Social media e nuovi confini nel sud-est turco

30 Maggio 2015

Tutti noi abbiamo utilizzato qualche social media almeno una volta nella nostra vita, e molti di noi trascorrono molte ore ogni giorno su piattaforme social. Siamo anche abituati ai dibattiti accademici e giornalistici sull’utilizzo dei social media in Italia, in Europa o negli Stati Uniti; ma sappiamo molto poco sugli utilizzi di piattaforme come Facebook e WhatsApp in altri paesi del mondo. Un anno fa Facebook aveva quasi un miliardo e mezzo di utenti attivi, ma solo una parte di questi vive nel cosidetto “Occidente”. Cosa sappiamo di tutti gli altri? Spesso diamo per scontato che una stessa tecnologia abbia effetti simili ovunque, in culture e società diverse. In linguaggio accademico, l’idea secondo cui una tecnologia possa esistere ed avere degli effetti indipendetemente dalle persone che la utilizzano viene chiamata determinismo tecnologico. Tuttavia, l’antropologia e altre scienze sociali hanno dimostrato che le tecnologie, così come gli oggetti materiali che ci circondano, esistono solamente nell’interazione con le persone che le utilizzano. Una stessa piattaforma digitale può quindi essere utilizzata in molti modi diversi in diverse parti del mondo, e avere degli effetti che si discostano da quelli immaginati da suoi designer.

 

Al Dipartimento di Antropologia alla UCL a Londra, un progetto finanziato dall ERC (European Research Council) e diretto dal Prof. Daniel Miller ha l’obiettivo di studiare come i social media vengono utilizzati e con quali conseguenze sulla vita delle persone in otto diversi paesi del mondo: Brasile, Cile, Cina (nord e sud), India, Inghilterra, Italia, Trinidad, Turchia. Il gruppo di ricerca è formato da nove studiosi che hanno realizzato una ricerca etnografica di 15 mesi in una cittadina di piccole o medie dimensioni in ciascuno di questi paesi. Abbiamo volutamente evitato i grandi centri urbani che sono più spesso al centro di racconti giornalistici, e ci siamo concentrati sullo studio di località più piccole e periferiche. Al momento abbiamo un sito internet e un blog dove pubblichiamo i primi risultati della ricerche, ma a febbraio 2016 lanceremo un altro sito, un corso online, e 11 libri che saranno distribuiti OpenSource, e che conterranno i risultati del progetto. Io ho realizzato la mia ricerca etnografica a Mardin, una cittadina nel sud-est della Turchia a 30 Km dal confine turco-siriano e 150 da quello iracheno.

 

Mardin città vecchia e nuova

 

La città, che ha una popolazione di quasi 90 mila abitanti, è abitata principalmente da arabi e kurdi musulmani sunniti, ma anche da turchi, da qualche centinaio di assiri cristiani ortodossi e pochissimi armeni cattolici; negli ultimi anni anche da un discreto numero di rifugiati siriani, e più recentemente da rifugiati yezidi scappati all’occupazione del monte Sinjar da parte dello Stato Islamico.

 

La maggior parte delle ricerche sull’utilizzo di internet in Medio-Oriente si è concentrata su questioni politiche. Soprattutto dopo le Primavere Arabe nel 2011, ricercatori e giornalisti si sono concentrati sugli utilizzi dei social media da parte di attivisti e militanti, e sul loro controllo da parte di governi autoritari e dispotici. Nel mia ricerca, invece, non ho delimitato l’oggetto a priori. Per 15 mesi ho osservato cosa gli abitanti di questa città facessero con i social media; ho vissuto, mangiato, e trascorso tempo con loro, e guardato quello che facevano online e offline. Ho aspettato che l’oggetto della ricerca emergesse da loro, da quello che è importante nelle loro vite. Ho quindi scoperto che fra le varie conseguenze dell’utilizzo dei social media a Mardin vi è stata una ridefinizione dei confini fra pubblico e privato. I social media, Facebook in particolare, vengono utilizzati per ostentare e per aumentare il proprio prestigio sociale e quello della propria famiglia. Questo desiderio di fama e riconoscimento ha portato alcuni donne e uomini a rappresentare elementi della propria vita privata in pubblico, rompendo in parte i tradizionali confini tra questi due spazi. Questa pratica ha dato vita a disapprovazione, critiche e resistenze da parte di molti abitanti della città.

 

A Mardin il privato è inteso come luogo domestico e famigliare, la cui initimità deve essere protetta dagli sguardi di osservatori esterni. In modo probabilmente simile a tante altre cittadine musulmane, lo spazio privato è soprattutto femminile e include anche i membri maschili della famiglia, ma non gli uomini esterni ad essa. Il privato è un luogo da proteggere dagli sguardi esterni, e la difesa dei suoi confini spesso contribuisce a determinare la reputazione delle donne e dell’intera famiglia. Tuttavia questi confini sono mobili e variano in base alla classe sociale, al livello di istruzione e al quartiere di residenza delle persone: ad esempio nelle famiglie più benestanti e istruite, le donne, siano esse religiose o laiche, velate o non, hanno una presenza significativa nei luoghi pubblici, università, luoghi di lavoro, negozi, strade e parchi. Mentre nelle famiglie più povere e conservatrici la donna tende ad essere meno presente negli spazi pubblici. Ma in entrambi casi le donne devono sempre proteggere la loro intimità, per esempio coprendosi il volto oppure camminando in modo modesto e poco vistoso, o ancora non guardandosi attorno.

 

Se “offline” è diffusa una idea di spazio privato, intimo e domestico da proteggere dagli sguardi esterni, cosa succede “online”? Mi riferisco soprattutto a Facebook, che è il social media più diffuso a Mardin; Instagram e Twitter sono usati solamente da pochi teen-ager e studenti universitari. Molte ricerche svolte in Europa o negli USA hanno messo in luce come Facebook abbia portato i suoi utilizzatori a esibire e mostrare in pubblico informazioni su di sé e sulla propria vita privata che tradizionalmente non avevano visibilità negli spazi pubblici. Facebook ha trasformato l’idea di privacy e l’idea di pubblico che è ora pervaso da elementi specifici dello spazio privato. Questo è stato anche uno degli obiettivi dichiarati e desiderati di Mark Zuckenberg, il fondatore di Facebook:

 

“In a more ‘open and transparent’ world, people will be held to the consequences of their actions and be more likely to behave responsibly. ‘To get people to this point where there’s more openness – that’s a big challenge’, says Zuckerberg. ‘But I think we’ll do it. I just think it will take time. The concept that the world will be better if you share more is something that’s pretty foreign to a lot of people and it runs into all these privacy concerns.’ (…) Facebook is founded on a radical social premise – that an inevitable enveloping transparency will overtake modern life.” (Kirkpatrick D. 2010, The Facebook effect, Simon and Schuster, p. 200)

 

Ma a Mardin, dove l’idea di privato è sicuramente diversa da quella prevalente a Palo Alto, a Londra, o a Milano, è successo qualcosa di diverso. Ho trascorso molte ore ad osservare cosa i miei amici di Mardin postassero online. Ho esaminato e contato gli oggetti e le persone raffigurate nelle fotografie di circa 200 profili. La varietà di immagini presenti online è nettamente inferiore a quella dei profili dei miei amici italiani o inglesi. Alcuni oggetti e temi si ripetono con una certa frequenza, come le foto di viaggi, cibo, auto e oggetti che rivelano un certo benessere economico. Ma le fotografie di spazi domestici, di parenti e di membri della famiglia sono piuttosto rare. Le donne spesso decidono di non pubblicare la propria immagine; donne religiose preferiscono avere immagini del profilo che raffigurano versi del corano; donne meno religiose a volte scelgono foto di paesaggi, bambini, poesie o meme. Inoltre le fotografie sono di solito molto formali, poco spontanee, e ricordano i ritratti fotografici da cerimonia. C’è una netta prevalenza di ritratti individuali perché mostrare pubblicamente immagini di gruppo con altre persone potrebbe non risultare gradito agli altri soggetti della fotografia. Lo spazio privato e domestico nella maggioranza dei casi è rimasto tale e non compare nello spazio pubblico.

 

Tuttavia, ci sono delle eccezioni. In Mardin, fama e approvazione sociale sono molto importanti. La presenza di immagini che mostrano agiatezza economica, una vita sociale attiva, una buona condotta morale, e una vita coniugale felice sono importanti per aumentare riconoscimento sociale. Per questo motivo alcune immagini della vita privata hanno fatto il loro ingresso nello spazio pubblico di Facebook. Ad esempio lo spazio coniugale e la vita matrimoniale sono da sempre considerati sacri, e da sempre sono stati protetti da sguardi esterni; tuttavia sono presenti fotografie di giovani coppie sposate che si tengono per mano durante passaggiate, gite, o cene, perché mostrano al pubblico il compimento del tanto desiderato matrimonio e la presenza di una vita coniugale felice. Molte persone a Mardin considerano questa ostentazone contraria alle norme religiose, quindi un peccato e una vergogna. Il mio amico Sidar a un certo punto decise di pubblicare su Facebook molte foto di lui e sua moglie abbracciati e felici. Sidar aveva un'amante e, quando iniziò a temere che la notizia potesse diffondersi in città, utilizzò Facebook per riaffermare pubblicamente la sua condotta morale di marito fedele e responsabile. Come Sidar, altre persone hanno cominciato a pubblicare immagine della propria vita privata principalmente per riaffermare la presenza di una condotta morale che aumentasse prestigio e reputazione. Un altro esempio è costituito dalla presenza di fotografie di donne religiose e velate che ostentano pubblicamente la loro osservanza di norme religiose: velando il volto, vestendosi sobriamente ed evitando accuratamente di postare immagini in compagnia di amici dell’altro sesso.

 

A Mardin l’ingresso del privato nel pubblico non è avvenuto come diversi studiosi di media hanno immaginato, e come Mark Zuckenberg ha tanto auspicato. Qui Facebook ha soprattutto riprodotto le concezioni di privato e pubblico esistenti “offline”. Solamente quando i desideri e i bisogni di fama e approvazione sociale si sono fatti sentire, uomini e donne hanno rotto i confini tradizionali e inserito elementi del privato nel pubblico, producendo nuovi confini tra questi due spazi. Non solo: questo nuovo spazio pubblico abitato da elementi della vita privata e domestica ha riprodotto valori tradizionali e conservatori. I social media hanno prodotto una rottura con il passato; ma proprio nel nuovo spazio che hanno prodotto vengono espressi i valori tradizionali che riaffermano una continuità con le forme sociali del passato indebolite dall’ingresso nella modernità.

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