A piede Lìberos

14 Giugno 2013

Lìberos ha un anno di vita, ma solo da sei mesi è una vera start up. Quando siamo nati eravamo una buona idea tutta da sviluppare, un gruppo di lavoro su base volontaria che si muoveva a tentoni e una road map puramente ipotetica, che certo non prevedeva che arrivassero risorse economiche forti in tempi brevi. Grazie alla vincita del premio cheFare quei soldi sono arrivati subito, ma la nostra vera fortuna è che meritarli non è stato per niente facile: c'è voluta una lunga fase di riprogettazione che ci ha permesso di mettere meglio a fuoco gli obiettivi da raggiungere, le azioni da intraprendere e i tempi e le risorse non solo economiche di cui davvero disponevamo. Abbiamo scoperto così che l'organizzazione di queste informazioni si chiama business plan ed è uno strumento banale nella progettazione delle aziende; solo che noi non siamo un'azienda e se non ci fosse stato richiesto per la partecipazione al premio non l'avremmo probabilmente mai fatto, né creduto ci servisse; che se ne fa un'associazione no profit di una cosa che si chiama business plan? Con il senno di poi ci siamo chiesti quante sono le buone idee che non arrivano mai a dimostrare di esserlo solo perchè chi deve gestirle sottovaluta la necessità di una progettazione professionale come quella a cui noi siamo stati spinti. È stato su quel foglio di carta che Lìberos ha cominciato a costruire realmente le sue potenzialità, mostrandoci confini ben più ampi di quelli che avevamo inizialmente previsto. Cosa è cambiato da quel momento? Cosa è stato fatto in questi sei mesi che non sarebbe stato fatto senza cheFare?

 

La prima cosa è che abbiamo potuto assumere subito le persone che servivano per far partire tutte le attività che avevamo progettato. Per realizzarle servivano quattro professionalità diverse – un project manager a tempo pieno, un informatico, un grafico e un addetto stampa - che senza il premio non ci saremmo potuti permettere prima del terzo anno di attività a regime. Avere immediatamente una squadra operativa che ponesse rimedio ai limiti del nostro volontarismo ha permesso a Lìberos di diventare subito una realtà operativamente molto visibile sul territorio e di cominciare così ad attirare le risorse per garantire quello stesso livello occupazionale anche quando i soldi di cheFare saranno finiti. Volevamo dimostrare che con la cultura si mangia: grazie a cheFare ci riusciremo più in fretta.

 

La seconda cosa è che la vittoria del premio ci ha dato una grande e insperata visibilità. Essere indicati come miglior progetto culturale tra cinquecento partecipanti da tutta Italia è stato uno sprint motivazionale non solo per noi, ma anche per chi ci osservava dall'esterno: la velocità con cui i numeri dei nostri aderenti sono cresciuti durante e dopo la campagna di voto per cheFare è stata impressionante. Oggi Lìberos raduna nel suo social network più di 6000 lettori e 215 attività culturali profit e no profit, tra librai, biblioteche, associazioni culturali e teatrali, festival, autori e professionisti della cultura a vario titolo; già nel primo anno di esistenza di Lìberos la filiera sarda del libro vi ha aderito quasi per intero. Noi di anni ne avevamo messi in conto tre.

 

 

La terza cosa è l'aumento della possibilità di essere riproducibili. La ribalta della vittoria ci ha resi un soggetto immediatamente credibile anche per altre realtà regionali interessate a riprodurre in tutto o in parte dinamiche simili a quelle che noi stiamo cercando di governare in Sardegna. I contatti con la Puglia e il Veneto, le prime due regioni che hanno chiesto di capire come funzioniamo, sono stati velocizzati da questo biglietto da visita e stanno portando a risultati di collaborazione significativi sopratutto in termini di trasferimento di buone prassi. Abbiamo supportato questo percorso anche concedendoci il lusso di partecipare al Salone del libro di Torino con uno stand tutto nostro, molto ampio e con eventi specificamente orientati a questo obiettivo, finendo per attrarre l'attenzione anche di realtà diverse da quelle che avevamo ipotizzato, come l'Umbria. Grazie alle risorse che ci hanno consentito di mettere in piedi quello stand abbiamo dato la possibilità di essere presenti al Salone del Libro anche a sei piccoli editori sardi che altrimenti non ci sarebbero potuti essere.

La possibilità di rendere subito operative una grande quantità di proposte ha generato sulla filiera effetti collaborativi spontanei insperabilmente rapidi. La cooperazione costante a cui i librai si sono disposti per accogliere il flusso di autori “a piede Lìberos” ha creato le condizioni per una collaborazione ancora più stretta e proficua. Il caso evidente è quello dei librai sassaresi, che  dentro Lìberos hanno maturato autonomamente la decisione di stipulare un contratto di scopo, riuscendo a  ottenere insieme un consistente appalto di fornitura bibliotecaria che da anni veniva vinto fuori dall'isola per l'impossibilità di onorarne singolarmente le richieste. La sfida è riprodurre questa esperienza in tutta la Sardegna, ma intanto è bastato meno di un anno per dimostrare che era possibile farlo. L'altro caso è l'esperienza che hanno vissuto i sei editori presenti al salone nello stand Lìberos. La nostra presenza come associazione è stata pensata per essere eccezionale e unica – non si vince CheFare tutti gli anni! - ma ha dato risultati così efficaci che gli editori per il prossimo anno stanno ipotizzando di ripeterne la formula, cercando i finanziamenti privati per riprodurla nella stessa modalità: insieme.

 

 

Che cosa è successo per i lettori in questi sei mesi? Le occasioni di incontrarsi intorno ai libri si sono moltiplicate e spalmate su tutto il territorio, arrivando anche alle piccole realtà locali. Da gennaio a giugno la formula “Scrittori a piede Lìberos” ha portato in Sardegna decine di scrittori; ci sono stati nomi molto noti come Fulvio Ervas, Beppe Severgnini, Paolo Giordano, Daria Bignardi, Riccardo Iacona e Roberto Saviano, ma anche scritture più valide che conosciute come Gazzaniga, Pandiani, Robertazzi, Postorino, Strukul, Gucci e Teodorovic, insieme a saggisti e autori come Petrignani, Gentile, Lipperini, Chessa, Zanardo e Romano. Ad alcuni di loro abbiamo chiesto di raccontare l'esperienza a Torino in un apposito panel dedicato alla formula “a piede Lìberos” e ad altri abbiamo invece domandato una sorta di diario di viaggio. Lucian Dan Teodorovic, autore rumeno pubblicato da una casa editrice sarda, è stato il primo a farlo e grazie alle risorse di cheFare abbiamo potuto tradurlo, pubblicarlo e venderlo come primo volume di una collana di viaggi letterari per l'isola, che si arricchirà presto di nuovi contributi. Accanto a questi autori “extraterritoriali” si sono intrecciate le attività degli scrittori locali, sempre seguiti da librai aderenti al circuito e appoggiati a biblioteche, scuole e associazioni del circuito. Il movimento editoriale ha coinvolto l'indotto dell'accoglienza, delineando una piccola rete di alberghi e ristoranti con standard selezionati sparsi per la Sardegna, i quali hanno aperto rapporti preferenziali di collaborazione con Lìberos e sono in qualche caso diventati anche sedi di eventi culturali specifici. L'analisi economica di questo percorso è ancora in atto, ma i segnali sono così significativi che ci siamo entusiasmati al punto da stampare una maglietta specifica con lo slogan “Con la cultura si mangia”. Agli incontri letterari e al salone del libro è risultato il nostro gadget più venduto, contribuendo sostanziosamente all'autofinanziamento.

 

Il passaggio più significativo di questi sei mesi è stata però l'adesione delle amministrazioni locali, che hanno cominciato a vedere in Lìberos un collettore di saperi attraverso il quale accedere a una progettazione culturale di qualità a costi sostenibili. Negli ultimi sei mesi hanno aderito a Lìberos undici piccoli comuni, due unioni di comuni e un intero sistema bibliotecario (quello del Coros Figulinas), affidando al circuito il compito di ottimizzare le risorse destinabili alla cultura. Il numero dei comuni che sta deliberando a favore di Lìberos aumenta rapidamente di settimana in settimana, rendendo possibile sin d'ora la progettazione di una specie di “autunno caldo” della cultura a cui abbiamo già dato il nome: Entula, un imperativo che indica l'azione del vento che soffia. Maestrale, libeccio, scirocco... scegliete voi che vento sardo preferite, per noi non fa differenza. Ci piace solo pensare che, da qualunque direzione tiri, niente dopo sarà ancora dov'era prima.  

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