In mostra a Senigallia / Giacomelli e Burri: affinità elettive

18 Agosto 2021

La storia dell’arte è spesso una storia di rapporti e di confronti. Relazioni professionali, legami tra individui che comprendono e superano nello stesso tempo il concetto di collaborazione, per sfociare in quello di incontro e di scambio umano. Dialoghi tra discipline diverse, che conducono a risultati inattesi e straordinari.

È sul filo di queste riflessioni che si colloca la mostra itinerante Giacomelli / Burri
Fotografia e immaginario materico
, attualmente in visione al Palazzo del Duca di Senigallia per la curatela di Marco Pierini e il coordinamento scientifico di Alessandro Sarteanesi, e visitabile fino al 26 settembre 2021. Dopo quella data, la mostra sarà ospitata al Museo MAXXI di Roma, per la cura di Bartolomeo Pietromarchi, per terminare poi il suo percorso nel 2022 presso la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri di Città di Castello, dove sarà curata da Bruno Corà. 

 

Mario Giacomelli, Storie di terra, 1984 (fotografia donata a Nemo Sarteanesi), Courtesy Archivio Sarteanesi- Archivio Mario Giacomelli ©Rita e Simone Giacomelli.


L’idea alla base dell’esposizione è quella di ripercorrere il rapporto tra Mario Giacomelli e Alberto Burri attraverso il confronto tra le rispettive produzioni artistiche, che in alcuni casi hanno dialogato in maniera dichiarata, come nel nucleo di fotografie che Giacomelli dedicò ad Alberto Burri e Nemo Sarteanesi. Ed è proprio a quest’ultimo che nel 1966 si deve l’incontro tra i due artisti. 

Pittore ed intellettuale, amico di Burri, Nemo Sarteanesi conosce Giacomelli nei primi anni Sessanta al negozio di cornici Angelini di Senigallia, che all’epoca era un luogo di ritrovo di artisti e intellettuali. Sarteanesi è stato una figura fondamentale, il punto di contatto tra questi due grandi artisti del Novecento, con i quali ha condiviso l’interesse per quella che lui ha definito la “tematica pittorica del paesaggio”. 

Giacomelli d’altronde, ben prima di conoscere personalmente Burri, aveva già dimostrato apprezzamento e stima per pittura del maestro tifernate, e Burri stesso era a sua volta affascinato dall’arte fotografica e interessato al lavoro di Giacomelli, come testimoniato anche da una lettera del 1966.

 

Alberto Burri, Cellotex, 1992, Courtesy Galleria dello Scudo, ©Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri - Photo Alessandro Sarteanesi.


Come scrive Marco Pierini, curatore della mostra di Senigallia, non deve sembrare azzardato “leggere in parallelo le ricerche di Giacomelli sul paesaggio e alcuni cicli di Alberto Burri […]”

In entrambi i casi infatti si riscontra l’attitudine a concepire e costruire l’immagine come sintesi e come astrazione, come ricettacolo di segni che assumono valenze e giungono a esiti simili dal punto di vista formale, ma comunque differenti e specifici in base alla poetica dell’artista. Da un lato c’è Alberto Burri, uno degli esponenti più significativi dell’informale italiano di tendenza materica, che fa proprio della materia squarciata, strappata, bruciata, bucata e composta in maniera pittorica la protagonista delle sue opere. Dall’altro lato c’è Mario Giacomelli, che ha fatto dell’indagine sul paesaggio marchigiano la sua cifra poetica distintiva: nonostante infatti durante la sua lunga carriera la sua ricerca abbia spaziato tra tematiche differenti (tra le altre, celeberrima è la serie Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, in cui viene raccontata la vita all’interno di un ospizio), la riflessione sul paesaggio intorno a Senigallia, suo luogo d’origine, è stata una costante, mai abbandonata o trascurata. 

 

Mario Giacomelli, Paesaggio, 1965, (donata ad Alberto Burri), Courtesy Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Archivio Mario Giacomelli ©Rita e Simone Giacomelli.


Il risultato di questo accostamento è un confronto ragionato tra pittura e fotografia, che lasciandosi alle spalle le sfide e gli scontri linguistici che hanno caratterizzato gli anni appena successivi all’invenzione meravigliosa, possono in questo caso instaurare un discorso alla pari, ricco di spunti e di suggestioni.

Nel caso di Mario Giacomelli e Alberto Burri si tratta di un vero e proprio dialogo, e di una ritrovata e riscoperta affinità elettiva. E d’altronde già negli anni Ottanta Arturo Carlo Quintavalle accostava i due nomi in Mario Giacomelli e la fotografia italiana, contenuto all’interno di Messa a fuoco, inquadrandoli in un certo spirito del tempo, in un certo modo di sentire il mondo.

In mostra sono presenti opere provenienti dalla Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, dagli Archivi Mario Giacomelli di Senigallia e Sassoferrato, dall’Archivio Sarteanesi e dalla Galleria dello Scudo di Verona. Accanto a fotografie tratte dalle serie Presa di coscienza sulla natura, Storie di Terra o Motivo suggerito dal taglio dell’albero troviamo anche alcune opere grafiche e uniche di Burri, come la serie Combustioni 1965, Cretti 1971, Sacchi, Combustioni su carta e legno, e un prezioso Cretto bianco. All’interno del percorso espositivo si ha la possibilità di vedere anche un’opera pittorica di Giacomelli, realizzata dall’artista prima di dedicarsi completamente al mezzo fotografico; tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta infatti l’autore ha realizzato circa 400 opere pittoriche, la maggior parte delle quali astratte, oggi conservate negli Archivi Mario Giacomelli.

 

Alberto Burri, Sacco, 1955, Courtesy Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri ©Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri - Photo Alessandro Sarteanesi.


Quasi a chiusura del catalogo della mostra, pubblicato da Magonza Editore, c’è un delicato e intimo scritto di Simone Giacomelli, figlio del fotografo e direttore dell’Archivio Mario Giacomelli, in cui l’amicizia tra i due artisti viene descritta dall’autore come una vera e propria “comunione”, come un rapporto speciale, nato e costruito all’insegna di un atteggiamento condiviso rispetto a quello che viene definito il “trauma del reale”.

Leggendo queste parole riusciamo quasi ad immaginare questi due uomini e artisti straordinari, che in silenzio meditano sulla realtà e sul mondo, restituendoceli ora tramite la pittura, ora tramite la fotografia. Forme che in ogni caso sono “segni del tempo”, sempre per citare una felice e azzeccata espressione di Simone Giacomelli, segni che diventano la manifestazione di un altro incontro, quello tra la realtà e lo sguardo dell’artista.

 

Alberto Burri, Combustione, 1965, ©Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri - Photo Alessandro Sarteanesi.


Burri brucia, squarcia, cuce, utilizza la materia dell’arte per esaltarne i valori tattili e cromatici, per alludere a quello che viene definito da Paola Bacuzzi in un saggio sull’Informale un “intricato e indefinito germogliare di vita, che è l’unica cosa certa che l’artista possa avvertire”. Giacomelli rappresenta il paesaggio da un punto di vista aereo, rivolge lo sguardo alla terra, si allontana dalla rappresentazione reale e referenziale dell’oggetto, elabora un linguaggio riconoscibile caratterizzato dal forte contrasto tra i bianchi e i neri e da un marcato sapore tipografico, si fa portavoce di una fotografia che non rappresenta lo spazio così com’è ma lo crea.

Giacomelli / Burri. Fotografia e immaginario materico si propone di ricostruire il legame tra le poetiche e gli stili di questi grandi protagonisti del Novecento, per rintracciare le influenze reciproche e gli echi concettuali.

E nel racconto di queste due vite parallele, che hanno avuto la fortuna di incrociarsi, emerge il profilo di un sodalizio sì artistico e intellettuale, ma anche profondamente e autenticamente umano.

 

Giacomelli / Burri. Fotografia e immaginario materico

Mostra itinerante, Palazzo del Duca, Senigallia (AN) 1 luglio – 26 settembre 2021

A cura di Marco Pierini. Coordinamento scientifico Alessandro Sarteanesi.

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