1989 - 2019 / Stazioni fantasma sotto il muro di Berlino

9 Luglio 2019

Le considerazioni che seguono, e altre che si aggiungeranno nei prossimi mesi, al di là del fornire alcune documentazioni e notizie relative alla passata realtà quotidiana nella Germania e nella Berlino divise, hanno l’auspicio di poter essere fonte di riflessione, prese le debite distanze dai coinvolgimenti emotivi e politici, per meglio affrontare e valutare la contemporaneità (nostalgie, demonizzazioni, celebrazioni, anniversari) con un poco di lucidità e qualche strumento in più.

 

Il muro di Berlino, oltre che ergersi in altezza e lunghezza a circoscrivere la superficie del territorio urbano, conobbe anche un’esistenza sotterranea che influenzò pesantemente gli spostamenti e la circolazione dei mezzi pubblici. Nel dopo guerra le reti di U-Bahn (Untergrundbahn, ferrovia sotterranea) e S-Bahn (Schnellbahn o Stadtbahn, ferrovia veloce o metropolitana), provate dal disastroso conflitto e riattivate solo parzialmente, erano gestite da amministrazioni diverse ma circolavano ancora liberamente tra i vari settori della città divisa. Berlino Ovest, Berlin (West) ufficialmente, West-Berlin colloquialmente o Westberlin secondo il lessico della DDR, era una enclave occidentale nel cuore della Repubblica Democratica Tedesca, formalmente gestita dalle truppe di occupazione alleate e legata alla Germania Federale (la Germania di Bonn, come si diceva all’epoca). Berlino Est, Berlin (Ost) formalmente, Ost-Berlin, secondo gli occidentali, Berlin, Hauptstadt der DDR (Berlino, capitale della DDR), a dire della DDR stessa, era il settore orientale filo-sovietico, unico a potersi fregiare ancora del titolo di capitale.

 

La mappa delle zone di occupazione nella Berlino divisa e circondata dal territorio della DDR.


La direzione della sotterranea, che per altro circolava e circola tuttora in superficie in ampi tratti di percorso, apparteneva all’occidente mentre la sopraelevata, che a sua volta conosceva e continua a conoscere svariati transiti nel sottosuolo, era di proprietà delle ferrovie della Repubblica Democratica Tedesca. I residenti di Berlino Ovest, dopo i moti di protesta del 1953 scatenatisi tra gli operai edili dell’est e ferocemente repressi dai militari sovietici, presero a evitare il più possibile la frequentazione del settore orientale e sui treni si iniziò a segnalare tramite altoparlanti l’avvicinamento a quello che incessantemente si trasformava in confine di stato. In seguito il governo filosovietico impose sempre crescenti restrizioni ai propri cittadini che, soprattutto per motivi di lavoro, superavano la frontiera interna alla città. L’inaspettata e spaesante costruzione del muro nel 1961 fece il resto. I quartieri di Berlino Ovest furono progressivamente circondati da un muro in cemento armato, alto poco più di 3 m. e lungo circa 155 km, che li avrebbe totalmente isolati dal resto del Paese che avevano intorno (la DDR). Le comunicazioni tra i settori est e ovest della città furono bruscamente interrotte e una vera e propria rivoluzione ebbe luogo anche nell’ambito dei trasporti. Alcune stazioni vennero a trovarsi proprio sulla linea del muro (la futura terra di nessuno), magari con un accesso in territorio occidentale e un altro in quello orientale (Nordbahnhof, Wollankstraβe). Seguirono abbattimenti, chiusure, accessi murati. I quartieri orientali “sovietici” privilegiarono la S-Bahn e ridussero a soltanto due le linee della U-Bahn in attività. 

 

Mappa dei trasporti U e S-bahn di Berlino Est.


Berlino Ovest operò in senso opposto, boicottando politicamente e operativamente le linee della sopraelevata che continuarono a circolare sul territorio occidentale ancora gestite dalla Deutsche Reichsbahn, le ferrovie del nemico. Linee di autobus parallele al percorso della S-Bahn furono istituite e privilegiate dagli utenti, sia in nome della promozione del mito automobilistico capitalista (Autogerechte Stadt), che del danno economico provocato dall’astensione a finanziare con valuta pregiata la costruzione del muro. “Neppure un centesimo per Ulbricht” fu lo slogan del momento, lanciato dal Borgomastro di Berlino Ovest, Willy Brandt. Questo portò a un progressivo abbandono del mezzo, obbligatoriamente usato solo nel caso di passaggio di frontiera ovest-est alla stazione di Friedrichstraẞe, punto di controllo di passaporti e visti, massicciamente blindato. Unica stazione operante su una tratta “fantasma”.

Berlino era rimasto l’unico punto nella DDR dove il transito ai settori occidentali, e quindi all’ovest in senso lato, fosse possibile per i cittadini della Repubblica Democratica Tedesca. Prima del 1961 tre milioni e mezzo di tedeschi orientali avevano abbandonato il Paese attraverso quei canali. L’erezione del muro fu finalizzata soprattutto a fermare questo flusso, ufficialmente denominato Republikflucht, esodo o diserzione dalla repubblica. Successivamente alla costruzione della barriera, la stazione S-Bahn  di Friedrichstraẞe si connotò come particolarissima entità geo-urbano-politica: nonostante la sua concreta collocazione in pieno territorio orientale, la piattaforma sopraelevata B della S-Bahn e quella sotterranea dell’U-Bahn erano off limits e accessibili esclusivamente ai treni provenienti dall’ovest. La stazione stessa era stata organizzata come sede di controlli di polizia e doganali che permettevano ai viaggiatori occidentali l’accesso al territorio della DDR. Il suo piano terra venne così a connotarsi come peculiare realtà internazionale, gioco di zone franche, terre di confine, soglie tra due universi distanti poche decine di metri tra loro. Ovviamente l’accesso alle piattaforme “occidentali” della stazione per eventuali cittadini orientali aventi diritto all’espatrio era assoggettato ai labirintici percorsi di controllo di documenti e possessi personali che partivano dall’adiacente Tränenpalast (palazzo delle lacrime), così chiamato per gli strazianti addi che si consumavano al suo ingresso, oggi interessante museo-documentazione di quelle esperienze.

 

Il palazzo delle lacrime che dava accesso ai controlli di polizia e doganali per chi poteva lasciare Berlino Est.


Dalla piattaforma C, dopo aver superato minuziose ispezioni, chi arrivava dall’occidente poteva procedere con la coincidenza alle linee orientali della S-Bahn che avrebbero trasportato nei vari quartieri della capitale, mentre dalla piattaforma A, pure collocata sullo stesso livello e apparentemente contigua ma separata da un vero e proprio muro di vetro e metallo, si poteva accedere alle linee ferroviarie internazionali ugualmente regolate da restrizioni e regole di ammissione particolari ed elaborate. Le vetrate esterne della stazione erano state oscurate, soldati armati presidiavano torrette di controllo sotto il tetto, cani e ufficiali della Stasi pattugliavano la zona, percorsi obbligati e fortificati garantivano “sicurezza” e scoraggiavano ogni fantasia di fuga o trasgressione.

 

Schema delle piattaforme e dei piani alla stazione di Friedrichstraẞe.


Un dettaglio curioso, legato al consumo e alla cultura materiale, vide la piattaforma della U-Bahn colmarsi prima di carelli mobili e poi di veri e propri negozi Intershop (riservati ai possessori di valuta pregiata) per quei passeggeri occidentali che volessero acquistare tabacco e alcolici sfruttando i vantaggi del Duty Free, semplicemente scendendo da un treno della metropolitana e partendo col successivo, venendosi quindi a trovare in zona franca non assoggettata a controlli ed evitando l’accesso al varco di frontiera. 

 

Un negozio Intershop in valuta pregiata sui binari della metropolitana di Friedrichstraβe, 1968.


Mentre la rete tramviaria all’ovest sarebbe stata inopportunamente smantellata, sempre in ossequio alla cultura dell’automobile, la metropolitana fu mantenuta quasi interamente in servizio, comprese alcune linee che, per un certo tratto, transitavano sotterranee in territorio orientale. I capolinea e la maggior parte delle fermate erano in zona dell’occidente, ma tre tratte di quattro o cinque stazioni (due della U-Bahn e una della S-Bahn) erano venute a trovarsi in terra dell’est. In questi casi i treni annunciavano che si stava per lasciare Berlino Ovest, rallentavano la corsa, superavano le stazioni abbandonate (fiocamente illuminate e presidiate da soldati armati di tutto punto) e, senza effettuare fermate, riguadagnavano l’ovest per riprendere regolarmente le soste. Questo fece nascere una serie di cosiddette stazioni fantasma (Geisterbahnhöfe) la cui realtà delicata e inquietante diede luogo a narrazioni e leggende. Inizialmente la velocità di transito concessa fu di 15 km all’ora ma, in seguito al tentativo da parte di un soldato di guardia orientale di saltare su un treno in passaggio, fu aumentata a 25. Le mappe della metropolitana di Berlino Est ignoravano queste stazioni, mentre erano segnalate con vistose croci che ne indicavano la non agibilità, sulle cartine occidentali.

 

Carta della U-Bahn di Berlino Ovest con l’indicazione delle stazioni fantasma oltre la traccia del muro (le linee non colorate appartenevano alla rete di Berlino Est).


La stazione di Reinickendorfer Straβe con l’indicazione “ultima fermata a Berlino Ovest”.


In superficie l’accesso alle stazioni disservite era stato frettolosamente blindato o murato ma, col passare del tempo e con i progressivi interventi di perfezionamento del muro, sarebbe stato sempre più dissimulato, contando anche sull’assuefazione alla realtà quotidiana dello sbarramento che portava a obliterare consuetudini e pratiche del passato anche nei più radicati abitanti. Quest’ultima considerazione permette una riflessione su quanto affrontato in questa pagine: le situazioni qui prese in considerazione rientrano nella categoria dell’estrema eccezionalità. Accanto a queste, deprecabili e insensate, avrebbe continuato a delinearsi l’esistenza quotidiana, sicuramente condizionata e limitata anche da realtà di questa portata, ma non per questo meno intensa, vissuta e addirittura godibile. Se ne parlerà nelle puntate successive.

 

L’accesso murato alla stazione S-Bahn di Nordbahnhof.


L’autorizzazione al transito sul proprio territorio non fu una magnanima concessione della DDR a Berlino Ovest, ma un fruttuoso contratto: il senato di West-Berlin doveva versare 20 milioni di marchi occidentali all’anno per questo privilegio. Nonostante questo, la manutenzione di quelle tratte venne progressivamente abbandonata e nei primi anni Ottanta non pochi furono i casi di deragliamento di treni. In queste circostanze l’unica assistenza possibile, a treni e passeggeri, veniva dai soldati di guardia della DDR. Tra questi non pochi erano stati i casi di defezione sfruttando proprio quei tunnel ferroviari per guadagnare il territorio straniero. Di conseguenza si rese necessario verificare che tra i militari in servizio (sempre in coppia perché esercitassero anche un reciproco controllo) non esistessero legami di parentela o amicizia che potessero renderli complici in una fuga. Per la stessa ragione le coppie venivano regolarmente cambiate. Inizialmente le guardie furono chiuse a chiave all’interno di bunker appositamente costruiti per il controllo. Soltanto nei tardi anni Ottanta si ricorse a una chiusura a combinazione che permettesse loro di uscire in caso di emergenza ma continuarono a non poter lasciare il rifugio blindato immotivatamente senza che i loro movimenti venissero segnalati seduta stante. 

 

Soldati nel bunker di guardia alle stazioni fantasma.


Talora dai finestrini del treno in corsa i passeggeri occidentali lanciavano sulle banchine giornali o prodotti “di lusso” (cioccolata, sigarette, caffè) per “indurre in tentazione” le sentinelle o mostrare “colonialisticamente” la superiorità dell’occidente. Le gallerie furono dotate di sempre crescenti barriere, sistemi di allarme fotosensibili al passaggio di essere umani, sofisticate segnalazioni di transito su pannelli elettrificati, reti metalliche e fili spinati che isolassero i binari dalla piattaforma. Le uscite di sicurezza vennero sbarrate, il che rese i viaggi su quei treni particolarmente rischiosi in caso di incendio. Le stazioni subivano un costante degrado: polvere e detriti si accumulavano sui marciapiedi, le piastrelle di rivestimento si staccavano dai muri, manifesti marcivano sulle pareti. Il tempo parve essersi fermato in quegli antri spettrali e quando, una trentina di anni dopo, il traffico riprese regolarmente veri e propri reperti di modernariato archeologico tornarono alla luce: cartelloni pubblicitari, telefoni, insegne, toponimi, banchi di ristoro. Una specie di museo della DDR ante litteram.

 

La stazione abbandonata di Potsdamer Platz.


Manifesti del 1961 rimasti a testimonianza dell’anno di chiusura della stazione.


I macchinisti orientali in servizio sulle linee S-Bahn che transitavano all’ovest erano scelti con accuratissime selezioni tra i più affidabili cittadini e non potevano mai abbandonare la cabina di guida (tutte le stazioni della rete erano considerate territorio della DDR anche se geograficamente collocate a Berlino Ovest). Ovviamente, seppure soltanto attraverso il vetro dei finestrini, questi potevano verificare la macroscopica quanto superficiale differenza tra la variopinta animazione capitalistica di Berlino Ovest e i più scialbi cromatismi socialisti del settore est. Nel 1980, in seguito a una campagna di licenziamenti di operatori della S-Bahn residenti all’ovest, partì uno sciopero massiccio che si concluse con l’abbandono del posto di lavoro da parte dei molti scioperanti che erano stati denunciati e portò a una considerevole riduzione delle tratte operanti a West-Berlin per mancanza di personale. Nel 1984, in seguito a un accordo tra le parti, la gestione della S-Bahn passò all’azienda BVG che controllava la rete trasporti di Berlino Ovest, ma il ripristino e la ristrutturazione delle linee riguardò soltanto alcune tra le tratte principali. Tra la caduta del muro (1989) e la riunificazione (1990) le stazioni fantasma furono riaperte al libero transito (a eccezione di Potsdamer Platz che avrebbe richiesto maggiori lavori) e la circolazione riprese progressivamente nella città senza più barriere. La notte in cui cadde il muro, 9 novembre 1989, i treni non si fermarono mai. I macchinisti si offrirono volontari per turni straordinari in modo da garantire a oltranza il primo entusiastico collegamento tra i due settori della città dopo ventotto anni di blocco applicando cartelli scritti a mano con le nuove e inaudite destinazioni-capolinea. Jannowitzbrücke fu la prima stazione fantasma a essere riaperta (9/9/89) e a permettere l’afflusso dei viaggiatori orientali diretti all’ovest.

 

Passeggeri in coda alla stazione Jannowitzbrücke riaperta al pubblico servizio nel 1989.


Il 1º gennaio 1994 la Deutsche Bundesbahn (ovest) e la Deutsche Reichsbahn (est) si riunirono a formare la nuova Deutsche Bahn, tuttora responsabile della rete Sbahn berlinese, integrata con la BVG (Berliner Verkehrsbetriebe), a sua volta frutto dell’unificazione delle imprese berlinesi di trasporto est e ovest, che gestisce tram, bus e metropolitana. Molte stazioni dell’una e dell’altra rete ospitano oggi documentazioni e testimonianze sul proprio passato nella città divisa.

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