La linea della palma

12 Aprile 2014

Se le sta mangiando una dopo l’altra il famigerato coleottero noto come il punteruolo rosso della palma (Rhynchophorus ferrugineus). Sembrano in salute, il ciuffo esotico alto sul fusto dritto e vigoroso, ma internamente minate collassano di botto.


Da tempo siamo in piena emergenza: il flagello asiatico (il curculionide è originario dell’Asia sudorientale) ha invaso il territorio nazionale nel 2004, per l’incauto acquisto di un vivaista che lo importò dall’Egitto. In pochi anni, dalle regioni meridionali è risalito fino in Liguria dove persino i topi lamentano gli approdi panoramici («e il volo da trapezio/ dei topi familiari da una palma»; Montale, Proda di Versilia). La mutazione del paesaggio è dolorosissima: alla peste sembra non sfuggire alcun genere di palma. Le cure chimiche sono costose, così, nel regno vegetale quanto in quello umano, si salvano le più abbienti, come le palme del giardino del Quirinale.

 

 

Qui, al nord, la Trachycarpus fortunei è la palma più diffusa: resistente ai geli e rapida nel propagarsi, porta ampi flabelli che sonori sventagliano al vento. Non passa certo inosservata la trama a rete del tessuto delle guaine fogliari che ricoprono il tronco conferendogli il tipico aspetto peloso. Tra aprile e giugno fioriscono di un tenero verde le lunghe pendule pannocchie, ormai sgusciate dagli involucri cartacei che le proteggevano. Poi, si gode la bellezza cromatica dei frutti: grappoli lussureggianti dal raspo ocra e dalle bacche blu.  
Se c’è una palma che bene illustra la tesi di Leonardo Sciascia questa è proprio la Trachycarpus fortunei. La linea della palma al nord è sotto gli occhi di tutti, difficile da estirpare, rigogliosissima e, per ora, indenne persino all’attacco del mortifero coleottero:

Forse tutta l’Italia va diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è proprio alla vegetazione della palma, viene su, verso il nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già oltre Roma…
(Il giorno della civetta, [1961], Adelphi, pp. 339-340)

 



Anche in pianura padana, almeno nei giardini letterari, possiamo trovare palme meno rustiche e più aristocratiche quali le altissime americane Washingtoniae graciles: i sette isolati «vecchioni» del parco dei Finzi Contini per i quali Micòl aveva «sempre nuove parole di tenerezza». O possiamo tenere nei vasi sul terrazzo delle arcaiche Cycas, che vanno tanto di moda, simili a palme ma che palme non sono e fanno famiglia a sé (le Cycadacee, appunto).

 


Giovanni, a differenza degli altri evangelisti, precisa che erano di palma i rami con cui fu salutato l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. A giudicare dall’iconografia, una Phoenix: la più colpita in Italia dal punteruolo rosso. Così, anche al centro-sud, dove il paesaggio ne è vedovo, diventa più difficile celebrare la Domenica delle Palme e la Settimana Santa con le sue lunghe pendule foglie pennate. Certo, l’areale della Phoenix non si è ancora alzato fino a Milano: a Pasqua useremo come sempre l’ulivo. Ma non illudiamoci che la «linea della palma» non sia arrivata sin qui. 

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TAGGED: natura