5 per mille

Maturità: quelli che scelgono

23 Giugno 2025

Ogni tanto, con intermittente reticenza, emerge qualche indiscrezione su chi decide le tracce per le prove di maturità. Si parla di commissioni, di linee guida fornite dal Ministero, di plotoncini selezionati di superesperti di scuola. Ma nulla più. Così come pochissimo si sa sui tempi. Quando si stabilisce su cosa verteranno le prove di metà giugno? Nei primi mesi dell’anno, si legge qua e là con la stessa indefinita vaghezza di una fiaba. In assenza di indicazioni più circostanziate, in assenza di motivi per non dedicarsi all’esercizio (al di là della sua patente inutilità, in fondo a chi potrebbe interessare questo argomento?), ho provato ad immaginare cosa succeda, prima, durante e dopo, nelle stanze e fuori dalle stanze dove qualcuno stabilisce gli argomenti dell’Esame di Stato. Una è la certezza: il luogo dove avverrà l’incontro è naturalmente Roma, una mastodontica e minacciosa sala riunioni riservata del Ministero dell’Istruzione (e del Merito) di viale Trastevere. Ma da subito affiora un dubbio. 

Non potrebbero le esigenze di segretezza far optare per una saletta defilata e meno appariscente, una mezza aula con deposito di faldoni destinati al macero situata a ridosso della portineria per rendere più agevole lo sgusciamento in entrata e in uscita degli esperti? Perché, in effetti, questo è il punctum. Gli esperti. Chi sono? Come vengono reclutati? Saranno cooptati per conoscenza reciproca – “Ho un amico, docente di lettere a Rapallo, devi vedere che tracce di temi riesce a creare, è l’ uomo giusto per noi” – oppure per sorteggio – arriva a casa la lettera tutta a maiuscole: “Lei è stato scelto per far parte dell’Alta Commissione Deliberante sulla Tipologia A della Prima Prova Scritta dell’Esame di Stato …” - oppure ancora per graduatoria, nel caso mezza secretata, nel senso che potrebbe apparire ma camuffata da altro, che so?, “Graduatoria degli impiegati pubblici aventi diritto ad un soggiorno di salute a Bagni di Romagna dal 10 al 18 febbraio”. Sta di fatto che qualcuno viene chiamato. Forse ha sentito una voce mentre passeggiava al parco col cane, è rientrato di fretta a casa, non ha quasi salutato la moglie che lo ha guardato storto, ha preso il primo treno e si è trovato lì, insieme ad altri nove che hanno sentito la stessa cosa, mentre erano impegnati nelle attività più disparate e ciascuno ha mollato tutto, figli, amanti, madri infragilite, hobby salutari, visioni seriali di partite di calcio. Stipati nella stanza, ora i superesperti chiacchierano compulsivamente, in attesa di un alto funzionario (il Funzionario) che darà il via alle operazioni. 

Ciascuno parla di sé all’altro e nessuno capisce molto di quello che viene detto, è una chiacchiera ammazza tensione, lo si capisce subito. Perché all’ingresso sono stati perquisiti, le tasche ripulite da ogni carta, le borse sequestrate, i cellulari altrettanto. E anche perché quando un solerte commesso ha chiuso a chiave la porta da cui gli esperti sono entrati, ebbè, un po’ di tensione è scesa nelle loro burocratiche midolla e l’idea di essere nei pasticci non può non aver fatto capolino nelle menti di uomini rotti ad ogni esperienza scolastica. Tutti hanno visto quello che è successo, anche se pochi lasciano cadere qualche allusione a quanto sta loro accadendo (“E’ per la sicurezza”, la frase, l’unica, che almeno tre volte riecheggia con un velo di disperata accidia). A un certo punto la lutulenta attesa finisce. Si apre la porta, entrano, in tre. Hanno le facce sicure di chi armeggia argomenti ed emozioni stranoti. Rapida premessa di saluto, richiamo alla normativa a colpi di ordinanza, numero, comma. Invito a seguire le indicazioni fornite dal Ministero e professionale “buon lavoro” pronunciato a denti stretti, occhio inespressivo, busto rigido. 

k

Qui si entra in una nebulosa. Quanto tempo viene concesso? Ore, giorni? Perché, è evidente, ogni decisione deve essere presa lì, nulla deve uscire da quella stanzetta o stanzona. Al massimo si potrà chiedere di essere sistemati in un altro ambiente per poter riflettere con più calma. Ma di uscire dal monumentale edificio non se ne parla. Siccome sono certamente le undici del mattino, gli esperti scoprono con preoccupazione che se non si danno una mossa dovranno dormire sul posto, e di letti manco l’ombra. Se i temi (questa è la commissione prima prova, quelli della seconda chissà dove stanno, eppure prima di entrare due o tre di loro sfarfalleggiavano intorno al portone) dovranno rimanere segreti per almeno quattro mesi, tutto deve nascere e finire lì dentro. Nessuno potrà finire il lavoro nella stanzetta d’albergo, o addirittura a casa, con calma. Troppi rischi di fuga di notizie. Sapete come sono fatti gli esseri umani, basta bere un po’ al ristorante e se la cameriera è una ragazza in odore di maturità, presi dell’euforia, potrebbero buttare là la mezza allusione, “E a te di cosa piacerebbe scrivere all’Esame?”, “Guardi a me piacciono particolarmente gli animali del sottosuolo”, “Mi sei simpatica, mi sa che qualcosa sulle formiche potrebbe esserci”, “Ma lei chi è?, perché mi parla così”, “Non posso risponderti, ma se troverai le formiche…” Questo è quanto non può accadere. A ogni costo bisogna evitare che qualcosa trapeli. Per capirlo bastano pochi minuti ai superesperti – che sono persone di alto profilo, studiosi con bibliografia oceanica, pedagogisti, docenti storici, dirigenti scolastici talvolta già immortalati da una targa nei loro licei. La realtà è questa, come avevano fatto a non immaginarlo? 

Che ne sarà di loro nei prossimi mesi, fino a quel giorno di giugno quando finalmente le tracce saranno rese pubbliche? Cercano di non pensarci, altrimenti non riuscirebbero a portare a compimento il loro lavoro, non riceverebbero quindi il compenso previsto, che non è poi da buttare via, ma soprattutto sentirebbero di aver tradito la missione per la quale si sentono vocati, difendere le sacre mura della cittadella della scuola. Per cui confabulano, parlottano, consultano la bibliotechina che il Ministero gli ha concesso, trovano testi rari e preziosi ma pochi di maggiore frequentazione tra i banchi scolastici – questo spiega come mai gli studenti all’esame si imbattano in autori perlopiù ignoti. Spesso litigano, si mettono il muso per delle mezzore, talvolta si insultano fino ad accapigliarsi per terra da dove riemergono irriconoscibili, con la canottiera fuori dai pantaloni, le scarpe allacciate tra loro, l’occhiale sghembo. 

j

Quando, intorno alle 23, consegnano l’esito del loro pensare, sette paginette all’acqua di rose, edulcorate, che toccano i grandi temi mainstream, politicamente correttissime, adatte a tutti i palati sociali, culturali, ideologici, si sentono tutti felicemente svuotati. Sanno di aver finito e di avere nello stesso tempo firmato la loro condanna. Che ne sarà di loro? I più disperati e fragili temono per la loro vita, anche per la conseguenza di un’osservazione non disprezzabile: “Perché non ho mai conosciuto una sola persona che in passato abbia fatto parte di questa commissione?”, si chiedono impallidendo. I meno tremebondi confidano nell’obbligo che gli verrà imposto di rispettare il segreto d’ufficio, pena sanzioni severissime e senza scampo. Quando, finalmente, dopo più di due ore, la porta lascia passare la sagoma del Funzionario, l’attesa è vibrante, l’aria è satura di elettricità. “Ora cari signori per voi inizierà un periodo di riposo a spese della Pubblica Amministrazione”, esordisce, “Sarà una vacanza pagata! Non potete rifiutarvi di fare quanto stiamo per ordinarvi, ma, credetemi, c’è di peggio!”. I superesperti escono ad uno ad uno, a testa china. Nessuno rivedrà più l’altro. Nessuno tornerà là dove ha vissuto fino a pochi giorni prima. In nome del sacro fuoco dell’Esame di Stato, ogni nuova vita avverrà altrove. Con altro nome, altro sguardo, altri ricordi.

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO