A Reggio Emilia fino al 3 settembre 2016 / Zavattini. Cuore padano

18 Aprile 2016

La Bassa è un territorio poco definito. Come la nebbia che spesso d’inverno la pervade, non presenta dei confini chiari. E non ha una organizzazione interna riconoscibile, con una precisa gerarchia di luoghi. È una vasta distesa di terre di pianura interrotte ogni tanto da qualche paese. Forse non è nemmeno identificabile esattamente con un territorio geografico preciso. È genericamente una vasta zona dell’Emilia-Romagna che si trova vicina al Po. Ma proprio per questo forse Cesare Zavattini l’amava. Certo, era intensamente legato a essa perché era la sua terra natale. Ma amava la Bassa probabilmente anche perché essa, con la sua indistinzione, gli consentiva di plasmarla a suo piacimento. Di dare cioè libero sfogo alla sua fantasia trasformandola in un luogo completamente immaginario. Non è un caso probabilmente che la Bassa abbia stimolato, oltre a Zavattini, anche molti altri scrittori a liberare le proprie fantasie. Sono nati così i racconti dei Narratori delle pianure presentati diversi anni fa da Gianni Celati. Oppure le surreali invenzioni di Ermanno Cavazzoni per Il poema dei lunatici. Così piaciute a Federico Fellini che ha voluto ricavarne il suo ultimo film La voce della lunaZavattini però ha inventato il neorealismo, probabilmente uno dei momenti più alti del cinema mondiale, e ha svolto una vasta attività artistica riconosciuta internazionalmente.

 

Come è possibile allora conciliare la capacità di coinvolgere un pubblico globale con l’attaccamento a un territorio così locale come la Bassa? La storia dell’arte ha mostrato che per alcuni grandi artisti ciò è possibile. Si pensi soltanto al pittore Morandi e alla sua ossessione per le bottiglie. Oppure a Van Gogh e ai luoghi di Arles che lo circondavano (un ponte in campagna, i tavolini all’aperto di un bar o una piccola stanza). La loro grandezza emerge soprattutto dalla capacità di rendere un luogo particolare qualcosa di universale. Di consentire cioè a persone di mondi e culture differenti di identificarsi con lo stesso luogo specifico. Dunque Zavattini ha avuto con la Bassa un rapporto molto significativo per la sua vita artistica. Ora una piccola mostra racconta tale rapporto. Si chiama Cuore padano. Cesare Zavattini e la Bassa, sarà aperta fino al 3 settembre 2016 ed è stata allestita presso la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia.

 

Qui ha sede d’altronde lo sterminato Archivio Cesare Zavattini, che documenta tutta la multiforme attività svolta da questo importante intellettuale italiano, il quale, pur essendo nato in provincia di Reggio Emilia (a Luzzara, nella Bassa appunto), aveva comunque una relazione di affetto e vicinanza con la città capoluogo. La mostra documenta le due possibili direzioni del rapporto tra Zavattini e la Bassa. Innanzitutto, quella che dalla Bassa è andata verso Zavattini. Cioè la profonda influenza che è stata esercitata in tutti gli ambiti del lavoro artistico di questi: nelle poesie in dialetto, nelle ambientazioni scelte per le sceneggiature dei film, nei temi scelti per i dipinti e nelle fotografie scattate da Paul Strand agli abitanti di Luzzara e diventate la celebre ricerca denominata Un paese.

 

Ma va considerato anche il movimento che da Zavattini si è mosso verso la Bassa, ovvero il ruolo di infaticabile organizzatore culturale svolto in loco dall’intellettuale luzzarese. Ad esempio, promuovendo i pittori naïf. E organizzando premi di vario genere, spesso in compagnia dell’amico Dino Villani, che ha creato e diretto alla Motta, a partire dal 1934, il primo ufficio pubblicità di una grande azienda italiana, ma era un comunicatore completo, che spaziava dalla pubblicità radiofonica alle relazioni pubbliche. Insieme, Villani e Zavattini hanno ideato nel 1948 il «Premio Suzzara», per cercare di avvicinare le persone comuni al mondo dell’arte. Ma hanno anche ideato delle iniziative promozionali e pubblicitarie come il «Premio Notte di Natale» oppure un concorso che ha avuto un enorme successo popolare in Italia come «5.000 lire per un sorriso». Nato nel 1939 per promuovere il dentifricio Erba-Gi.Vi.Emme, è stato successivamente trasformato nel 1946 nella celebre manifestazione Miss Italia, che Villani stesso ha diretto per 11 anni. 

 

Nel 1940 Villani, con la collaborazione di Zavattini, ha concepito all’interno del concorso «5.000 lire per un sorriso» un annuncio pubblicitario in bianco e nero che è uscito sui giornali. È interamente occupato da 12 fotografie di persone sorridenti che hanno partecipato al concorso. Ciascuna immagine riporta sotto il nome, il cognome, l’indirizzo e un breve messaggio di accompagnamento di chi ha inviato la foto. Purtroppo questo annuncio non è presente nella mostra Cuore padano, ma si tratta di un messaggio straordinariamente avanzato per l’epoca. Praticava infatti quell’idea di partecipazione e coinvolgimento dei consumatori che soltanto oggi Internet consente di attuare pienamente. Si tratta, insomma, di una specie di Facebook ante litteram.

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