Dialetti e lingua italiana / Selfie, pocoinchiostro e transumanze

31 Maggio 2017

Nel film Notte prima degli esami, il prof. Martinelli (Giorgio Faletti) "fotografa" con una frase la aspettative di un suo studente di fronte a un amore deluso: "L'importante non è quello che trovi alla fine di una corsa. L'importante è quello che provi mentre corri". Perfetto viatico al cammino e all'esperienze di vita e non alle mete o ai risultati.

 

- Andemma o stemma?

È un'espressione nel dialetto del mio paese, sull'Appennino Tosco-Emiliano: un modo di dire ancora comune, apparentemente banale ma che va oltre il significato immediato (andiamo o stiamo?).

"Andemma o stemma...?" è infatti ancora oggi un modo per chiedere genericamente che fare ma attraverso due distinte condizioni, quasi due aut aut in cui evidentemente un tempo era possibile immaginarsi, concepirsi. Andare o stare per le comunità errabonde e nomadi dell'Appennino erano del resto i due estremi della loro condizione esistenziale, in cammino due volte all'anno su e giù per la montagna: i pastori certamente ma anche mulattieri, manovali, librai itineranti, saltimbanchi, contrabbandieri... in una diaspora stagionale dettata dai rigori invernali del clima.

 

 

Pocoinchiostro, storia dell'italiano comune (di Pietro Trifone, Il Mulino 2016) mi è capitato tra le mani mentre riflettevo sull'origine di quella e altre espressioni dialettali. Un titolo peraltro bellissimo e intrigante per indicare una storia della lingua italiana "non scritta e non dotta". Se si considera poi che Pocoinchiostro era il soprannome di un giovane che dietro compenso redigeva nelle Puglie post-unitarie lettere di ricatto per i briganti, il quadro di interesse era completo. 

Un libro non facile certamente, perché saggio puntuale nelle tesi, nelle fonti e nella loro coerenza ma comunque su un tema oggi di interesse generale, quando un'intera nuova generazione di "poco inchiostro telematico" sta ponendo nuovi interrogativi sulla povertà e sulla ricchezza della lingua. E poi le citazioni delle fonti utilizzate dall'autore sono in fondo un "piccolo libro" nel libro e questo è per tutti: lettere ricattatorie di briganti meridionali nell'Italia post unitaria ma anche stralci di verbali di processi per stregoneria e altre ancora.

 

Un libro sull'evoluzione da una molteplicità di dialetti a una singola lingua nazionale e in mezzo, per secoli, la presenza di un italiano "non condiviso" perché di diffusione regionale e largamente dialettale.

E c'è allora da chiedersi quanto, oltre alle storiche divisioni politiche, avessero contato in questo italiano non comune e territoriale le transumanze locali tra Appennini e le città del piano, tra Appennini e coste, a intessere quell'italiano povero e regionale.

 

Oggi certamente altre transumanze sono all'orizzonte dei luoghi e delle genti. Dentro quella parola vaga che è globalizzazione, c'è una crescita esponenziale dei flussi turistici che assume l'aspetto e la sostanza di una vera e propria nuova transumanza globale. Solo come esempi nel 2016 sono stati oltre sette milioni di visitatori in una città fragile come Venezia, altrettanti a Roma, più grande ma non meno fragile, in una crescita verso le mete ritenute turisticamente interessanti che aumenta costantemente. Ma sono transumanze comode e sicure quelle dei turisti; al contrario degli antichi viaggiatori per i quali il viaggio era quasi sempre necessità, esperienza di vita, spesso rischio e pericolo che potevano indurre a testamento, il turista (da tour, vale a dire giro) gode della situazione privilegiata dell'andata e ritorno garantiti e solo per svago. Una condizione esistenziale ben differente questa delle nuove transumanze che nei luoghi visitati non lasciano alcun segno culturale se non alla lunga una forte destabilizzazione delle tradizioni e degli equilibri. A queste transumanze sembra poi associarsi un linguaggio nuovo, del tutto visivo e superficiale, 

 

Cosa altro sono se non una forma di neo-linguaggio, i milioni di selfie che quotidianamente i turisti scattano davanti a luoghi simbolo, a quadri e famosi monumenti, davanti a esperienze percepite come ambite, persino davanti al piatto di un ristorante più o meno stellato?

In realtà, l'esperienza del viaggio sembra diventata accessoria, sostituta da una ben maggiore necessità, vale a dire da un'urgente certificazione visiva del viaggio, una sorta di testimonianza narcisista di se stessi sul monumento, sulla destinazione, sulla nave, camera d'hotel, sul piatto prelibato...

 

Non esistono più da tempo i resoconti di viaggio in cui la parola descriveva esperienze ed emozioni e anche le fotografie tradizionali sembrano avere vita difficile. 

Restano i selfie a dominare le scene, testimonianza di un piacere non tanto provato quanto traslato nella presunta ammirazione altrui. Non conta il viaggiare, il muoversi, il correre... per le moderne transumanze sembrano contare soprattutto le mete ma viste con occhi di altri.

 

Notte prima degli esami raccontava di un Italia e di un clima di inizio anni ‘90. Oggi, a un qualunque terminal crociere come di fronte a panorami mozzafiato, la folgorante battuta del prof. Martinelli sembra appartenere a un altro mondo, lontano anni luce.

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