Il miglior fabbro: vita e opere di Ezra Pound

12 Febbraio 2023

“Attraverso Pound è possibile farsi una educazione, arrivare subito ai suoi grandi e più fortunati amici Joyce ed Eliot, avere il senso di quale fosse l’atmosfera creativa intorno alla prima guerra mondiale, quando nacquero i capolavori che non cessano di nutrirci, Ulysses, The Waste Land”. Queste parole, che troviamo in prima pagina nella Premessa, sono precedute da un ricordo personale: la compagna del poeta, Olga Rudge, fa ascoltare nell’aprile 1962 l’avvio del Canto 1 di Pound (And then went down to the ship…) al quindicenne nipote del medico locale del poeta, che dichiara di essere rimasto “folgorato da questo ingresso in un mondo favoloso”.

Il ragazzo di allora è Massimo Bacigalupo, oggi autore del corposo, ricco e godibile libro di saggi, ordinati secondo la cronologia della vita del poeta, dal titolo Ezra Pound. Un mondo di Poesia (Edizioni Ares). È un libro che raccoglie quattro decenni di curiosa e rinnovata fedeltà al poeta: affonda le radici nella memoria famigliare dai momenti della lunga residenza di quest’ultimo in Liguria e ci guida attraverso il tempo fino alla ricezione italiana nel Dopoguerra, a Sanguineti e a Pasolini.

Incontriamo una quantità mirabile di notizie e di suggestioni che legano la vicenda poetica di Pound ai nomi fondanti della letteratura del Novecento, e che si intrecciano con la storia personale di un uomo che l’entusiasmo poetico e i controversi itinerari del carattere e dell’arte hanno portato a segnare il secolo con l’impronta di un’affascinante originalità e alla creazione di un mito. Ecco allora che il tessuto di relazioni letterarie che forma l’immagine di un’avventura creativa oggi consegnata ai manuali, con i nomi di W. B. Yeats, Ford Madox Ford, Wyndham Lewis, T. S. Eliot, James Joyce, E. Hemingway (e molti altri, compresi gli italiani Marinetti, Pea, Scheiwiller), si ravviva di volta in volta della relazione tra le vicende vissute e gli esempi testuali, le ipotesi critiche e la rievocazione dei luoghi e delle atmosfere vissute.

Ezra Pound, richiamato all’attenzione da più parti nell’anno pasoliniano appena trascorso, per la nota intervista televisiva del 1967 che la Rai riorganizzò trasmettendola con il titolo Un’ora con Ezra Pound, è oggi meno presente nei discorsi sulla poesia e meno quotato in quello che il suo amico Eliot definì “la borsa della poesia” e oggi forse si direbbe il ranking dei poeti frequentati da critici e appassionati.   

Eppure fino agli anni ’80 del secolo scorso era quasi impossibile che il suo nome non comparisse nei discorsi delle generazioni di poeti e di critici che si erano succedute dal periodo entre deux guerres in poi, accendendo soprattutto le discussioni dei giovani che di volta in volta si affacciavano al mondo letterario. 

Destinati a colpire innanzi tutto i giovani erano (e forse lo sono ancora) il disorientamento di Ezra Pound di fronte al richiamo incalzante di novità del presente e la sua passione animata dalla poesia del passato, il richiamo al dovere di un’assoluta originalità e la necessità di aprirsi una strada fondata su solide ragioni nella labile moltitudine di esperienze in conflitto. Si tratta dell’impossibilità di abitare il cuore dell’accelerazione scientifica e tecnologica della tarda modernità e, insieme, della necessità di non rinunciare al richiamo della poesia, che da sempre chiede di ritrovare il comune fiorire della parola e del tempo. È il paradosso che vuole la poesia consegnata alla rivelazione di una lingua che ospita un tempo più vasto, un sentire più profondo, e l’incalzare del presente-futuro che stravolge la percezione della continuità dell’esistere, imponendo continue successive fratture che scaraventano il passato in un baratro dal quale sembra non si possa più attingere.

Ezra Pound nasce in Idaho nel 1885 (tre anni prima di Ungaretti, undici prima di Montale) e studia Filologia Romanza fino a ottenere di poterla insegnare. Non è nota la qualità del suo insegnamento, mentre la solidità della sua preparazione in questa disciplina è stata messa in dubbio da più di un filologo che si è confrontato con la sua edizione di Cavalcanti. Ma quello che conta per il giovane Pound è che la poesia delle origini romanze gli fa assaporare un mondo, distante dalla realtà che frequenta e splendente di un passato vivissimo di gioventù, di freschezza nativa dell’espressione, di appassionante pronuncia di parole nuove. Egli intuisce nella poesia provenzale e in quella italiana del Duecento (Dante compreso) l’acquisizione di una forma nuova per una lingua nuova, un dato originario che detta in lui un’impronta indelebile.

Per questo motivo l’americano, abitante in quel Mondo Nuovo nel quale il debito originario con la lingua perviene conteso tra continuità e necessità di un altro inizio, decide di raggiungere l’Europa, che ha già conosciuto nel corso di due precedenti viaggi. A Venezia, nel 1908, pubblica la sua prima scelta di versi, che intitola con espressione dantesca A lume spento. Ritornerà negli Stati Uniti per un breve soggiorno nel 1939 e poi di nuovo nel 1945, rimpatriato, prigioniero, per essere detenuto a Washington in attesa di giudizio con l’accusa di tradimento per aver dato supporto ideologico al fascismo.

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Ritornerà in Italia nel 1958, dove si stabilirà, dopo qualche peregrinazione, a Venezia: vi muore nel 1972 a 87 anni. Tra l’arrivo in Europa nel 1908 e la deportazione negli Stati Uniti nel 1945, la sua vita è segnata da un’intensissima attività letteraria che lo vede soggiornare a Londra, a Parigi e in diverse località francesi, in molte città italiane, in particolare in Liguria, sempre con un progetto in testa, sempre alla ricerca di maestri e amici: per un periodo è segretario di W. B. Yates; ha uno stretto rapporto con Ford Madox Ford; famosa è la “potatura” della Waste Land di Eliot; nota la promozione dell’Ulysses di Joyce.

L’americano Pound insegue il sogno di una trasformazione reciproca dell’arte e del mondo, non lontana dalle novità impressionanti che il secolo allora produce, ma che nella sua esperienza assume quei caratteri che saranno sostanziali per le generazioni del secondo Dopoguerra, segnate dal sentimento di un grave distacco dal passato. È americano, sostenuto da un’enorme energia e da un raro pragmatismo: si impegna a promuovere nuove forme di espressione (Imagismo, Vorticismo) e non si incatena a nessuna.

Al contempo, con iniziative considerate a volte bizzarre, altre volte geniali, si adopera a condensare in forme quasi di precettistica le visioni che catturano le costanti eterne della poesia al cospetto del richiamo dell’attualità. Se “Make it new!” suona quasi come un grido di battaglia avanguardistico, egli profonde altresì energie infinite nell’esplorazione di lontane e a volte esoteriche dimensioni dello spirito. Forse perché “fare nuovo” non è l’unica sua necessità, quanto piuttosto “farsi nuovo”, rinnovare in sé l’originaria scena poetica delle civiltà. Entusiasta, generoso, ma anche presuntuoso e a volte di un’insopportabile intransigenza, frequenta, co-produce, rinnega una porzione notevole e decisiva della cultura letteraria novecentesca. 

Soprattutto, però, il fascino che trasmette a chiunque incontri la sua opera è legato all’attrazione misteriosa che esercita su di lui molteplicità della lingua umana nella storia, nelle civiltà, nell’esperienza individuale. Sotto questo aspetto la sua attualità si rinnova con il rinnovarsi delle domande sulla poesia e sulla cultura. È il poeta che fa incontrare sulla stessa pagina lingue diverse nel tempo e nello spazio, fiducioso nel loro riverberare di senso e nei sensi. Crede nella presenza della parola al punto di immaginare un flusso sotterraneo che trascina i segni differenti delle diverse lingue in una comune corrente. Certo, l’esempio è Dante, ma in Pound lavorano la disperazione, l’azzardo e la dispersione della modernità, in una dimensione mai conosciuta in precedenza. 

Pound lavora senza sosta a un’opera che, di esperimento in esperimento, si accresce, si smentisce, muta di direzione, fino all’approdo a una forma, i Cantos, che tutto può accogliere in un’espressione dove domina lo sfondo enigmatico di una dimensione sovraindividuale. 

I saggi proposti in Ezra Pound. Un mondo di poesia ci fanno attraversare un fiume in piena di iniziative, esperimenti letterari, relazioni personali, che qui è impossibile riassumere, ma che formano un contesto vivo e irrinunciabile della cultura novecentesca. Il libro non rinuncia però a farci conoscere l’uomo, con le luci e le ombre di un carattere a dir poco originale e di un’affascinante singolarità. Così come non rinuncia ad affrontare il dramma centrale della persona che, ormai quasi sessantenne, con una leggendaria reputazione internazionale alle spalle, nel 1941 inizia a trasmettere da Radio Roma un programma che dà voce al sostegno ideologico dello stato italiano fascista in guerra.

Un programma che continuerà fino al 3 maggio del 1945, quando sarà prelevato dai partigiani per essere consegnato all’esercito statunitense: su di lui pende dal ’43 un’accusa di tradimento da parte del governo del quale è ancora cittadino. Deportato negli USA, imprigionato, sottoposto a perizie psichiatriche, verrà liberato nel 1958 e ritornerà in Italia. Un ritorno che non sarebbe meno interessante da approfondire (se pensiamo alle umiliazioni subite dopo la cattura) di quanto non lo sia il fallito tentativo di rimpatrio negli Usa nel 1940.

Ezra Pound fascista. Infinite discussioni hanno animato i giovani poeti italiani su questo argomento nei decenni successivi alla fine della guerra. Il volume di Bacigalupo ha un gustoso capitolo dedicato all’importanza di Pound per la poetica di Edoardo Sanguineti. Gustoso e interessante per saggiare le numerose ragioni che portarono all’aperta condanna di Pound per il suo fascismo (da parte di Franco Fortini, per esempio) e le voci di chi percorse ragioni più diversificate e complesse. Ragioni che insediano Pound al centro delle discussioni poetiche nei dibattiti all’interno della Neoavanguardia italiana e tra chi è a favore o contro di essa. 

L’accusa tranciante di fascismo esclude Pound dall’orizzonte dei valori poetici anche nell’opinione di Pier Paolo Pasolini, in un primo momento. Solo dopo la seconda metà degli anni ’60 avviene un mutamento che porterà Pasolini a volere fortemente quella intervista, che si dedicherà a preparare e a realizzare con straordinario impegno. Nel documento audiovisivo, Pound, ottantenne, profondamente segnato nel volto, è una figura totemica di grande effetto, che risponde sentenziosamente al più giovane poeta, il quale assume il ruolo quasi del discepolo. Proprio lui, Pasolini, che così spesso mostrava in pubblico (non così in privato) ben altro atteggiamento.

Perché Pasolini vuole affermare (e pare che avvenga all’improvviso) un suo legame con Pound? Qui Bacigalupo si ferma sulla soglia. Qualche congettura si potrebbe azzardare nella passione che lega i due poeti per la poesia come ipotesi di rinascita di un gesto originario, e forse nel sentirsi ancora aggiogato alla continuità di un tempo che isola i poeti e ne soffoca la voce con le illusioni e i tradimenti di troppo rigide ideologie. E forse, ancora di più, in quell’amore che solo nella poesia trova sempre di nuovo un inizio: “Quello che veramente ami non ti verrà strappato”, aveva scritto Pound.

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