Professioni digitali

4 Luglio 2014

Non è un mistero che l’avvento delle tecnologie digitali abbia generato una serie di cambiamenti di ampia portata in numerosi settori produttivi. Cambiamenti che sono conseguenza diretta della trasformazione che ha reso la nostra cultura una cultura pienamente digitale. L’editoria è uno dei settori maggiormente investiti da questa temperie, anche in relazione al fatto che il settore, ben prima della diffusione delle tecnologie digitali, stava attraversando una fase di crisi, ridimensionamento e trasformazione piuttosto importante.

 

In questo articolo vorrei usare il termine editoria per indicare tutti quei soggetti che sono attivi nella produzione di contenuti: dalle case editrici ai giornali, fino alle aziende, che stanno scoprendo proprio in questi anni quanto il content marketing sia diventato un elemento imprescindibile in ogni strategia di comunicazione. Lo so, si dovrebbe tener conto delle differenze di ogni situazione, ma in questo caso vorrei fare un’eccezione.

 

La democratizzazione dell’accesso agli strumenti di produzione resa possibile dalle tecnologie digitali ha determinato un consistente abbassamento dei costi necessari per sostenere la creazione e la distribuzione dei contenuti. Oggi, per il fatto stesso di costruirsi una presenza in rete, ogni azienda compete con i soggetti tradizionalmente attivi nel settore dei media contendendosi l’attenzione di un pubblico sempre più facilmente identificabile grazie alla mole di dati che esso produce e che possono venire raccolti, aggregati e interpretati.

 

Grazie a questa possibilità di accesso diretto al pubblico le aziende diventano progressivamente sempre più simili a quei media a cui fino a pochi anni fa si rivolgevano per distribuire i loro messaggi; allo stesso tempo i media, per non rimanere schiacciati nella competizione, tendono progressivamente a trasformarsi da puri produttori di contenuti in aziende dal carattere tecnologico. Nella contemporanea epoca digitale c’è infatti una relazione strettissima tra la forma del contenuto, la tecnologia con cui esso viene prodotto, le piattaforme su cui viene distribuito e i dispositivi su cui viene fruito.

 

Secondo uno studio di Cisco, nel 2013 il 21% delle connessioni a internet sono avvenute attraverso dispositivi mobile, una percentuale che si stima crescerà fino al 54% nel 2018. Per un produttore di contenuti, un giornale ad esempio, la sfida è quella di trovare una tecnologia che permette di produrre contenuti adatti a essere distribuiti e fruiti sui dispositivi mobile e legare questa tecnologia a un modello di business scalabile, in grado di sostenerne la crescita.

 

Uno sforzo, questo, che non è limitato all’utenza mobile ma che deve essere profuso per ogni ambiente in cui vengono fruiti dei contenuti. È per questa ragione che sono sempre più numerosi i brand dell’informazione che hanno sviluppato o stanno sviluppando i propri CMS.

 

Adattare i contenuti prodotti su altre piattaforme (analogiche o digitali), come si è fatto e si continua a fare, ad ambienti di fruizione differenti senza prima ragionare e progettare l’esperienza utente era sconveniente prima - sono in molti infatti a scontare un notevole ritardo, specialmente le organizzazioni più grandi, strutturate e meno abituate al cambiamento - ed è del tutto suicida adesso.

 

Le difficoltà di un simile salto di paradigma sono numerose ed evidenti, una in particolare ci interessa mettere in luce: la riorganizzazione dei flussi di lavoro. Affiancare alla propria mission, ovvero la creazione e la distribuzione di contenuti, lo sviluppo di soluzioni tecnologiche significa dover ripensare i flussi di lavoro per instaurare un dialogo tra professionalità differenti che spesso parlano linguaggi piuttosto distanti e, a volte, difficilmente comunicabili.

 

Chi segue lo sviluppo della cultura digitale in questi anni ha visto e continua a veder affermarsi sulla scena una pletora di nuove figure professionali. Alcune di queste più che vere e proprie professioni identificavano skill che il mercato cominciava a richiedere ma che molti professionisti ancora non erano in grado di padroneggiare.

 

Se pensiamo ancora all’informazione, il social media manager inteso come puro e semplice responsabile degli account di un marchio rientrava, almeno in parte, in questa categoria. Mano a mano che i giornalisti hanno cominciato a capire quanto curare direttamente la loro presenza online sia necessario in un contesto di crescente atomizzazione della fruizione - quel processo per cui la firma sta diventando più importante della testata - la figura professionale del social media manager ha acquisito uno status differente. Pur non avendo cessato di occuparsi della distribuzione dei contenuti sulle piattaforme, il social media manager è progressivamente diventato una figura coinvolta nella progettazione dei contenuti stessi, poiché riesce ad avere una visione più ampia rispetto a chi li produce di come quei contenuti vivono, si riproducono e vengono fruiti nei diversi ecosistemi.

 

Come è accaduto per il social media manager credo che, nel più ampio panorama dell’editoria digitale che ho provato a tratteggiare in questo intervento, si stia delinenando un set di skills da cui potrebbe emergere una nuova figura professionale. Propongo di chiamare questa nuova figura digital producer, termine quest’ultimo che preferisco al più utilizzato strategist per la sua sfumatura più “operativa”.

 

Mi pare che il digital producer sia colui che abbia le capacità per coordinare le diverse professionalità coinvolte nella produzione di un contenuto, così come un producer televisivo ha la capacità di coordinare ogni aspetto della realizzazione di un prodotto audiovisivo. Al tempo stesso il digital producer padroneggia abbastanza bene una o più di una delle skill di cui si occupa da poter partecipare in prima persona alla produzione del contenuto stesso. È questa capacità che lo rende diverso dai classici strategist, molto più concentrati sulla definizione dei percorsi strategici e meno coinvolti nell’operatività e di conseguenza più distanti dalle sue problematiche.

 

Di cosa si occupa, dunque, un digtal producer? Sostanzialmente:

 

  • - deve conoscere e saper scegliere la tecnologia più adatta al tipo di contenuto che sta realizzando, valutando anche il pubblico e i contesti di fruizione
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  • - deve dialogare coi designer e i programmatori per aiutare i primi a capire il contenuto con lo scopo di migliorare la progettazione dell’esperienza utente e i secondi a sviluppare le soluzioni più adatte a valorizzarlo

 

  • - deve supervisionare la creazione del contenuto svolgendo le classiche funzioni di editing (correzione di bozze, fact checking, revisione, ecc.)

 

  • - deve progettare la distribuzione del contenuto sulle piattaforme social e sui motori di ricerca in modo che possa raggiungere il pubblico di riferimento

 

In sintesi il digital producer è un professionista con una profonda conoscenza delle dinamiche, delle tecnologie e dei flussi di lavoro che caratterizzano la cultura digitale. Indipendentemente dalla sua specializzazione, egli è in grado di avere una visione globale delle caratteristiche che dovrà avere un contenuto e di come questo verrà prima distribuito e poi fruito in rete.

 

Quest’ampiezza di visione è oggi un fattore in grado di fare una differenza sostanziale tra il successo e il fallimento, anche in ragione del suo coinvolgimento diretto nella produzione del contenuto che lo mette a contatto con tutte le problematiche che ne derivano.

 

Prosegue lo speciale sull'editoria digitale, in collaborazione con Ledizioni, ed in vista dei prossimi LibrInnovando Awards, di cui Doppiozero è da quest'anno partner. I LibrInnovando Awards vogliono celebrare l’innovazione, la creatività e l’eccellenza in tutti gli aspetti dell’editoria libraria digitale. Con LibrInnovando Awards vogliamo attivare uno strumento di ricerca sull’evoluzione dell’editoria, sui suoi prodotti e sulle sue forme, con attenzione alla rivoluzione che il digitale apporta. L’editoria in Italia ha bisogno di nuove spinte e proposte, pena la progressiva marginalizzazione del settore nell’ecosistema dei media e nel sistema culturale. Affrontare il digitale è una sfida che l’editoria deve intraprendere con lo spirito di continuare a sperimentare, a innovare e a creare prodotti editoriali che contribuiscano alla formazione di una cittadinanza democratica cosciente. Il bando dei LibrInnovando Awards 2014 è aperto e scadrà il 22/09/2014.

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