#Advancity

15 Maggio 2013

“Facts, not opinions” è l’iscrizione incisa sul timpano d’ingresso di un eccentrico museo nel centro di Londra che apre una volta al mese. Il museo ospita i macchinari utilizzati nei suoi esperimenti da David Kirkaldy, il primo scienziato che nel 1865 si occupò di testare l’acciaio industriale per farne poi materiale per ponti, navi e ferrovie. La frase rappresenta una precisa dichiarazione di intenti che descrive il cambio paradigmatico di cui fu protagonista il pensiero e il metodo scientifico nella seconda metà dell’800. Un periodo che segnò il cambiamento in cui la scienza dei materiali passava dall’essere un terreno di studio in cui convergevano diversi ambiti disciplinari, all’essere caratterizzata da pratiche di indagine esclusive. Gli scienziati dell’epoca per la prima volta erano in grado di analizzare composizioni e strutture dei materiali, connettendo i dati esaminati con le proprietà intrinseche della materia. Queste competenze producevano nuove metodologie e ruoli, allargando le distanze tra il mondo della scienza e quello dell’arte, un tempo parte dello stesso sapere. Nei tempi antichi infatti la ricerca si basava su un metodo totalmente empirico e sperimentale nella quale arte e tecnica si supportavano ed espandevano vicendevolmente. Lo stesso Galileo fu in grado di mettere a punto le lenti per i suoi telescopi grazie alla maestria dei soffiatori di vetro di Venezia i quali, oltre a produrre opere di altissimo livello artistico, erano gli unici in grado di realizzare manufatti di precisione. La ricerca avanzava grazie all’interazione di tutti gli ambiti del sapere e per questo il polymath (l’utopia rinascimentale dell’uomo versato in tutte le discipline) doveva essere in grado di parlare tutti i linguaggi dello scibile. “Fact not Opinions” proclama il passaggio da una ricerca empirica e contaminata, ad una scienza deduttiva in cui non esiste spazio per tutti quei fenomeni immisurabili ascrivibili alla cultura, l’arte e l’architettura. Questo passaggio ha isolato il pensiero e il metodo della comunità scientifica da quello degli altri ambiti di produzione sociale, tracciando per arte e scienza due percorsi per lungo tempo apparentemente inconciliabili.

 

I rapporti tra la scienza e le altre discipline si stanno nuovamente trasformando poiché la ricerca attuale si trova a dover affrontare e inglobare molti elementi considerabili non misurabili. Nel suo libro “Out of Control: The New Biology of Machines, Social Systems, and the Economic World” Kevin Kelly ci ricorda come il metodo scientifico costituisca in sé un organismo in continua evoluzione e che l’idea di scienza contemporanea si basa di fatto su un sistema di conoscenze estremamente giovane. Quello che oggi chiamiamo scienza avrà inevitabilmente una veste molto diversa tra qualche decennio, così come la nostra percezione a riguardo. La rinnovata ibridazione tra pensiero scientifico e “pensiero legato all’immisurabile” si manifesta in molti ambiti della produzione umana. Il design generativo e computazionale - discipline che combinano la matematica con biologia, design e arte. La ricerca sull’intelligenza artificiale – che si occupa dello studio e della progettazione di macchine o softwares “intelligenti”, focalizzandosi su gli elementi del sistema intellettivo umano che sono in grado di percepire l’ambiente circostante e di avere un’interazione strategica con esso per poi traslare questi elementi all’interno di una macchina. L’arte interattiva – che utilizza tecnologia e apparati avanzati per produrre affezioni emotive sull’osservatore. La sentiment analysis – nuova frontiera della scienza sociale che produce indicatori emozionali grazie ad algoritmi che analizzano i dati degli utenti di Internet.

 

Occuparsi di fenomeni della complessità – e inevitabilmente la ricerca attuale si occupa di questo - implica superare le categorie e le metodologie per interconnetterle, ampliando gli orizzonti disciplinari al fine di ottenere risultati. Se la scienza tout court è da sempre l’ambito di ricerca in grado di catalizzare più fondi per finanziare la sua attività, negli ultimi anni si nota un’inversione di tendenza rappresentata da un emergente interesse per programmi multidisciplinari nei quali sono promosse task-force di figure provenienti da campi diversi. Un esempio molto noto è il MIT Media Lab di Boston, istituzione di ricerca tecnologica che si fa addirittura promotrice di una cultura anti-disciplinare. La descrizione sul sito web del laboratorio riporta: "Il laboratorio è impegnato a guardare oltre l'ovvio per porre quesiti mai poste prima e lei cui risposte potrebbero radicalmente migliorare il modo in cui la società vive, impara, si esprime, lavora e gioca”. In Inghilterra, il think tank NESTA (National Endowment for Science, Technology and the Arts) si occupa di risolvere le criticità legate alla crisi economica e sociale tramite programmi di ricerca in cui sono coinvolti scienziati, artisti, urbanisti, sociologi, designer, attivisti e imprenditori. 

 

Jason Silva

 

Le ragioni di questa trasformazione possono essere osservate anche da altri punti di vista ma se guardiamo il fenomeno dall’alto è possibile considerare l’arte, la scienza, il design e la tecnologia come veicoli di indirizzamento della struttura della società o, meglio ancora, come gli strumenti tramite la quale viene prodotta la realtà con cui la società si confronta quotidianamente. Artisti come Olafur Eliasson o Karsten Hoeller si occupano di capire quali sono i linguaggi e le politiche tramite la quale la scienza produce realtà, favorendone allo stesso tempo anche la comunicazione e la divulgazione e rendendo l’arte – o meglio, facendola tornare ad essere - un co-produttore della ricerca scientifica. Architetti come Greg Lynn e Francois Roche si occupano della narrativa legata all’evoluzione del pensiero, delle pratiche e delle conoscenze umane, traslandone i significati nella materia e nella forma e mostrando come la memoria solida della società (l’architettura) stia mutando a sua volta in uno strumento di ricerca, la cui vicinanza con la scienza si amplifica e si rende evidente sempre più velocemente.

 

Greg Lynn FORM, "Blobwall", 2007

 

La cornucopia delle scoperte scientifiche, dell'innovazione tecnologica e del design obbliga la società a continue e rapide trasformazioni, forzando l'essere umano a ridefinire incessantemente la propria identità, i propri compiti, le proprie abitudini e il senso della collettività. E' ancora Kevin Kelly a sintetizzare questi meccanismi di ridefinizione chiarendo che ogni nuova certezza che emerge nel mondo della ricerca - che sia ingegneria genetica, robotica, o anche la scoperta di una maggiore intelligenza nel mondo animale –  scaturisce una nuova necessità di riconsiderare il significato dell’essere umano. Compiti che fino a poco fa erano appannaggio esclusivo dell’uomo sono ora eseguibili - per esempio - da un robot in grado di insegnare la matematica ai bambini in maniera più efficace, o da un algoritmo che permette a una macchina di giocare autonomamente in borsa. Anche la sfera sociale legata alla comunicazione determina una costante revisione dei confini tra il "noi" e il "me e te", il che sottende uno slittamento dell'idea di chi siamo come singoli individui. Questa iper-connettività produce una crisi psico-sociale di lunga durata che – continua Kelly – sta già instaurando nuove empatie tra l’uomo, la macchina, i suoi “by product” e le ecologie che ne derivano.
In questo clima di smarrimento identitario, la scienza diventa più sensibile e conscia della natura controintuitiva della realtà. Riunire arte e scienza in una sistema di ricerca unitario significa passare da un sistema moderno ancorato unicamente su logica e razionalità a un sistema avanzato, l’Advancity, dove la ragione si abbandona e diventa un mezzo per ipotizzare anche l’illogico, per dialogare con una complessità così inestricabile da apparire irrazionale. La funzione dell’arte assume qui un doppio ruolo: da un lato a lei viene demandato il compito di costruire gli strumenti di critica e anche di difesa rispetto ai meccanismi incontrollabili in cui l’uomo è trasportato. Dall’altro l’arte diventa il sistema di diffusione, comprensione e addolcimento della realtà, costruendo universi estetici appaganti che rendono lo smarrimento generale come parte di un’infinita bellezza.

 

Il seguente articolo è parte della ricerca "Advancity" condotta da Sabina Barcucci in collaborazione tra Digicult e Doppiozero. L'articolo è stato pubblicato anche in inglese su Digicult a questo indirizzo

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