Da Caravaggio a Masterchef

12 Marzo 2014

Cosa ci sia dietro l'interesse generale e diffuso per il cibo che sembra aver pervaso tutte le società occidentali è domanda che meriterebbe attenzione ancor prima che possibili risposte.
Serge Latouche – l'economista e filosofo sostenitore della decrescita economica e tra i massimi fustigatori del presente modello di sviluppo e dello stesso concetto di sviluppo – ci direbbe probabilmente del peso che la pubblicità riveste nella nostra società e della sua capacità nel generare bisogni e conseguentemente consumi.
Sì, consumi, perché l'interesse verso il cibo prima ancora che il cibo, sembra diventato un consumo fine a se stesso.

 

Certamente negli ultimi anni l'alimentazione è diventata qualcosa di più di quello che è sempre stato e qualcosa di profondamente diverso dai bisogni esistenziali: biologici, dietetici, affettivi, rituali, religiosi, oppure quelli semplicemente legati alla sopravvivenza, orizzonte esistenziale peraltro ancora unico per la maggior parte della popolazione mondiale.

 

Così, se di pubblicità si può parlare, verrebbe da pensare si tratti più di una forma indiretta, relativa a tutto il "mondo alimentare", contaminazione quasi virale nei confronti dell'interesse per il cibo.
In questo senso, sarebbe un interesse estraneo al concetto di bisogno indotto... estraneo a ogni pubblicità, a ogni spinta e manipolazione del "mercato".

 

In effetti la questione è complessa, nell'odierno interesse verso il cibo sembrano presenti e mescolati entrambi i fattori: l'interesse esistenziale verso l'alimentazione come qualcosa di vitale ed espressione della nostra natura di onnivori, ma anche un interesse superficiale, ansioso e consumista verso tutto ciò che è tipico, dietetico, gastronomico ed enogastronomico, voluttuario, unico, tradizionale, innovativo, etnico, medicinale, nutriceutico, ecologico, esotico e altro ancora...

 

Che il cibo abbia sempre interessato l'uomo – aldilà dei fabbisogni meramente fisiologici – lo dicono la storia, la letteratura, la psicologia, la storia della medicina, le arti figurative fin dalle loro forme più primitive: si pensi solamente alle pitture rupestri che segnano nella nostra percezione grande parte dell'idea che abbiamo dei nostri antenati e del loro immaginario.

 

Ma ancor prima di ogni elemento temporale, l'interesse per il cibo è presente nei nostri comportamenti più profondi, connaturati all'idea stessa di essere umano. Siamo esseri dall'alimentazione non specializzata, la cui sopravvivenza è legata alla possibilità di poter disporre di circa quaranta sostanze essenziali, disponibili cioè attraverso il solo cibo. Ma quaranta "buchi" nel nostro metabolismo diventano più facilmente colmabili non attraverso un solo alimento (come ad es. la carne x i carnivori) bensì attraverso due, tre, quattro... ancor meglio venti, trenta alimenti differenti.

 

Essere onnivori significa semplicemente avere l'obbligo di assecondare il vantaggio statistico fatto di tanti alimenti diversi e con questo anche l'obbligo di scegliere...
Scegliere i benefici ed evitare quelli negativi... e quindi osservare, studiare, conoscere la natura. Così la curiosità e l'attenzione a tutto ciò che è cibo ed alimentazione nascerebbe già da questa condizione originaria, marker di specie come lo è sviluppo della corteccia neo frontale, l'andatura bipede, il pollice opposto, i problemi alla schiena in età avanzata...

 

Abbiamo un destino di onnivori nelle cellule prima che nei comportamenti e l'albero della conoscenza che abbiamo lasciato nell'Eden è stato "dannazione" ma al tempo stesso anche il primo simbolo di questo destino.
Eppure quello che sta accadendo in questi ultimi anni sembra avere qualcosa di particolare, non facilmente incasellabile secondo schemi noti.

 

Mai come oggi infatti abbiamo parlato di cibo, mai abbiamo discusso di diete come ai nostri giorni, mai il cibo è stato al tempo stesso elisir, moda e curiosità, mai gli chef e i gourmet sono stati maître à penser prima che cuochi, mai il cibo è stato oggetto privilegiato di chiacchiere diffuse e inutili, spettacolo per tutti...
Spettacolo per tutti... televisione, inevitabilmente.

 

In televisione il cibo può essere solo guardato dallo spettatore e dentro gli studi televisivi il cibo curiosamente non viene quasi mai consumato: con il cibo si gioca, il cibo viene esaminato, talvolta assaggiato, più spesso criticato, rifiutato, gettato, sputato... e sempre allontanato dal corpo.

 

Il cibo è diventato altro, pretesto e materia per il gioco, oggetto di format dove alla base di tutto resta la competizione tra individui...
Eppure c'è qualcosa che sfugge in tutto quel cibo esibito e maltrattato, qualcosa che sfugge tanto più è esibito, glorificato, sputato...

 

Nel 1599 Caravaggio dipinge un quadro destinato a passare alla storia, aldilà dell'indiscutibile bellezza e di ogni valore artistico,
La natura morta denominata Canestra di frutta si colloca infatti oltre la pittura di genere che in quel periodo si stava delineando (dopo secoli in cui la pittura religiosa, quella relativa a personaggi storici o della mitologia classica erano in pratica tutta l'arte pittorica).

 

Le nature morte segnavano l'inizio dell'interesse per una natura desacralizzata e non più usata semplicemente come sfondo per descrivere il sacro o l'umano. Dentro la natura morta c'era poi l'idea della caducità della vita, della vanità dell'agire umano...
Canestra di frutta è tutto questo ma anche un quadro di forte realismo, in cui la mela bacata, le foglie appassite e in alcuni punti rinsecchite, gli accenni di fermentazione sugli acini di uva si vedono solo in un secondo momento, ben dopo la perfezione apparente dell'insieme. Tutto ci dice di una precarietà che è quella dell'esistenza e della natura, precarietà nascosta e non esibita, precarietà naturale e delle cose già nella posizione del cesto di vimini, fermo oltre l'orlo del tavolo.

 

Il quadro è del 1599, sull'orlo del secolo in cui lo studio sulla natura in tutte le sue forme
acquista finalmente forza e dignità, dopo i primi timidi tentativi del secolo precedente.
La nascita della scienza è lì a venire; nel Seicento si affievolisce lentamente la concezione magica della natura e contemporaneamente quest'ultima inizia a essere percepita e studiata "per quella che è e che appare", nelle sue caratteristiche e proprietà. Il cibo, lentamente, seguirà lo stesso percorso di conoscenza, sempre meno magicamente intriso di "qualità umorali" (il caldo, il freddo, il secco, l'umido delle civiltà classiche e del Medioevo ) bensì percepito come parte della vita e dei suoi processi.
Lontano e vicino a questo, Canestra di frutta ne è forse simbolo e presentimento.

 

Dalla televisione, immagini di giudici che scrutano, annusano, vivisezionano, disdegnano, quasi sempre rifiutano il cibo. Dall'altro lato dello schermo moltitudini di spettatori, all'apparenza, sembrano dare un loro tacito consenso.
Possono quelle immagini essere anche un simbolo e un presentimento di qualcosa a cui non riusciamo ancora a dare un nome...?
E la esilarante parodia che Maurizio Crozza fa della trasmissione forse non a caso è costruita in particolare su quei momenti. Si ride della bravura del comico, si ride dell'assurdità dei riti e dei gesti ma forse si ride anche di qualcosa che genera inquietudine e che sfugge ancora...

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