Edward Carpenter. Un Hippie dell’Ottocento

8 Luglio 2022

Edward Carpenter fu uno dei grandi riformatori britannici di fine ottocento- inizio novecento, decisivo nella fondazione del Partito Socialista inglese, sostenitore del suffragio femminile e dei diritti degli omosessuali, promotore del vegetarianismo, poeta. Ebbe corrispondenze epistolari con Gandhi e Jack London, amico di Walt Whitman, Tagore e E.M. Foster, si è conquistato una fama al centro del panorama letterario del tempo.

Edward Carpenter nasce in Inghilterra nel 1844 da una famiglia benestante; è dotato di grande talento per la musica, per la letteratura e, terminati gli studi, prende i voti, quasi per convenzione. Inizia a scrivere molto presto ed è molto evidente una grande insofferenza nei confronti della propria vita e dell'ipocrisia della società vittoriana; rinuncia all'abito talare e ai privilegi che gli vengono dal rango e si trasferisce a Leeds, dove si mantiene insegnando astronomia, storia e musica, ma anche qui non trova piena soddisfazione, perché i suoi allievi non seguono le sue teorie e dimostrano uno scarso interesse per i nuovi modelli sociali che lui tenta di proporre.

Decide quindi di recarsi a Camden in Connecticut per vedere Walt Whitman che era il suo grande modello di riferimento. Torna in Inghilterra, si trasferisce in campagna e tenta di interagire con braccianti, manovali e lavoratori della terra, scrive saggi affascinato da un incontro con la cultura induista, dopo una visita in India e, dopo la morte del padre e una buona eredità, decide di acquistare una fattoria e concentrarsi sulla scrittura. Fra l’altro, all'età di quasi quarant'anni, comincia a vivere più apertamente la propria omosessualità e sviluppa teorie sempre più radicali, in parte legate al socialismo inglese. Muore all'età di 84 anni dopo avere vissuto una vita intensa, anche sul piano delle relazioni interpersonali. Nonostante fosse considerato un pensatore brillante e un innovatore, viene rapidamente dimenticato, lui e tutti i suoi libri, che non vengono ristampati. Forse sconta la colpa di avere vissuto molto liberamente e di essersi concentrato più sull'amore omosessuale, sulla spiritualità e non sul socialismo, così come aveva invece manifestato all'esordio. 

Le teorie che Edward manifesta e scrive nella sua vita sono considerate oggi abbastanza fuori luogo. Facilmente lo si potrebbe definire un visionario e comunque non è inquadrabile in alcun movimento filosofico, politico e sociale del 900. Il fatto che gli ultimi anni della sua vita siano stati di una coerenza straordinaria con le sue teorie, vivendo del frutto della sua terra, del lavoro delle sue mani, elogiando il nudismo e ingaggiando, da grande precursore, battaglie contro l’inquinamento, nella vita modesta che ha cercato di trascorrere, gli ha creato un discreto isolamento culturale. Forse parte dei suoi comportamenti erano dovuti alla grande attrattiva verso la cultura orientale, così come altri intellettuali di fine ottocento. Potrebbe essere definito uno strano “Hippie” prima del tempo e questo gli procurò antipatie di intellettuali influenti come George Orwell che tentò di screditarlo attraverso lettere dove dice "a volte si ha l'impressione che le parole socialismo e comunismo attraggono a sé con forza magnetica ogni bevitore di succhi di frutta, ogni nudista, ogni portatore di sandali, ogni maniaco sessuale, quacchero, guaritore, naturista, pacifista e femminista d’Inghilterra".

Gli scritti di Carpenter vanno dal socialismo utopico a quello scientifico, oscillano tra una rivendicazione di una presunta rivoluzione francese e un riformismo morbido che a volte può risultare eccessivamente idealista perché la sua provocazione è tutta centrata sul cambiamento dei costumi e sul cambiamento della morale. Nei suoi scritti l'appello finale è rivolto ai benestanti: “Mentre si sorseggia un tè in salotto o si ascolta una conversazione post prandiale su cibi e vini di importazione non si fa che alimentare un certo senso di pigrizia di una liturgia innaturale, pur essendo tutto così elegante così accessibile così perfetto”. Scrive ancora “Le grida dei bambini affamati non giungono alle vostre orecchie mentre per un solo pasto spendete ciò che basterebbe a nutrirli, lavarli e accudirli per una settimana”.

Ancora contro l’accumulare di roba inutile “State seduti nelle vostre stanze affollate di soprammobili e raffinate cianfrusaglie provenienti da ogni angolo del globo… è tutto bello, sia chiaro e non ho nulla contro gli oggetti in sé, ma i vostri domestici devono spolverare ogni giorno questi oggetti, mentre voi nemmeno li guardate più”. Il suo appello è rivolto poi in particolare alle donne, perché pensa che il cuore della donna sia più pronto ad accogliere una rivoluzione sociale che parte dal mettersi allo stesso livello dei più poveri. Costruisce esempi e similitudini quasi di stampo evangelico (si vede bene la parte legata alla formazione religiosa) e nel parlare alle donne ricche dice “Uscite dalle vostre case! Per strada potrebbe finire una ragazza dalla mentalità pura come la vostra, ma incapace di sopportare la vista dei genitori indigenti e nemmeno nei momenti più disperati questa ragazza troverà da voi un aiuto, non aprirà il cuore a voi, che avete le dita cariche di anelli e tanti abiti quanti ne ha un negozio”. 

Un continuo monito profetico, come i profeti dell'antico testamento, Elia, Eliseo, tutti rivolti alle classi sociali più abbienti perché si risveglino, prima che una grande rivoluzione possa distruggere tutto quello che loro hanno costruito. Carpenter definisce l'unico liberatore possibile “L’amore per l’umanità”. E, dice, bisogna partire presto, semplificare il più possibile la propria esistenza, consumare la giusta quantità dei frutti del lavoro, trovare il tempo per conoscere gli altri, diventarne amici, comprenderne i bisogni. Arriva a sostenere che soltanto l'esperienza di una vita semplice che rasenta l’autosufficienza ti può mettere in condizione di capire il mondo attorno. Dice "Uno Statista non può prendersi cura di una nazione se non ne conosce le basi della vita sociale, così come un pittore non può dipingere al meglio se non conosce il valore dei dettagli più comuni". Questo cambiamento Carpenter lo chiama la “Morale”, madre di tutti i possibili cambiamenti sociali del futuro che lui intravede.

Nel libro Per una vita più semplice (trad. di Mauro Maraschi, Piano B edizioni, 2022), in realtà ci sono nove saggi in qualche modo interconnessi, perché risalgono allo stesso periodo. E non era ancora andato in India e non aveva ancora conosciuto il compagno della sua vita per cui in questo testo non sono ancora presenti le componenti mistiche o decisamente orientate verso la causa omosessuale. Il primo saggio è intitolato “Gli ideali di una nazione” in cui Carpenter denuncia le condizioni socio economiche del paese e la miseria che è così diffusa tra i suoi concittadini.

c

Tenta di svegliare la classe dirigente e i ricchi, descrive una riforma possibile basata sulla reciproca comprensione, prevede un tracollo finanziario se non ci sarà una ripresa della morale pubblica. Il secondo saggio “Il prestito di denaro e l'origine del profitto” è un grido accorato contro le speculazioni finanziarie e l'accumulo di soldi che sono alla base del capitalismo. Il terzo saggio “Progresso sociale e impegno individuale”, in bilico tra giustizia e destino, è pieno di esempi e di metafore; l’autore si scaglia contro le leggi, perché la legislazione è di solito nelle mani della classe dominante e sostiene che il vero sviluppo avviene solo quando l’evoluzione porterà all’annullamento della legge,” perché l’uomo tende per istinto a una vita ordinata”. Non mancano teorie anarcoidi o ispirate ad un ordine “divino”.

Sostiene che la scienza non può essere l’unica forza trainante verso il progresso, che avviene solo quando si sviluppi una morale. Scrive “Se il socialismo significasse modificare la società senza modificare il cuore, ciò implicherebbe soltanto di spodestare coloro che si sono accaparrati tutte le cose buone e permettere agli altri di appropriarsene, ma non sarebbe davvero un cambiamento, se non superficiale. Il vero cambiamento deve ispirare una concezione migliore della dignità umana”. In “Ville da sogno”, il quarto scritto, ironizza sulla “infelicità del ricco”, descrive un mondo che ben conosce e sostiene teorie sulla salute basata sul lavoro, incita i ricchi a trovare gli strumenti per liberarsi dal male e dalla povertà di spirito.

Il saggio che dà il titolo al libro, “Per una vita più semplice”, scritto nel gennaio 1886, sembra essere un chiaro omaggio a Thoreau ed è la testimonianza della sua vita di campagna con descrizioni minuziose di tutte quelle attività che possono riconciliarci con la natura e migliorare la qualità della vita. Usa esempi come quello dell'orto, racconta episodi sulla cultura del grano, su pane e farina, sul consumo di carne. Si lancia in osservazioni dietetico-culinarie e sostiene che il piatto unico, come la ciotola usata in certi chalet di montagna, è il piatto che coniuga tutte le qualità necessarie della nutrizione e della bontà e deve essere accompagnato al massimo da qualche contorno o condimento.

Anche nel campo dell'alimentazione dichiara che la moderazione debba essere sempre la regola di base; avvia descrizioni su come tenere in ordine la casa, su come conservare gli oggetti, su come disfarsi di tutto quello che non sia utile. Persino sull'abbigliamento scrive "Una buona camicia, un cappotto di lana e dei pantaloni resistenti sono tutto ciò di cui l'uomo ha bisogno nella vita di tutti i giorni, in un clima moderato." È un piccolo trattato sulla economia della vita e arriva persino a definire una specie di bilancio familiare per potere sostenere le spese necessarie senza sprecare il tempo. Alla fine sostiene che basterebbero quattro ore di lavoro al giorno per potere garantirsi una vita equilibrata e di piena soddisfazione. È interessante il tentativo di quantificare le ore di lavoro per la autosufficienza piena.

Nei due saggi “Ne vale la pena” e “Commercio” l'autore manifesta la propria insoddisfazione per le teorie economiche del tempo e soprattutto sulla percentuale di guadagno che gli imprenditori pretendono per dichiarare vantaggiosa un’attività commerciale. Carpenter traduce il suo disagio in una filosofia economica dove sostiene che la cosa più sensata sarebbe quella di dare almeno un piccolo fazzoletto di terra, come quello che aveva in dotazione lui, a tutti, per cercare di produrre cibi sani e non adulterati, incoraggiare il lavoro onesto, coltivare condizioni dignitose per i lavoratori, prodotti utili per i compratori, nonché mantenere questo equilibrio il più a lungo possibile, tenendo per sé il minimo in termini pecuniari.

Sostiene che anche un guadagno dell'1% sia onesto e più volte richiama la Bibbia per scagliarsi apertamente contro le speculazioni del commercio. Fa una buona analisi dei comportamenti sociali che si adeguano alle leggi del mercato e adotta esempi molto semplici per definire le oscillazioni del mercato stesso ma, dice alla fine, il mercato, con tutti i suoi cavilli, le sue leziosità, le sue ambizioni e i suoi imbrogli, è in sé una istituzione profondamente umana, che ha una sua possibilità di redenzione proprio nel fatto che obbliga un gran numero di persone a interagire tra loro. Sostiene la teoria che bisognerebbe produrre per i bisogni e le soddisfazioni personali e non solamente per il mercato e dice "Tutto il processo della produzione oggi è viziato dal fatto che si produce soltanto per il profitto”.

 Nel penultimo saggio “Proprietà privata” del 1886 sostiene di nuovo la teoria che la legge serve per difendere i ricchi e le loro proprietà e sostiene che la proprietà legale essenzialmente è una cosa negativa e antisociale e che, se non purificata e nobilitata dei rapporti umani, essa si rivelerà quasi sempre dannosa. La sua religiosità emerge sempre quando tenta di descrivere possibili soluzioni usando molte metafore e definendo “malattia" l'avarizia i comportamenti legati alla proprietà.

L'ultimo saggio “Il boschetto incantato: un appello ai benestanti” è un altro appello rivolto ai nobili e ai ricchi perché si convertano. “Gli standard del benessere e del lusso aumentano rapidamente ogni anno. È tutto così elegante, così accessibile, così perfezionato: si dorme e si sogna come in un palazzo incantato e, a poco a poco, il rumore del mondo reale cessa di giungere alle nostre orecchie…”

Edward Carpenter è stato uno scrittore scomodo per i suoi tempi. Il libro che è finalmente arrivato nella splendida traduzione a cura di Mauro Maraschi è per certi versi sconvolgente per la sua attualità e per i nostalgici di Thoreau rappresenta una nuova sorgente di curiosità. Quando lo cita riguardo i viaggi e dice "Non vale la pena di girare il mondo per contare quanti gatti ci sono a Zanzibar. Se non hai mezzi per andare in Brasile allora intraprendi un viaggio per migliorare te stesso. È un viaggio più lungo e vedrai più cose, anzi, direi ai benestanti, fate un viaggio nella vostra stessa città, toglietevi i vostri abiti pregiati e andate tra i poveri e gli oppressi; lavorate nella bottega con il falegname e nelle cave con i minatori; camminate in compagnia del vagabondo e alleggeritelo un po' del suo carico e soltanto allora sentirete cose che non avreste mai pensato di sentire e vedrete cose che durante i vostri tour guidati non avete mai sognato di vedere”…

E un testo strano, un misto di audaci teorie anarchiche e cristiane, tutte però bagnate da una innocenza disarmante, da una scrittura semplice, come la vita che ci indica come ancora possibile.

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO
E. Carpenter, Per una vita semplice