford College di Londra nel 1949). In quella raccolta di saggi Dionisotti si schierava decisamente contro De Sanctis e il mito d'una letteratura nazionale nata dal genio toscano, privilegiando una sensibilità attenta alle sfumature e alle varietà geografiche e linguistiche. I suoi studi costituiscono per l'Atlante un punto di riferimento essenziale.

 

Ma Luzzatto e Pedullà hanno un altro interlocutore che aleggia sul loro Atlante, un anticonformista che ha abbandonato il mondo accademico italiano per l'America, riuscendo così a sfuggire a molti dei tradizionali pregiudizi delle scuole di critica letteraria del Belpaese. L'ambizioso progetto di Franco Moretti, Il romanzo, storia del genere romanzesco in cinque volumi, è stato anch'esso pubblicato da Einaudi nei primi anni Duemila. Insieme al brillante – seppur controverso – Atlante del romanzo europeo e ai successivi saggi sulla letteratura “vista da lontano”, quella serie di volumi è un punto di riferimento ineludibile tanto quanto i saggi di Dionisotti, anche se i curatori tengono a sottolineare che mentre il loro lavoro studia la “letteratura nello spazio”, Moretti è interessato soprattutto all'idea di “spazio nella letteratura”.

 

Riunendo questi e altri influssi, ma proiettandosi esso stesso in altre audaci direzioni, l'Atlante rappresenta il laboratorio d'una serie indeterminata di esperimenti. Come in un caleidoscopio, i tradizionali tasselli della nostra conoscenza della letteratura italiana vengono smossi in tutte le direzioni, per poi riassestarsi in schemi di volta in volta nuovi e inaspettati. Difficile riassumere in breve l'enorme varietà dei materiali in gioco, ma c'è una struttura-guida alla base. I nove secoli della letteratura italiana sono stati suddivisi in dodici “Età”: le prime nove sono incentrate ciascuna su una città, di cui sono mappati i siti di produzione letteraria, la circolazione e ricezione delle opere, e le connessioni con il resto della penisola e oltre. (L'Atlante è straordinariamente attento alle geografie che varcano i confini italiani, reali o presunti, nonché all'ibridazione di popoli, testi, lingue e agli scambi culturali).

 

A ogni città spetta una mappa dettagliata, che ne individua ogni aspetto: dalle case degli scrittori alle accademie, dalle librerie agli stampatori, dalle chiese ai monasteri, dai giardini letterari fino alle università e alle biblioteche. Le nove Età legate alle Città vanno dal 1222 al 1861, trattando ciascuna un periodo che va dai 30 ai 120 anni. La lista recita così: Padova, Avignone, Firenze, Venezia, Trento, Roma, Napoli, Milano, Torino. Dopo l'unificazione lo schema cambia, come se, con la formazione dello stato nazionale e d'uno spazio letterario formalmente inserito al suo interno, la matrice geografica affondasse sotto la superficie. Le ultime tre Età, dal 1861 al 2000, non sono centrate sulle città bensì su singole categorie storiche, con allusioni a Eric Hobsbawn e J.K.Galbraith: l'Età della Nazione, l'Età della Guerra e l'Età del Benessere. Già a partire dalla pubblicazione del primo volume dell'Atlante questa struttura onnicomprensiva ha causato polemiche.

 

Asor Rosa ha duramente criticato la scelta delle Città-Età, e in particolare l'abbandono della Sicilia e della Toscana, tradizionali luoghi di nascita della tradizione poetica italiana, in favore di Padova ed Avignone. Gli stessi curatori hanno notato l'assenza di punti focali nel Sud Italia; ed è presente uno sbilanciamento piuttosto interessante a favore di una lettura urbana di una letteratura le cui radici tradizionalmente affondavano nel paesaggio del Belpaese. Ma questi spostamenti sono indicativi degli stimolanti esperimenti di pensiero e ricerca che stanno dietro all'Atlante. Il problema non sta nel distruggere i valori storiografici convenzionali, ma piuttosto nel riconfigurarli, osservando per esempio l'aspetto assunto dalla tradizione vista dalla prospettiva delle ricche realtà intellettuali dell'Università di Padova o della corte papale di Avignone.

 

Se le dodici Età rappresentano lo scheletro del progetto, la polpa sta nelle straordinarie risorse messe a disposizione nei circa 400 saggi in esse contenute, una mole di materiali più variegata di quanto possa suggerire ogni focus su una singola città, e che contiene una miniera d'oro di dati e analisi. Nel tentativo di imporre un ordine e di tracciare dei percorsi di lettura, i saggi sono stati ulteriormente suddivisi in tre tipi: le “reti”, i “sistemi” e i “saggi-evento”.

 

Le reti e i sistemi costituiscono i “giacimenti” delle miniere, i depositi dei dati grezzi, la ricerca quantitativa, l'elaborazione e illustrazione della struttura che soggiace alla produzione dei testi letterari. Queste analisi quantitative prendono di volta in volta forma di tavole, elenchi, diagrammi e mappe, che includono davvero di tutto: dal contenuto della biblioteca di Petrarca alla circolazione dei manoscritti di Dante, Petrarca e Boccaccio nell'Europa del tardo Medioevo; dalle Accademie tra Cinque e Seicento alla censura nell'Età della Controriforma; dalle donne scrittrici nell'Ottocento ai luoghi e spazi del teatro durante il Fascismo. Sono tutti temi apparentemente familiari alle storie della letteratura, ma vengono sistematizzati e visualizzati con una notevole attenzione al dettaglio e in modi mai tentati in precedenza. I sistemi, con il loro inserire i testi del canone all'interno degli elaborati siti e strutture della produzione contemporanea, sono particolarmente utili per smantellare ogni concezione ristretta dello spazio letterario. Per fare solo alcuni esempi, si presta costante attenzione alla variegata compagine degli ordini religiosi nel corso dei secoli, o alla storia delle università e dei loro legami con la rete di produzione letteraria; alle forme di scrittura giuridiche e cancelleresche, che si sviluppano accanto a quelle letterarie; alle strutture dei partiti politici e delle istituzioni statali e alla presenza di scrittori al loro interno; alla diffusione degli stampatori e delle case editrici.

 

I saggi rete sono complementari ai sistemi in quanto descrivono i social networks dei letterati, come li hanno definiti i curatori, mappando il processo attraverso cui scrittori e opere venivano letti, e i loro ideali letterari trasformati. Le reti colpiscono per la loro dimensione internazionale, offrendo svariate mappe sugli intellettuali italiani in esilio (sia in Europa che nel mondo) nell'arco di vari secoli, sulla diffusione della commedia dell'arte dentro e fuori d'Italia, sugli ambasciatori nell'Europa del Rinascimento o, per finire, sulla ricezione e diffusione del pensiero di Erasmo, Goethe o Marx in Italia.
Se le reti e i sistemi ci forniscono i dati, è nei saggi-evento che l'Atlante prende vita. In un progetto focalizzato sulla dimensione spaziale, piuttosto che su quella temporale, gli eventi reintroducono l'elemento del tempo, ma in forma di momento o frammento, del micro piuttosto che del macro. In altre parole, raccontano storie, spesso notevoli o risonanti, ciascuna con qualcosa di interessante da far vedere su complessi incroci di scrittori, luoghi e problemi in momenti specifici della tradizione letteraria.

 

Agiscono come innovativi puntelli su cui agganciare una riproposizione d'un pezzo di storia letteraria per poi, nel migliore dei casi, riconfigurarla. I curatori scelgono l'esempio di Balzac, che nel marzo 1837 passa una sera con Manzoni discutendo di romanzo storico e della loro comune ansia per la pirateria e il plagio. Esempi altrettanto vividi sono quello di Marco Polo che in prigione a Genova nel 1298 detta il suo Milione a Rustichello da Pisa; il dibattito sulla prima rappresentazione – dramma pastorale o tragedia? – per l'inaugurazione del Teatro Olimpico di Vicenza il 3 marzo 1585 (a vincere fu Sofocle); o, ancora, l'incontro mancato tra James Joyce e Italo Svevo alla Gare de Lyon il 30 gennaio 1924 e le sue conseguenze sul Modernismo europeo.

 

Forse i piaceri più autentici che si possono trarre dall'Atlante vengono proprio da incontri fortunati e inaspettati di questo tipo. Ma le innovazioni più audaci – che semplicemente non erano a disposizione di Asor Rosa un quarto di secolo fa, per non parlare di Dionisotti – stanno nell'investimento massiccio nella visualizzazione dei dati. A questo proposito, non sono tanto le mappe ad attrarre la nostra attenzione, quanto le tabelle, i grafici, i diagrammi a torta, cioè i dati e il modo in cui ci vengono presentati, che mira a nuove sintesi e linee di ricerca.

 

Tutto questo, unito a un linguaggio che parla di hubs e social networks, suggerisce che quest'opera, benché ancora prodotto in un poco maneggevole formato a stampa, sogna il digitale; non tanto “svolta geografica”, dunque, quanto un incrocio tra storia della letteratura e TED.

 

Un progetto così ampio ed eclettico, è inevitabile, dà luogo a successi come a mancanze: rappresentazioni grafiche oziose, mappature non chiarificatrici ma pedanti, eventi che contano poco più di curiosità o pettegolezzi. Ma alla luce delle sue affascinanti innovazioni, forse la debolezza più grave dell'Atlante consiste nella fragilità dei suoi metadata. È molto difficile orientarsi, come pure fare una ricerca testuale da una particolare prospettiva, o raggruppare diversi elementi su una figura, un periodo storico o un genere letterario. Fare un confronto incrociato tra indici e tabelle relative a reti e sistemi è arduo; in particolare, le seconde sono difficili da trovare e talvolta contraddittorie.

 

E, oltre a queste, a facilitare la consultazione ci sono soltanto dei semplici indici dei nomi. L'utilità pratica per studiosi e studenti di un lavoro di questo genere, che sovverte in modo così originale le metodologie standard e le interpretazioni tradizionali, rischia di essere compromessa dalla mancanza d'una gamma di strumenti di navigazione altrettanto innovativi.

 

Si avverte, infine, la curiosa sensazione che, dopo quest'immenso dispendio di energia intellettuale, la sottostante nozione del valore e scopo della letteratura e degli studi letterari sia rimasta sorprendentemente intatta. Ci si sarebbe potuti aspettare che il vero oggetto di studio, cioè la letteratura, o per lo meno il canone letterario, implodesse sotto la serie di ingegnose pressioni qui esercitate. Ma questa è una rinvigorente opera di revisione e riconfigurazione, non una rivoluzione: o, piuttosto, una rivoluzione del metodo ma soltanto una riforma dell'oggetto di studio.

 

L'Atlante è un cocktail spumeggiante nella sua imprevedibile commistione di ingredienti vecchi e nuovi, e si prova un senso di genuina euforia nel vederli miscelati. E in effetti è difficile immaginare una recente opera di storiografia letteraria che abbia integrato in modo più audace nuovi metodi e modalità di conoscenza in un progetto di letteratura nazionale. Le fondamenta del vecchio edificio sono, comunque, ancora intatte.

 

Traduzione di Eloisa Morra

 

Questo articolo è apparso precedentemente su The Times Literary Supplment

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