Milano capitale della cultura del progetto / ADI Design Museum Compasso d’Oro

24 Luglio 2021

Dopo decenni di riunioni, dibattiti e vicissitudini più o meno travagliate, il 25 maggio 2021 si è finalmente inaugurato il nuovo ADI Design Museum, che ospita la Collezione del Compasso d'Oro. 

 

Il Premio Compasso d'oro

 

Il Premio Compasso d'Oro, curato dall’ADI (Associazione Design Industriale, fondata a Milano nel 1956) è il più antico e il più prestigioso premio per il disegno industriale al mondo.

Nato nel 1954 in seno a La Rinascente, per merito di Gio Ponti e di Alberto Rosselli, esso raccoglie e amplia un'idea di Augusto Morello. 

Mentre tutti sanno chi è stato Gio Ponti (se ne legga qui), la figura di Augusto Morello (1928 - 2002), purtroppo, è ricordata soltanto dagli addetti ai lavori. Torinese di nascita, con una laurea in chimica, dopo una formativa esperienza di lavoro in Olivetti, nel 1953 approda a La Rinascente, dove, fino al 1970, è a capo del mitico Ufficio Sviluppo, poi Centro Design, in cui "svolge l’inedito ruolo di design manager, ossia trait d’union tra marketing e produzione, committenza industriale e architetti designer. [...] Per sottolineare la necessaria combinazione di utilità e bellezza, Morello inventa il Premio per l’estetica nel prodotto, poi diventato Compasso d’Oro”. (Archivi La Rinascente) 

L’estetica nel prodotto, prima di essere un premio, è stata una mostra, allestita nel 1953 da La Rinascente, insieme al convegno “sul ruolo della grande distribuzione nella diffusione del prodotto di serie.” L’anno successivo, sarà sempre La Rinascente a istituire il Premio La Rinascente Il Compasso d’Oro. Il Premio veniva e viene ancora oggi assegnato ai migliori progetti destinati alla produzione industriale, “che hanno saputo raggiungere una felice sintesi unitaria tra la qualità estetica del prodotto e le sue caratteristiche tecnico-funzionali […] per contribuire allo sviluppo della coscienza culturale nella progettazione di beni di consumo, e al miglioramento dello standard qualitativo della produzione italiana.’’ (Aldo Borletti)

Da principio attribuito a una ristretta rosa di settori merceologici (abbigliamento, arredamento, cancelleria, casalinghi, giocattoli, packaging, sport), a partire dal 1958 il Premio Compasso d’Oro sarà estero a tutti i beni di consumo, compresi i mezzi di trasporto e i prodotti tecnologici. In quella stessa data La Rinascente lo donerà all’ADI che lo gestisce tutt’oggi.

 

Una precisazione

 

Compasso d'Oro non significa che il trofeo del premio è in oro (anche se il suo colore gioca su questa ambiguità), è detto d'oro perché si ispira al compasso inventato dal fisico e pittore Adalbert Goeringer per misurare il Numero d'oro (1,618) e la Sezione Aurea.

Il Numero d'oro, noto e applicato fin dall'antichità (ad esempio si riscontra nella Grande Piramide di Giza e nell'arte di Fidia), ebbe grande importanza per filosofi come Platone (Timeo) ed Euclide (Elementi) e per scienziati come Leonardo Fibonacci (Liber abaci) e Luca Pacioli (De Divina Proportione), per architetti come Vitruvio e artisti come Piero della Francesca, Botticelli, Leonardo da Vinci e Dürer, ma trova applicazione anche in alcuni casi nell'arte moderna (in Mondrian e in Le Corbusier, ad esempio), ed è diffusamente presente nella crescita di forme naturali. 

 

Sopra: Albe Steiner, depliant per la mostra Estetica nel prodotto, 1953, Milano Archivio Albe e Lica Steiner, Archivi Storici del Politecnico di Milano. Augusto Morello in una foto degli anni sessanta, accanto al logo del Compasso d’Oro. Sotto: il logo del Premio Compasso d’Oro, disegnato dal Albe Steiner tra il 1953 e il 1954 per La Rinascente. Michele Provinciali, immagine simbolo della mostra dell’Industrial Design alla X Triennale, 1954. Il logo dell’ADI Design Museum Compasso d’Oro, vincitore del concorso bandito da ADI nel 2013, progetto di Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servetto.


Il logotipo

 

È stato Albe Steiner, allora art director di La Rinascente, a progettare il logo del Premio Compasso d’Oro, e tra il 1953 e il 1954 ha ideato quel compasso divenuto iconico che in tutto il mondo è simbolo di eccellenza nel design. 

“L’armonia dei rapporti aurei era, nella testa di un grafico geniale come Steiner, un dotto segno di unitarietà degli apporti creativi. Era l’emblema di un'idea progressiva di progetto che vedeva uniti, con pari rilevanza, architetti e designer, artigiani e produttori, grafici ed artisti. Era l’affermarsi di una linea italiana. L’armonia moderna del compasso di Steiner, suggello di razionalità e bellezza, doveva diventare infatti il simbolo più forte del design italiano e un punto di riferimento per il disegno industriale internazionale." (Mario Piazza)

 

Bob Noorda, chiamato poi a disegnare l’immagine coordinata di ADI, coerente con il proprio rigore progettuale, impiegò il carattere tipografico Helvetica Medium, ed Helvetica Bold per la ragione sociale.

Il logotipo del nuovo museo è invece opera di Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servetto, vincitori del concorso nazionale, bandito nel 2013 da ADI e dal Comune di Milano, con il patrocinio di molti enti e associazioni di settore. Come prevedeva il bando, Lupi, Migliore e Servetto sono anche progettisti dell’allestimento del nuovo museo. A proposito del marchio, così Italo Lupi: "Ci siamo ispirati alla Decima Triennale di Milano inaugurata il 28 agosto 1954 – un momento storico importante per il nostro Paese – e al suo disegno/simbolo firmato da Michele Provinciali. Come carattere, invece abbiamo scelto il Deco Black, che poteva reggere perfettamente il confronto con l’Helvetica Bold del logo ADI". 

L’omaggio a Michele Provinciali è nella forma nera che ospita il disegno steineriano del compasso, disegnata dal maestro parmense per la sezione della X Triennale intitolata Industrial Design, che per quel suo lavoro ricevette il diploma internazionale d'onore e la medaglia d'oro.

 

Nel logotipo dell’ADI Design Museum, il compasso di Albe Steiner, semplificato, è leggibile come una A (acronimo di ADI), cui fanno seguito, rispettivamente in rosso scuro e bianco, la D e la M, acronimi di Design e di Museum, mentre per il titolo intero è stato confermato il logo noordiano in Helvetica, nel suo elegante grigio scuro.

“Oggi – sostiene Italo Lupi – il logo non è una semplice contrazione tipografica di un nome ma diventa uno strumento di racconto della narrazione”.

Ed ecco allora riunito qui, in un solo logo, il contributo di quattro mostri sacri della grafica internazionale, Albe Steiner, Bob Noorda, Michele Provinciali, Italo Lupi, a narrare della continuità di quell'eccellenza progettuale italiana, vero fil rouge che connette il suo ieri al suo domani. 

 

Milano, la location dell’ADI Design Museum Compasso d’Oro, nel fabbricato dell’ex deposito dei tram a cavallo, poi centrale elettrica, prima e dopo gli interventi di ristrutturazione condotti tra il 2011 e il 2020.


La sede

 

In origine, il sito che oggi ospita il museo era il ricovero dei tram a cavallo, vanto della Milano di fine ottocento, che poi, con l'avvento dell'elettricità venne riconvertito in centrale termoelettrica. Eretto nella seconda metà XIX secolo e composto da quattro corpi di fabbrica adiacenti, si tratta di una architettura tipica dell'archeologia industriale, connotata da campate dai tetti a capanna e da ampie finestre. 

Sebbene al tempo della sua costruzione sorgesse in periferia, oggi si trova in una zona centrale, compreso com'è tra via Bramante e via Ceresio e prospetta sulla Piazza da poco intitolata al Compasso d’Oro.

Gli ingenti interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione urbana che il complesso ha richiesto sono opera di Giancarlo Perotta e di Massimo Camillo Bodini.

 

Le esposizioni

Attualmente, il museo ospita tre esposizioni permanenti e quattro temporanee.

Suo cuore pulsante è la mostra fissa della raccolta degli oltre 350 progetti a cui nel tempo è stato attribuito il Compasso d'Oro, che ne costituiscono la Collezione Storica. Si intitola Il cucchiaio e la città (in omaggio al motto di Ernesto Nathan Rogers "Dal cucchiaio alla città") che ben stigmatizza l'eterogeneità dei lavori premiati. Ai progetti che hanno meritato il premio se ne aggiungono altri 140 che hanno ricevuto la Menzione d’Onore e più di duemila sono gli oggetti e i documenti ad essi riferiti. Curatore della rassegna è Beppe Finessi, con il contributo di Matteo Pirola e del suo team del Politecnico di Milano. Al nucleo storico degli oggetti, ogni anno si aggiungeranno i progetti che si aggiudicheranno il Compasso d'Oro.

 

ADI Design Museum Compasso d’Oro: L’ingresso del museo; scorci dell’allestimento dell’esposizione permanente Il cucchiaio e la città (lungo i lati) e della mostra temporanea Uno a Uno (al centro).


Fin dal primo istante in cui ho messo piede nel nuovo museo, ho subito avuto la sensazione di trovarmi in un luogo sacro, sebbene fossi ben consapevole che esso è inconfutabilmente profano. Il grande spazio che si è spalancato davanti ai miei occhi, infatti, ha immediatamente evocato in me la memoria di un gigantesca aula basilicale, già preannunciatasi fin dall’esterno dalla facciata a capanna, così tipica dell’antica architettura religiosa lombarda.

Come in una basilica, ma laica, così come laica era la basilica romana delle origini, lungo i lati lunghi della sua magniloquente navata si aprono delle ‘cappelle’ (ciascuna corrispondente a uno dei 26 anni di assegnazione del Premio), dentro ognuna delle quali, in serie cronologica, è esposto il progetto premiato in quella data. Le contrassegna un cartiglio, posto in alto, con indicato l’anno, e, in numero romano, la sequenza del premio e sono tinteggiate in color oro. Affianca ogni ‘cappella’ un ambiente in color tortora, che, come già il diconicon bizantino (dove si conservavano i paramenti liturgici e i libri necessari al rito), ospita disegni (spesso inediti), immagini pubblicitarie, modelli, oggetti e progetti prodotti nel medesimo anno di quello premiato, restituendo così il clima culturale e il gusto di quel particolare frangente storico.

 

L’altare di questa moderna basilica del design, non già relegato in un presbiterio sul fondo dell’aula, ma collocato al suo centro, si estende per tutta la sua lunghezza. Per seguitare con la metafora storico-architettonica, direi che esso somiglia a una estesissima ara, simile a quelle che sorgevano all’esterno del tempio greco (questa qui, invece interna e assai più lunga) sulla quale, in occasione della festa della divinità, veniva esposto ai fedeli il simulacro del dio cui il tempio era dedicato, normalmente celato al loro sguardo perché custodito nel naos, la cella accessibile ai soli sacerdoti. Anche su quest'ara moderna sono esposti dei simulacri, ma non già i fidiaci di Pallade Athena o di Zeus, quanto, piuttosto, quelli di oggetti d’uso quotidiano (divenuti iconici) progettati dal 1954 ad oggi da illustri designer e realizzati da lungimiranti aziende produttrici. È quest'ara, infatti, la sede della mostra temporanea Uno a Uno, (cui corrisponde anche un libro, edito da Electa), che presenta una lettura critica sul persistere nel tempo di alcuni tipi di oggetti che hanno vinto il Compasso d’Oro. Così il curatore, Beppe Finessi:

Uno a Uno è una riflessione storica impostata su una sequenza d'accoppiamenti giudiziosi di progetti che hanno vinto il Premio, scelti, abbinati ed esposti affiancati tra loro, in una sequenza di coppie di oggetti che sono uguali tipologicamente ma differenti formalmente, perché elaborati da autori diversi e in anni molto distanti.” 

 

Secondo la tradizione costantiniana, molto diffusa nel nord Italia, anche qui le aule basilicali sono due (così come due furono le basiliche precorritrici del Duomo di Milano, la Vetus o Minor e la Nova o Major) e l'esposizione della collezione storica prosegue in un ambiente contiguo al primo, che ospita i premi assegnati più di recente, pronto anche ad accogliere i futuri progetti vincitori.

In questo secondo e altrettanto gigantesco spazio, si incontra poi la rassegna permanente, intitolata Manifesto alla Carriera. Omaggio della grafica italiana ai Maestri del Compasso d’Oro. Curata da Luca Molinari, presenta l'opera di 139 grafici chiamati a progettare un manifesto dedicato ad altrettanti vincitori del Premio Compasso d’Oro alla carriera. Questa sezione del premio, che ha cadenza biennale, è rivolta a chi, storico, critico, imprenditore o azienda si è occupato di Design in modo encomiabile.

L’allestimento di Massimo Curzi si ispira alla tradizione delle biblioteche rinascimentali. 

 

La mostra permanente Manifesto alla Carriera. Omaggio della grafica italiana ai Maestri del Compasso d’Oro. Fila superiore: La copertina del catalogo, Electa Edizioni. Per Giulio Carlo Argan, TassinariVetta; per Olivetti, ChiaraTricarico; per Gillo Dorfles, OriginiSteiner; Fila centrale: per Alessandro Mendini, Giorgio Camuffo; per Vico Magistretti, Armando Milani; per Ugo La Pietra, Alvvino; per Nanda Vigo, Gianluigi Colin. Fila inferiore: per Adriano Olivetti, Elio Carmi; per Angelo Cortesi, Luciano Galimberti, Chiara Tricarico; per Roberto Sambonet, Paola Lenarduzzi; per Michele Provinciali, Mario Piazza; per Bob Noorda, Salvatore Gregorietti.


Renata Bonfanti. Tessere la gioia è il titolo di un'altra mostra temporanea. Con l’allestimento di Luca Ladiana, a curarla è stato Marco Romanelli che purtroppo ci ha lasciato prematuramente lo scorso 11 febbraio, ma a questa sua ultima fatica egli aveva lavorato in previsione della sua inaugurazione che avrebbe dovuto avvenire nell'aprile 2020. Rinviata di un anno a causa della pandemia, Romanelli non ha potuto vederla.

Incoraggiata da Gio Ponti e sostenuta dall'amicizia di Bruno Munari, Renata Bonfanti è stata la prima designer del tessile ad affiancare la lavorazione artigianale dei tappeti annodati a mano a quella più industriale realizzata con il telaio meccanico. Ha inoltre il merito di essere stata la prima donna a conquistare il Compasso d'Oro, nel 1962. 

 

In alto: installazione permanente Compasso d’Oro, misurare il mondo. Mostra temporanea Giulio Castelli. La cultura imprenditoriale del sistema design. In basso: mostra temporanea Renata Bonfanti. Tessere la gioia; Uno scorcio dell’Officina Design Shop by Electa.


A cura di Federica Sala, con l’allestimento di Carlo Forcolini, c’è poi la terza mostra temporanea Giulio Castelli. La cultura imprenditoriale del sistema design.

Giulio Castelli, laureato in ingegneria chimica, è stato allievo di Giulio Natta, Premio Nobel per la chimica per le ricerche sulle materie plastiche. Ed è proprio per realizzare oggetti d'uso domestico nei materiali plastici che Giulio e sua moglie Anna Castelli Ferrieri, nel 1949, danno vita a Kartell, la nota azienda che ha riscosso fin da subito l’enorme successo di pubblico che perdura, con Giulio impegnato sul fronte tecnologico e Anna nella progettazione e nella direzione artistica. 

Nel 1956, Giulio Castelli è anche tra i fondatori dell’ADI, di cui è stato il primo presidente. 

 

L'ultima delle attuali rassegne a tempo si intitola ADI Design Index 2020 (visitabile fino al 20 giugno, quando sarà sostituita dalla mostra dedicata ad Adriano Olivetti) e presenta i progetti selezionati per concorrere al prossimo Premio Compasso d’Oro. 

 

Come tutti sanno, le basiliche paleocristiane erano precedute da un quadriportico, luogo di decantazione tra il mondo profano di fuori e quello sacro di dentro. A Milano, poi, il quadriportico è un luogo persistente, che si ritrova in molte chiese, come, ad esempio, nella romanica Sant'Ambrogio, tanto per citare l'esempio più noto. Ed ecco, allora, che anche questa nostra cattedrale del design ci accoglie, prima di varcarne la soglia, con una sorta di quadriportico che si sviluppa però nelle tre dimensioni e assume la forma di un cubo. Si tratta dell'installazione permanente Compasso d’Oro, misurare il mondo, curata e progettata dallo Studio Origoni Steiner. Su un traliccio metallico (che a me ricorda, per certi versi, il Monumento alla Resistenza dei BBPR) sono esposte immagini fotografiche apparentemente non connesse fra loro. Cosa ha a che fare, infatti, il Colosseo con la Gioconda? O una stella marina con uno Stradivari? O, ancora, il Partenone con un fiore di Passiflora? La risposta è, come abbiamo già detto in precedenza, nella proporzione aurea. 

"Una proporzione utilizzata anche da Leonardo da Vinci e facilmente individuabile grazie a un apposito strumento, il 'golden divider', inventato nel 1893 dal fisico e pittore Adalbert Goeringer", spiegano i curatori, ricordandoci che esso fu il motivo ispiratore del logo del Compasso d'Oro, progettato da Albe Steiner nel 1954.

 

Il nuovo museo si avvale anche del contributo dei designer di domani, grazie alla costruttiva collaborazione con il mondo dell'istruzione e così lo spazio dedicato alle conferenze ospita la video installazione Bìos – Sistema Design Italia, degli studenti della Scuola di Design del Politecnico di Milano e quella intitolata Il design entra nella storia, degli allievi dello IED. Gli studenti dell’Accademia di Belle Arti Aldo Galli di Como hanno invece restaurato alcuni pezzi della collezione storica. 

 

Gli ambienti accessori

 

L'Officina Design Cafè e l'Officina Design Shop (Electa), insistono poi su un unico, vasto, ambiente, "organizzato con uguali arredi, definiti nelle loro funzioni dalle cose che espongono" come ha dichiarato il suo progettista Marco Ferreri, vincitore del premio Compasso d’Oro alla Carriera nel 2020. 

 

Una promessa mantenuta

 

Annunciato e promesso nell’aprile 2019 all’inaugurazione del Triennale Design Museum, nonostante il ritardo di un anno causato dalle restrizioni imposte dalla pandemia, con l’ADI Design Museum Compasso d’Oro Milano ha finalmente il suo secondo polo museale dedicato al tema del del progetto, a cui si deve aggiungere il Circuito dei Musei del Design che mette in collegamento tutti gli archivi del Design, pubblici e privati (che vi hanno aderito) insistenti sul territorio lombardo, messi tra loro in relazione da collegamenti virtuosi che li rendono fruibili al pubblico, non solo di studenti e di studiosi, ma di chiunque li voglia conoscere. 

Ed ecco allora Milano, se non più confermantesi, ormai, quale centro produttivo primario del Design, affermarsi invece, e innegabilmente, quale capitale europea della cultura del progetto. 

Ubi Major!

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