Le montagne non sono tutte uguali

22 Dicembre 2025

A Cortina, lo scorso 11 dicembre, nel corso della Giornata internazionale della montagna, il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli ha presentato i nuovi criteri oggettivi per la classificazione dei Comuni montani.

Obiettivo dichiarato definire la montagna attraverso parametri chiari e verificabili, superando un quadro generale che vedeva il territorio nazionale classificato come montano per oltre il 35% sul totale ma con oltre il 55% dei comuni presenti sullo stesso territorio.

Era una sproporzione che andava sanata; questo almeno era l’intento dichiarato.

Da qui i nuovi criteri. Il primo stabilisce che un comune possa definirsi montano se almeno il 25% del suo territorio si trova sopra i 600 metri di altitudine e se il 30% della superficie presenta una pendenza pari o superiore al 20%.

Il secondo parametro classifica un comune montano quando l’altimetria media supera i 500 metri.

Infine, un terzo criterio applicabile ai comuni “interclusi”: luoghi e comunità che, non rientrando pienamente nei primi due requisiti, risultano interamente circondate da comuni montani.

Tutto apparentemente convincente come lo può essere l’aritmetica, ma definire la montagna secondo criteri numerici oggettivi non crea “nuove verità” e ha i suoi rischi.

Prendete ad esempio un comune come Stella San Giovanni, il paese di Sandro Pertini. Ci passo spesso e per certi versi può rappresentare perfettamente il clima umano della canzone Genova per noi di Paolo Conte “Con quella faccia un po' così quell'espressione un po' così che abbiamo noi prima di andare a Genova… Ma che paura ci fa quel mare scuro che si muove anche di notte e non sta fermo mai…” Il comune infatti si trova a circa dieci chilometri dal mare a circa 300 m di altitudine, ma in un territorio totalmente montuoso e dove in inverno la neve e il gelo, specie nelle frazioni più interne sono qualcosa di più che occasionali. Stella non rientra in nessuno dei parametri stabiliti dai nuovi criteri (confina anche con i comuni di Celle Ligure e Albisola, note località costiere) eppure è geograficamente montagna e sostanzialmente montanare sono le esistenze dei suoi abitanti: boschi e residui di castagneti intorno, tetti spioventi per favorire la caduta della neve, comunicazioni ridotte a una sola strada, tortuosa, sparuti orti (i gamberoni rossi sono un sogno…). Poco più a nord, il comune confinante di Sassello, posto a 383 m sul livello del mare è montano in maniera conclamata e le acque del torrente Erro che lo attraversano sono già tributarie del bacino del Po.

Vale per Stella e Sassello quello che vale per moltissimi comuni dell’Appennino, perché questo è il punto, i nuovi criteri per definire la montagna italiana sembrano adattarsi perfettamente per la realtà alpina e non certo quella appenninica, con minori altitudini assolute e medie ma anche vallate tortuose e difficilmente raggiungibili, comunità disperse e talvolta molto lontane da centri economici di peso, specie nei versanti padani o continentali. Qui, i paesi rivolti al nord o sul versante opposto al mare sono sempre stati di fatto montagna a tutti gli effetti (climaticamente, geograficamente, esistenzialmente) anche se non rientrano nei nuovi parametri.

Si tratta di un territorio molto vasto che è la spina dorsale d'Italia e di una larga parte del Mediterraneo secondo la lezione di Fernand Braudel. Un territorio che dai contrafforti dell'Appennino Ligure al massiccio dell'Aspromonte divide l'Italia in due, una tirrenica, l'altra padana e adriatica. “Territori marginali” li considerava Braudel, vale a dire luoghi dove la storia, la demografia, l’economia viaggiano di lato o passano oltre. Un territorio il cui abbandono rapido e poi progressivo e irreversibile a partire dagli anni sessanta ha determinato decenni dopo le più disastrose alluvioni dei tempi recenti (ripetutamente in Liguria e Emilia Romagna).

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Bastano queste poche osservazioni per rilevare come la montagna appenninica sia molto di più di un concetto strettamente geografico e altimetrico. Nel 1962, la mente acuta e al tempo stesso profetica di Pier Paolo Pasolini aveva già compreso quello che sarà la nostra storia più recente (l’abbandono dei paesi in cerca di una miglior fortuna e di una diversa economia). In una celebre poesia (10 Giugno meglio nota come Sono la forza del passato) scriveva: “Io sono una forza del Passato. Solo nella tradizione è il mio amore. Vengo dai ruderi, dalle chiese, dalle pale daltare, dai borghi abbandonati sugli Appennini o le Prealpi…

No, non può essere solo un criterio altimetrico o strettamente geografico a definire cosa sia la montagna e i bisogni delle sue genti

Sembra esserci qualcosa di incomprensibile nella scelta di questi nuovi criteri nel definire cosa sia la montagna a meno che il motivo non sia strettamente politico-economico legato all’accesso delle risorse previste per le zone montane (200 milioni all’anno più agevolazioni fiscali e altro ancora, come da legge 131/2025). Del resto, il “combinato disposto” tra questa legge e l’applicazione dei nuovi criteri si tradurrà in un accesso alle risorse per 2800 comuni rispetto ai 4000 attuali, risorse in gran parte dirottate verso le zone alpine.

In questo senso, almeno allo stato attuale, il quadro sembra delineato e ne faranno le spese soprattutto larghe aree appenniniche “esistenzialmente montanare”. Volontà politica o ignoranza diffusa nel comprendere la complessità di cosa sia la montagna e i bisogni di chi le abita renderanno più difficile il compito di molte amministrazioni comunali nell’erogare servizi importanti verso i propri abitanti e non solo.

E a proposito dei nuovi criteri oggettivi e “aritmetici” del ministro Calderoli nel definire cosa sia un comune montano può soccorrere un celebre passo delle Memorie del sottosuolo di Fëdor Dostoevskij: “Signore Iddio, che cosa importa a me delle leggi della natura e della aritmetica, quando per una ragione o per laltra queste leggi e questo due più due quattro non mi convengono?”

Si può certo “misurare” la montagna come realtà puramente fisica; molto più difficile, fino al limite dell’errore, dell’ignoranza e dell’ingiustizia, misurare i bisogni delle sue genti.

Le fotografie sono di Enrica Ferro.

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