Quando il lettore diventa utente

16 Maggio 2013

Il “futuro del libro” non è mai passato di moda. Per decenni scrittori, editori, informatici e designer si sono interrogati senza sosta sulle possibilità rivoluzionarie offerte dal libro elettronico in termini di ipertestualità, inclusione di contenuti multimediali e variabilità del testo. Mentre gli e-reader, primo tra tutti il Kindle, hanno reso possibile un’esperienza di lettura immersiva in ambiente digitale, l’iPad ha gettato nuova benzina sul fuoco del libro come app. Gran parte dell’attenzione è rivolta dunque alle opportunità relative alle modalità di fruizione e all’arricchimento dei contenuti, tuttavia ciò che effettivamente subisce le più radicali trasformazioni è il contesto dell’editoria digitale. Tali trasformazioni investono il significato profondo della lettura e le modalità attraverso cui il lettore si relaziona al libro sia come oggetto culturale che come bene commerciale.

 

Pur non essendo evidente, nell’ambito dell’editoria digitale il “futuro” è già qui (un’ottima ragione per smettere di parlare di “futuro”). Esso somiglia poco agli scenari fantascientifici insiti nel nostro immaginario collettivo. Piuttosto che attraverso clamorosi stravolgimenti tecnologici, il futuro si manifesta sotto forma di minime alterazioni nelle abitudini e nella percezione delle cose. In breve tempo e senza destare scalpore, tali mutamenti entrano a far parte della quotidianità, diventando così invisibili (Jaron Lanier li definirebbe “lock-in”). Per questo motivo credo che sia importante focalizzare l’attenzione sul contesto piuttosto che sul contenuto prima che alcuni modelli si radichino nella prospettiva comune sul libro come principi indiscussi.

 

 

L’e-book è una realtà non soltanto dal punto di vista tecnico: nel 2011 Amazon ha dichiarato di aver venduto in Gran Bretagna più libri elettronici che stampati. Tuttavia il fenomeno è qualcosa di più di una conquista tecnologica che si è fatta strada nel mercato: e-book ed e-reader rappresentano soltanto la punta dell’iceberg in quanto rientrano in un processo di riorganizzazione complessiva del modello editoriale e della sua infrastruttura. Di fatto ogni big player sul mercato (Amazon, Google, Apple) promuove attualmente il proprio ecosistema editoriale, il cui cuore pulsante è rappresentato dalle piattaforme di distribuzione. Il potere che queste società detengono, nettamente superiore a quello delle case editrici e degli autori, ha permesso loro di attribuire al libro lo status di servizio. In tal modo l’influenza dell’ecosistema non si limita al periodo che precede l’acquisto, ma si propaga nella lettura attraverso il software e il dispositivo utilizzati.

 

Benché la funzione principale di un e-reader consista nel visualizzare gli e-book, generalmente l'apparecchio non si limita a ciò: esso è dotato infatti di una vera e propria “tecnologia mobile” che gli permette di essere costantemente connesso alla cloud. Quando si utilizza il Kindle (l’e-reader più diffuso) note, sottolineature e ulteriori attività di lettura sono trasmesse ai server di Amazon tramite un processo chiamato Whispersync (in cui whisper sta per sussurro). Naturalmente l’assenza di qualsiasi evidenza di questo processo mira a non rompere l’incantesimo di una lettura indisturbata. Ma nel momento in cui un’infinita mole di dati è raccolta incessantemente, la lettura non può più essere considerata un atto privato e autonomo. Appare dunque appropriato parlare di utente piuttosto che di lettore, in quanto colui il quale utilizza un e-reader interagisce con un sistema complesso e compie, consapevolmente o meno, una serie articolata di operazioni.

 

Il paradigma del libro come servizio altera l’idea stessa di proprietà in ambito editoriale. Nel caso in cui si necessiti di un testo in forma sia cartacea che digitale solitamente occorre effettuare due acquisti differenti, in quanto ciò che si compra non è il testo e nemmeno il formato che lo contiene, bensì il servizio che lo veicola. Ciò anche nel caso in cui la versione digitale del libro esista come semilavorato e non rappresenti dunque un ulteriore costo di produzione. La situazione è altrettanto complicata sul versante dei soli formati elettronici: non è permesso a un utente Kindle di leggere i libri acquistati su Amazon utilizzando e-reader differenti. Tali libri sono criptati: essi sono associati a un profilo personale e non possono essere duplicati. Non da ultimo, Amazon è tecnicamente in grado di rimuovere un ebook dal dispositivo senza che l’utente ne sia informato. Gino Roncaglia si chiede:



Chi di noi acquisterebbe una scaffalatura da un falegname che pretendesse di proporsi anche come nostro libraio esclusivo, e vietasse di fatto di utilizzare i propri scaffali per ospitare libri comprati altrove?



La citazione precedente, tratta da un ebook regolarmente acquistato (La quarta rivoluzione: Sei lezioni sul futuro del libro, Laterza, 2011), è stata copiata manualmente dal software fornito da Amazon per leggere i propri libri sul computer di casa, poiché il programma non consente il copia-incolla. L’assenza di questa funzione, in chiara opposizione alla tendenza intrinseca del medium digitale, è presumibilmente una scelta orientata al mercato, oltre che una prevenzione contro la pirateria: si ritene infatti che l'utente non abbia particolare interesse nel copiare e incollare da romanzi, racconti e testi divulgativi, le tipologie di e-book più popolari. In cambio gli è concesso di condividere i passaggi su Facebook e Twitter. Il servizio offerto dai grandi distributori, inevitabilmente condizionato da logiche di tipo commerciale, rappresenta dunque un ulteriore motivo di preoccupazione in quanto esso non determina semplicemente una procedura di acquisto, bensì dei modelli di utilizzo. E applicare un modello di utilizzo al libro vuol dire infondere un modello culturale.

 

 

A trarre il maggior vantaggio offerto dalle nuove tecnologie non sono al momento né i lettori, né gli autori e nemmeno le case editrici, sono invece le società che stanno a guardia degli ecosistemi. Date le circostanze quali sono le possibilità d'intervento? Se si pensa alle pubblicazioni accademiche (ma non solo), si realizza immediatamente che i libri chiedono di essere letti, commentati, rielaborati, copiati e incollati... chiedono in sostanza di essere usati. Il libro è dunque uno strumento, o meglio un set di strumenti.

 

Come insegna il progetto Gutenberg, dotare il lettore di un set di strumenti che favoriscano un utilizzo molteplice è di per sé un atto rivoluzionario. Parlare di strumenti in ambito digitale vuol dire innanzitutto riferirsi a formati differenti, il principale dei quali è senza dubbio l’ePub: un formato aperto, semplice da sviluppare e sul quale non è difficile intervenire, i cui contenuti non sono cristallizzati in un layout fisso relativo a un particolare dispositivo. A partire dallo stesso ePub o tramite le varie fasi necessarie per svilupparlo è possibile ottenere una serie di formati rivolti a scopi specifici, quali ad esempio: puro testo per l’uso generale, html per la lettura online e, ovviamente, PDF per impaginazione e stampa.

 

Piuttosto che al libro come servizio preferisco pensare al libro come bagaglio: un semplice file zip contenente tutti questi diversi formati, fornito dalle case editrici o dagli autori stessi attraverso i propri siti web. Il libro, non più vincolato a un software, a un dispositivo, a una piattaforma o a una società, sarà quindi utilizzato in maniera articolata da utenti differenti i quali potranno annotare, citare, copiare e incollare, condividere e rielaborare. Il libro tornerà a essere una tecnologia orientata all’utente.

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