Underworld 3. Vulcani
Nei vulcani abitano gli dei. Per i greci le attività dell’Etna sono il risultato dell’opera di Efesto, il dio del fuoco, che batte ritmicamente con il martello sull’incudine. Per i romani il suo nome è Vulcano, che vive nelle profondità di Hiera alle Eolie; da lui i medievali hanno tratto il nome attribuito all’apertura dalla quale escono magma, gas e cenere. Nel Pacifico, dove si trova il maggior numero di questi conoidi che eruttano lava e generano nubi, è il dio Sole a risiedere nelle profondità dei crateri. Gli dei del fuoco sono bizzosi e permalosi, si offendono e pretendono sacrifici umani per placare le loro ire. Queste montagne hanno sempre attirato gli esseri umani e insieme li hanno terrorizzati. La più antica rappresentazione di un’eruzione è in un affresco di ottomila anni fa ritrovato a Çatalhöyük, località neolitica della Turchia, segno di un inequivocabile interesse per questa porta d’accesso alle profondità della Terra. Dall’immagine del vulcano, poi, scaturisce quella dell’Inferno in tante religioni: il divino si mostra attraverso il fuoco, il fumo e la cenere. Per fortuna nel cristianesimo ci sono i santi – sant’Agata a Catania e san Gennaro a Napoli – in grado di fermare il magma o almeno di deviarlo.
La spiegazione dell’esistenza dei vulcani è una ricerca che comincia con Talete e Empedocle, continua con Plinio il Vecchio, scomparso nel Vesuvio nel 78 d.C., per arrivare a una coppia di due moderni vulcanologi, Katia e Maurice Krafft, morti insieme nel 1991 sotto una nube ardente scaturita dallo Unzen in Giappone. Per spiegare la loro vocazione, una volta Maurice ha asserito che, delusi dall’umanità, s’erano innamorati dei vulcani. A questi due alsaziani stregati dalle eruzioni Werner Herzog ha dedicato The Fire Within (2022), film rosso fuoco, realizzato montando le immagini girate da Maurice nel corso di vent’anni di lavoro, ode epica alle viscere di fuoco del Pianeta. I vulcani non sono altro che le finestre che ci mostrano luoghi per noi impraticabili, spazi che possiamo solo tentare d’immaginare attraverso le loro terribili manifestazioni. Simili ai corpi celesti per dimensioni e forma le profondità della Terra sono inattingibili a noi umani. Poco prima di morire calcinato insieme alla moglie dal calore della nube, Maurice Krafft aveva licenziato un piccolo libro, I vulcani. Il fuoco della terra, dove racconta la storia di questa scienza, la vulcanologia, ricca di personaggi eccentrici, singolari e straordinari, ognuno dei quali ha cercato di scoprire il segreto di queste macchine geologiche, cui la cultura popolare ha attribuito poteri soprannaturali. Dopo l’eclisse scientifica del Medioevo, e la fantasmagoria barocca di personaggi come Athanasius Kircher, è nel Settecento illuminista che nasce la scienza dei vulcani, la quale annovera tra i suoi studiosi anche Rudolf Raspe (1737-1794) autore delle Avventure del barone di Munchhausen, che la fa scendere nel fondo del cratere dell’Etna.
Tutto comincia in Francia nel Massiccio Centrale con la prima carta geologica francese elaborata da Jean-Etienne Guettard. Girovagando per i villaggi Guettard s’accorge delle pietre laviche con cui sono costruite le case a Moulins; in questo modo scopre i coni spenti dei Puys. Poi Lord William Hamilton, testimone dell’eruzione vesuviana del 1779, segnata da una fontana di lava d’impressionante altezza, e di quella del 1794, quando la colata distrugge Torre del Greco, lui capisce che il vulcanismo è un fenomeno indispensabile al pianeta Terra. La sua esperienza sul campo gli permette di prevedere con giorni d’anticipo altre due eruzioni del Vesuvio. Sarà Alexander von Humboldt, il grande viaggiatore nel Nuovo Mondo, a dare un colpo decisivo alle teorie di Abraham Gottlob Werner convinto che il basalto, l’ossidiana, la pomice e il granito si fossero formati in mare e i vulcani fossero ben poco importanti nella storia della Terra. Saranno le esplosioni di vulcani che provocano migliaia di morti sia tra gli uomini come tra gli animali – l’indonesiano Krakatoa (1883), l’esplosione della montagna di Pele alle Antille (1902) e il Katmai nella Valle dei Diecimila Fiumi (1912) – a spingere verso una conoscenza più precisa di queste finestre dell’Inferno. Ma cosa è esattamente un vulcano? Dalle profondità del Pianeta enormi masse di materia e di energia vengono spinte verso l’alto creando una nuova crosta e liberando nel contempo grandi quantità di gas diretti nell’atmosfera e nell’idrosfera.

Tra i fenomeni che da miliardi di anni modificano in continuazione la superficie della Terra questo è certamente uno dei più rilevanti. I vulcani sono delle fratture verticali che mettono in comunicazione il “bacino magmatico” con la superficie. In questo modo l’acqua, come sostengono i geologi, viene spremuta dalle rocce profonde e scaricata nei vulcani. Per capire come tutto questo avvenga, serve la “teoria della tettonica a zolle”, di cui più o meno tutti abbiamo ricevuto i rudimenti essenziali a scuola. Le zolle, o placche, sono spesse circa 100 chilometri e “galleggiano” sulla parte superiore del mantello; i geologi ne hanno individuato da dodici a tredici o quattordici. I gas ad altissima temperatura liberandosi dolcemente si mescolano alle rocce fuse fino a causare grandi esplosioni. Così esce la lava, come quando si stappa una bottiglia di champagne dopo averla ben agitata. Esistono due tipi principali di vulcani: esplosivi ed effusivi. I primi sono quelli composti da montagne di forma conica, effetto del materiale accumulato dalle eruzioni con il cratere in alto. Così è Stromboli. Mentre gli effusivi sono i vulcani cosiddetti lineari, che eruttano da fessure come accade alle Hawaii; per quanto anche l’Etna funzioni così.
Nel mondo oggi ci sono circa 400 vulcani posti sotto stretta osservazione, disposti per lo più lungo la cosiddetta “cintura del fuoco” che circonda l’Oceano Pacifico. L’Italia possiede tre dei più studiati al mondo: Stromboli, Vesuvio e Etna. Quest’ultimo è il più attivo in Europa. Levatosi dal mare circa 500.000 anni fa, è cresciuto pian piano sino ad arrivare a 3320 metri con un diametro di base di 40 chilometri. Le tre isole di origine vulcanica delle Eolie (Stromboli, Vulcano e Lipari) somigliano a quelli delle Galapagos per il loro stato d’attività che continua ininterrotto da parecchi secoli. Il Vesuvio dopo la terribile eruzione del 79 d. C., che distrusse Pompei, e quella del 1631, che causò 4.000 morti, è “tappato” in cima. Impossibile dire come si comporterà. I tempi della Terra sono lunghissimi eppure le sue trasformazioni sono improvvise e sovente inattese. Laggiù tutto si muove: viviamo stabilmente su qualcosa di instabile. Basta saperlo.
Cosa leggere:
H. Tazieff, Vulcani e tettonica (Zanichelli); Maurice Krafft, I vulcani. Il fuoco della terra (Electa/Gallimard); W. Herzog, i film: Into the Inferno (2016), The Fire Within (2022); sempre sui Krafft il film di Sara Dosa, Fire of Love (2022); S. Mazzarella, Dell’Isola Ferdinandea e di altre cose (Sellerio).
Questo articolo è già uscito in forma ridotta su “la Repubblica”, che ringraziamo
Leggi anche:
Marco Belpoliti | Underworld 1. Mohole e Palomar
Marco Belpoliti | Underworld 2. Grotte e caverne
