Suq festival, dal 15 al 24 giugno a Genova / Improvvisamente il Mediterraneo (e altro ancora)

14 Giugno 2018

Il successo di una manifestazione che si ripete da vent’anni in una città culturalmente non facile come Genova deve avere ragioni profonde o inaspettate. Un evento peraltro dalla durata non indifferente (dieci giorni) che all’inizio di ogni estate indugia e trattiene le serate di turisti e residenti. Circa settantamila le presenze nell’edizione dell’anno scorso e numeri altrettanto elevati in quelle precedenti. Un successo che si fa forte della partecipazione di ospiti di assoluto prestigio; e poi parole e idee che potrebbero essere sufficienti a spiegare l’interesse che i Genovesi dimostrano alla manifestazione. sebbene quest’interesse, da solo, probabilmente non basterebbe.

Certamente giova la posizione, di indubbio fascino, specie dopo il tramonto, quando le prime ombre si allungano sul Porto Antico, e dal mare risalgono sentori antichi fino a quel momento coperti dal calore estivo e dalla vita urbana che corre a pochi metri. È del resto in queste ore, a due passi dal Bigo di Renzo Piano, dai Magazzini del Cotone e dalla antica darsena, che Genova sembra ricongiungersi alla sua storia, riacquistare la sua identità – fragile quanto evidente – di città sospesa tra mare e monti. È soprattutto a quell’ora che lentamente il Suq si anima prendendo vita fino a notte inoltrata. Tutto su una terrazza letteralmente affacciata sul porto sul mare e su tutto il Mediterraneo che si intuisce oltre l’orizzonte fiammeggiante. 

 

 

Il Suq festival nasce nel 1999 da un’idea di Valentina Arcuri e di Carla Peirolero che ne è anche direttrice artistica. Carla – attrice teatrale, autrice, regista – e il suo staff, con intelligenza e passione, mettono in scena ogni anno un’impresa notevole, dal valore nazionale nonostante risorse economiche limitate e di non facile reperimento. Ospiti culturali di assoluto valore, musica (quest’anno sarà ospite Teresa De Sio), incontri, dibattiti, eventi ma anche botteghe, artigiani, il cibo e la cucina tradizionale di molti paesi mediterranei, dell’Africa, delle Americhe, dell’Asia. È dunque anche un caleidoscopio di colori, un mosaico di aromi, suoni quello che ogni sera si anima nel Porto Antico.

Del resto, il significato della parola Suq era ed è proprio questo: un luogo di scambio, di incontro, di intrattenimento ma anche luogo di conoscenza se è vero che i sensi e le parole – nei suq come negli antichi mercati al di qua del Mediterraneo – erano lo “strumento” che veniva prima di ogni commercio e prima di ogni compravendita. 

 

Inevitabile allora che in questi anni il Suq festival – proprio come suq, come mercato, come luogo di incontri – sia stato un teatro reale in cui si è cercato e dato conoscenza, in cui hanno trovato scena temi come emigrazione e accoglienza, pace e tolleranza, confronto tra tradizioni e religioni, sviluppo sostenibile, popoli e culture, diversità ed omologazione, arte ed economia...

Temi di assoluta importanza per la società che siamo, e negli ultimi anni, temi peraltro anche difficili, scomodi... eppure il successo del Suq festival è continuato, anche in tempi recenti. In mezzo, gli anni degli inizi e della crescita, il 2004 con Genova capitale europea della cultura e lo spostamento del festival al Porto Antico, i patrocini della Commissione italiana Unesco, dei Ministeri degli Esteri, dell’Ambiente, l’accreditamento da parte del MIBACT come festival teatrale e il suo sostegno. Anni luce distanti da quel sospetto di “festival al fritto misto” con cui in ambito locale il Suq veniva talvolta guardato all’inizio...

 

 

Gli attori e i protagonisti dicevamo... negli anni ci sono stati ospiti del calibro di Adonis, Julia Kristeva, Predrag Matvejevic, Fadela Amara, Ferzan Őzpetek, Moni Ovadia, Ascanio Celestini, Federico Rampini, Massimo Carlotto, Marino Niola, Domenico De Masi, Cecilia Strada, Marco Aime, Vauro e molti altri ancora. Di questo “teatro” e di questi temi, don Andrea Gallo è stato poi per molte volte amico, protagonista, animatore convinto ed infaticabile.

Certo insieme alla parola e alla conoscenza c’è anche l’altro lato del suq, ci sono gli incontri tra persone, ci sono i sapori e gli odori dell’intero Mediterraneo e di altre regioni che letteralmente circondano il centro della piazza dove il palco, rialzato poco più di un gradino, ospita la musica, il canto, la parola. E se la musica e il canto con il ritmo e la melodia hanno il potere di richiamare e intrattenere i visitatori agendo su corde diverse dalla razionalità, le parole – le interviste, i dibattiti, le conferenze, le testimonianze – talvolta possono faticare a trovare ascolto nell’arena circostante penetrando e disperdendosi tra kebab e tortillas, tapas e formaggi, acciughe salate, frutta secca, spezie, cuscus e soprattutto tra il via vai della gente attratta da colori, odori e sapori. 

Ma forse questo è semplicemente voluto, o almeno accettato. Del resto deve essere stato così anche negli antichi mercati, così nei suq dove l’attenzione alla parola doveva “correre leggera”, avvolta com’era da tutta la vita che scorreva intorno, dove la curiosità veniva prima della conoscenza e spesso si fermava lì. Forse è questo il vero motivo del successo del Suq festival: il riprodursi (quanto involontario?) dell’atmosfera degli antichi mercati, luoghi che erano vicini alle nostre corde ancestrali fatte di una conoscenza a più dimensioni, dove i sensi, tutti, contavano almeno come la razionalità, dove l’ascoltare, il parlare contava come il conoscere e il capire, dove il mangiare contava come il guardare. Perché al Suq festival si viene per guardare e per mangiare certo... ma si viene anche per conoscere senza sapere come questo avverrà.

 

 

Il Suq che si apre il 15 Giugno (Donne isole e frontiere è il tema di quest’anno) celebra i vent’anni; lunga vita al Suq festival dunque, che in una Genova affacciata sul Mediterraneo ma anche su un futuro dalla vocazione incerta, contribuisce a definire alcuni dei temi della società e della cultura odierna, così come di quest’ultima evidenzia alcune capacita di intrattenimento e insieme educative.

 

Il tutto con la regia di uno staff quasi tutto al femminile, elemento caratterizzante che Carla Peirolero ama rilevare semplicemente per l’evidenza nuda del fatto in sé e per la passione che occorre come “qualità” per tenere assieme un’iniziativa così complessa. Ma anche forse perché uno sguardo al femminile maggiormente “morbido sul mondo” può essere un vantaggio nell’affrontare certe tematiche.

Poi, nel mondo delle cose perfettibili, per l’edizione del prossimo anno, forse mi piacerebbe chiedere a Carla Peirolero di ragionare anche sulla possibilità di un piccolo spazio raccolto, sempre all’interno del Suq, dove magari sia possibile solo bere e dove le parole possano avere più cura, possano dare e ricevere più attenzione. Non perché sia un difetto del Suq festival ma perché lo sta diventando per la nostra società, quello di concepire una convivialità sempre più legata al cibo e sempre meno alla parola. Uno spazio che riscopra pienamente l’attenzione dell’incontro e della conoscenza. Potrebbe essere forse un “angolo del the” o anche un caffè nello spirito di George Steiner quando afferma che i caffè in tutta Europa sono il luogo della conversazione e un’“idea” della stessa Europa.

 

Certamente, così come è, nella formula che ne ha garantito la sua “lunga vita”, il Suq festival rimane forse l’unico dei festival culturali del nostro paese il cui il visitatore esperimenta insieme curiosità, piacere e conoscenza passando attraverso uno strano stupore.

Uno stupore che sorprende, simile a quello che probabilmente si doveva provare in un antico mercato, in un caravanserraglio, un suq, un bazar, nei quali si entrava per uscirne alla fine in qualche modo frastornati e rinnovati.

Inaspettatamente, potrebbe essere anche questa la ragione del successo del Suq festival.

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