Palladio colorato
La scorsa primavera, nella vasta sala detta della Ciminiera dell’ex filanda Meroni di Soncino (Cremona) si è tenuta la mostra Incontri con Palladio, di Isabella Cuccato, pittrice e architettrice. Vi erano esposti i lavori nei quali l’artista ha reinterpretato pittoricamente I Quattro Libri dell’Architettura del maestro veneto. L’esposizione era accompagnata dal volume omonimo, edito da Dario Cimorelli (pp. 64, € 18.00), con testi di Elena Pontiggia, Franco Purini, Jacques Gubler e Giancarlo Consonni.
Quest’estate, l'INTBAU (International Network for Traditional Building, Architecture and Urbanism), quale sede italiana della sua International Summer School 2025 (11-16 luglio), ha scelto la città di Vicenza. E lo ha fatto per la presenza in essa e nei suoi dintorni delle numerose architetture palladiane che la contraddistinguono, dal momento che il workshop si intitolava proprio THE ARCHITECTURE OF PALLADIO.
Ma allora il Palladio è tornato in auge! (Se mai sia stato ‘dimenticato’).

Tuttavia, se in quest’ultimo caso l'opera del maestro veneto è stata scandagliata puntando soprattutto sul “rapporto tra architettura e paesaggio”, nel primo caso, invece, Isabella Cuccato, ha preso in esame, attraverso lo strumento del disegno, alcuni degli edifici descritti nel trattato palladiano indagandone il lessico. E lo ha fatto sia con lo studio della loro sintassi compositiva, ma anche con l’azione dello scomporne le singole parti costituenti, spesso assurte a protagoniste delle sue tele. Ha agito un po’, insomma, come aveva fatto ai tempi suoi Jean-Nicolas-Louis Durand, certamente senza la vis didattica che aveva caratterizzato la ‘missione’ dell’architetto del neoclassicismo francese, ma con in più la notazione lirica del colore, in un’invenzione artistica che è tutta sua. Quel colore che, se era ancora sconosciuto al Palladio, era invece stato largamente impiegato nell’architettura della Grecia antica (oggi la scienza ce lo ha rivelato), dalla quale il maestro padovano aveva tratto ispirazione. Ed è come se Isabella ‘restituisse’ agli edifici palladiani quel ‘portato cromatico’ che avrebbe potuto appartenergli se soltanto Andrea di Pietro della Gondola, detto il Palladio, avesse saputo che l’architettura della Grecia antica era vivacemente colorata. E allora ecco che oggi, alla luce delle verità storica ritrovata, Isabella reinterpreta poeticamente quale avrebbe potuto essere l’effetto del colore se anche il Palladio lo avesse impiegato.
Ed è subito magia.

“Molti anni fa” ha dichiarato Isabella Cuccato in un’intervista “ho iniziato un ciclo di pitture su Palladio, architetto veneto del ‘500 autore non solo di opere famose, ma dei Quattro Libri dell’Architettura. Ne ho ingrandito le tavole su grandi tele e le ho colorate in modo intenso e vivo. Il disegno è diventato supporto del quadro e il quadro ne ha modificato il senso. Ho ingigantito dei dettagli di capitelli, trabeazioni e soffitti, e i dettagli sono diventati quadri astratti o composizioni floreali”.
Anche lei veneta, come il Palladio, lui nato a Padova, lei a Roncade (Tv), Isabella dalla storia della pittura della sua regione ha ereditato l’intenso cromatismo, quella capacità precipua dei pittori veneti di usare il colore, in luogo della prospettiva, per dare sostanza (profondità, struttura, atmosfera) alla composizione. Dal Bellini al Tintoretto, passando per Mantegna, per Giorgione e per Tiziano, se c’è infatti un distinguo tra la storia della pittura veneta e quella Toscana del Rinascimento, è proprio il colore. Pittura tonale la si definisce. E Isabella, veneta di nascita, è pittrice nella sostanza profonda del suo essere, alla quale unisce, per formazione, la sapienza architettonica appresa anch’essa a Venezia, dal suo maestro Aldo Rossi, il più classico dei moderni. È di certo da Rossi che lei ha mutuato l’amore per la classicità; tutta sua è, invece, la grande perizia disegnativa che la porta a riprodurre i dettagli architettonici con la precisione millimetrica di un disegnatore d’altri tempi, dei tempi in cui si tracciavano i progetti a mano (i più bravi, addirittura, a mano libera) e non, come si fa oggi, con l’AutoCad.
Tutto suo è anche il senso del colore, un colore selvaggio, primitivo e attualissimo a un tempo, un colore ‘fauve’ ma anche un colore postmoderno nel suo essere fluo.
Ed è stato per il suo “saper fare” d’altri tempi se Aldo Rossi, nel 1981, l’ha scelta per partecipare alla mostra Architettura/Idea e Conoscenza presso la Triennale di Milano (qui su Doppiozero in un testo di Letizia Caruzzo) e nel 1985 alla Biennale di Venezia con due progetti conservati nell’Archivio del Centre Pompidou.

Il corpus principale delle opere esposte nella mostra cremonese era costituito da 30 tele di dimensioni imponenti, 190 x 130, dipinte ad olio in cui erano figurativamente riprese, con il cromatismo che contraddistingue la pittrice-architettrice, le tavole del trattato palladiano. Altre tele sono dettagli, interpretazioni libere e montaggi.

“Nella mia storia ho avuto qualche familiarità con Palladio” ha scritto l’autrice nel libro edito da Cimorelli. “Le ville venete sono parte di un paesaggio che ho frequentato e vissuto da sempre, dall’infanzia alla giovinezza fino all’età matura. Così non è stato semplice capire che Palladio non è solo nelle ville, nei palazzi, nelle chiese che conoscevo, nella loro presenza e nella loro bellezza. La sua universalità prima che nelle opere sta nel Trattato, e l’ho scoperto dopo, studiando. Quello di Palladio è un modo di rappresentare l’architettura sintetico, e c’è in lui una volontà didascalica, l’aspirazione a una costruzione d’assieme. Eppure le tavole sfuggono alle convenzioni nel mettere in rapporto piante, alzati e sezioni, e nel collegare l’edificio ai dettagli. Sono frutto di un’arte combinatoria spregiudicata e accostano e sovrappongono in modo sperimentale elementi di architettura diversi. Le ho esplorate e mi è sembrato di scoprirne i segreti. Ognuna è una figurazione”.
Che cosa sia la figurazione, ce lo spiega Paul Klee nella sua Teoria della forma e della figurazione:
Rispetto a “forma" (Form), "figura" (Gestalt) esprime inoltre qualcosa di più vivo. Figura è più che altro una forma fondata su funzioni vitali: per così dire, una funzione derivante da funzioni. Tali funzioni sono di natura puramente spirituale; alla loro base sta il bisogno di espressione.
Ed è proprio un bisogno di espressione puramente spirituale ad animare le figurazioni di Isabella Cuccato, complice il Palladio.
