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Kirchner perduto e ritrovato

8 Giugno 2025

Quattro danzatrici in gonnelle floreali e due giovani neri o mulatti, meravigliose tinte rosa, amaranto e azzurro, clima evocativo dell’età del jazz. È l’incantevole quadro del maestro espressionista Ernst Ludwig Kirchner che in questi giorni viene rivelato (per non dire: regalato) al mondo da uno dei più importanti musei d’arte moderna d’Europa, il Kunstmuseum di Basilea.

Perché dobbiamo dire: rivelato? E perché è anche un regalo? Semplice. Perché Tanz im Variété (Ballo al varietà, del 1911) di Kirchner era letteralmente scomparso. Nessuno lo aveva più visto, né si era saputo dove fosse finito, per la bellezza di 102 anni. L’ultima volta che era stato esposto, infatti, era stato a Berlino nel 1923. Avete letto bene: nel 1923, l’anno della prima seduta del Gran consiglio del fascismo, del fallito putsch di Monaco di Adolf Hitler, della pubblicazione di La coscienza di Zeno di Italo Svevo e di La tela di ragno di Joseph Roth, della fondazione della rivista Time e della Warner Bros…

Basilea ci fa dunque un dono inaspettato: un’opera fascinosa dell’espressionismo tedesco che si credeva perduta, restituita al mondo (e alla storia) dell’arte dopo un secolo di oblio.

Prima di parlare dell’avventuroso ritrovamento, due parole sul quadro stesso. I temi della danza, del cabaret, del varietà, e per estensione della vita notturna berlinese, sono qui affrontati precocemente. Siamo nel 1911, ben prima di Sarajevo e della Grande Guerra. La scena raffigurata sembra essere una variazione kirchneriana del cosiddetto cakewalk, una gara di ballo su ritmi sincopati che ha le sue origini nell’età dello schiavismo nordamericano. In queste gare i neri sottomessi giocavano in chiave satirica con i balli dei loro padroni schiavisti bianchi, e la coppia vittoriosa si aggiudicava un cake, un dolce.

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Qui abbiamo in chiave fantasiosa, appunto, un giovane nero che duetta con una ballerina in lunghe calze nere e scarpe e punta, abito scollato a fiorelloni, braccia nude e un bizzarro cappellino a falde bianche, tra l’olandese, il mormone e il circense. Sullo sfondo altre tre danzatrici, un secondo uomo in nero, e i colori stupendi tipici di Kirchner, ispiratore del gruppo espressionista Brücke di Dresda con colleghi del calibro di Erich Heckel, Otto Mueller, Emil Nolde e Max Pechstein. La scena ritratta, pur nella sua originalità – s’è detto del sottofondo scherzoso o satirico – rientra pienamente nella tematica della nightlife metropolitana che il grande artista affronterà negli anni a seguire nelle più diverse tecniche, dall’olio su tela al disegno alla xilografia.

Per inquadrare la rilevanza di quest’opera basterebbe ricordare quadri come Negertanz (Danza negra, 1911) della Kunstsammlung Düsseldorf, Panamatänzerinnen (Ballerine di Panama, 1910) del North Carolina Museum of Art, o Tanzschule (Scuola di ballo, 1914) della Staatsgalerie moderner Kunst di Monaco. Ma va notato che questo Ballo al varietà è di formato assolutamente speciale, non solo per Kirchner, ma per l’espressionismo tedesco: ben 121 per 148 centimetri. Quello che oggi definiremmo un formato museale. Ed è appunto a un museo di Basilea che dobbiamo non solo lo scoop di questi giorni, ma l’intera operazione di recupero e restauro.

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Come sempre quando di parla di repêchages straordinari, nulla si capirebbe se non andassimo a ritroso nella storia. Torniamo dunque al 1911. Kirchner, formatosi a Dresda, è ora a Berlino dove collabora strettamente con Max Pechstein e Otto Mueller. Pochi mesi prima è uscito il primo catalogo del gruppo Brücke presso la galleria Ernst Arnold. Nella capitale tedesca Kirchner conosce la sua seconda compagna di vita Erna Schilling, con cui poi si traferirà definitivamente in Svizzera. Già pochi mesi dopo, nel 1912, gli artisti della Brücke esporranno a Mosca, a Praga, di nuovo a Berlino (alla galleria Gurlitt) e a Monaco, dove prenderanno parte alla seconda mostra del Blaue Reiter, il celebre Cavaliere Azzurro.

Come s’è anticipato, è il 1923 l’ultimo anno in cui il Ballo al varietà è stato visto esposto in pubblico. Nel frattempo l’artista è stato richiamato e poi scartato dal servizio militare nella Prima guerra, e le sue sofferenze nervose si manifestano con più frequenza. Ha conosciuto le ballerine Nina Hard e Mary Wigman. Ha sviluppato la propria opera grafica. Verso la fine degli anni Venti partecipa alle grandi pitture murali del Folkwang Museum di Essen, nel 1928 espone alla Biennale di Venezia, nel 1931 a Bruxelles e alla mostra “German Painting and Sculpture” al Museum of Modern Art di New York. Ma passa gran parte del tempo a Davos, nelle Alpi svizzere, dove rivede dopo anni anche l’amico Alfred Döblin autore del romanzo-fiume Berlin Alexanderplatz.

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Con il 1933 e l’ascesa al potere di Hitler in Germania, il libertario Kirchner è da tempo un esule in terra elvetica. Il suo gallerista di fiducia Manfred Schames emigra in Palestina. Ben presto Kirchner viene marchiato ufficialmente come esponente dell’“arte degenerata”. Gli è vietato insegnare, le sue opere non possono essere né commercializzate né esposte. La sua nevrosi, la sua angoscia, personale e civile, non fanno che aumentare. Questa escalation devastante culmina in uno dei più grandi sequestri operati dal regime nazista ai danni di un singolo artista tedesco. Nel 1937 ben 639 opere di Kirchner vengono rimosse dalle collezioni pubblche, e – in circostanze mai ricostruite esattamente – in parte distrutte e in parte vendute. L’autore viene anche espulso dall’Accademia prussiana delle arti. Il ministro Goebbels ha fatto terra bruciata intorno a tutte le avanguardie. Ernst Ludwig Kirchner, nella Germania governata dall’arbitrio e dalla violenza, è ormai una non-persona.

Che fine ha fatto in quegli anni tragici il nostro Ballo al varietà? A lungo è rimasto proprietà dell’artista. Poi, durante la Seconda guerra mondiale, finisce nascosto, chiuso in una cassa di legno, in una fattoria nelle campagne della Germania sud-occidentale. E qui avviene – come ha spiegato Tessa Rosebrock, ricercatrice del Kunstmuseum Basilea – il primo colpo di scena.

Nel 1945 alcuni soldati delle forze di occupazione francesi si imbattono nella cassa nascosta nella fattoria. La aprono e si trovano davanti a un quadro di artista tedesco, quello di cui stiamo parlando. La reazione è violenta, non si sa se per ignoranza o per spirito di vendetta: o perché non capiscono il quadro, o perché lo ritengono, assurdamente, un’“opera del nemico”, intenzionalmente lo danneggiano. A differenza dei Monuments Men dell’esercito Usa, i militi francesi spaccano la cornice, un colpo di pistola perfora la testa della ballerina seduta all’estrema sinistra della composizione, e una lama di baionetta viene piantata nel torso del ballerino nero, lacerando la tela.

Tutto questo, ovviamente, si è scoperto solo dopo che il quadro è stato rinvenuto. Le circostanze – come spesso avviene nella Confederazione Elvetica – non sono state del tutto rivelate. Quel che sappiamo è che nel 2024 un proprietario tedesco ha messo in vendita Tanz im Variété da Ketterer Kunst, notissima casa d’aste di Monaco. Dove il 7 giugno dello stesso anno è stato aggiudicato per l’impressionante cifra di 6.958.000 euro. Quasi 7 milioni, quando neanche una decina d’anni fa i Kirchner (anche importanti) nelle aste tedesche figuravano tra i 500 mila e il milione di euro. Se consideriamo che la base d’asta di Ketterer era di 2 milioni, si è trattato di un esito spettacolare.

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Chi è stato l’acquirente? È stata la Stiftung Im Obersteg, benemerita fondazione partner da anni del Kunstmuseum Basilea, al quale ha affidato l’opera che nel corso dello scorso anno è stata amorevolmente restaurata. È dalla restauratrice Magdalena Ritler che si è avuta conferma del foro di pallottola, del taglio di baionetta, del distacco di scaglie di colore e di tratti di superficie danneggiati dalle vicende belliche. Con un delicato lavoro questa meraviglia della Jazz Age in salsa berlinese è così finalmente giunta a noi. E il viaggio a Basilea può davvero valere la pena.

Questo non solo perché la città elvetica è oggi una delle più significative capitali dell’arte europea: basti pensare alla fiera internazionale Art Basel, alle due sedi del Kunstmuseum, alla Fondation Beyeler di Renzo Piano, al Museo Tinguely e, subito oltre frontiera, al Vitra Design Museum di Weil am Rhein. Ma perché al Kunstmuseum, oltre a un paio di splendidi Kirchner, possiamo ammirare meraviglie delle avanguardie novecentesche come Senecio e Villa R di Paul Klee, il Ritratto di Erich Lederer di Egon Schiele, due Picasso del periodo rosa, alcuni importanti Chagall, Marie di Modigliani, per non parlare di Gauguin, van Gogh, Cézanne, Bracque, Léger, Max Ernst – su su fino a Mark Rothko.

Non poteva esserci restituzione più meritata alla memoria di un artista di immenso talento, esule antinazista morto suicida per disperazione nel 1938 in terra straniera.

Davvero grazie, dunque: alle sorprese della Storia che un po’ consolano dai mali e dai torti; alla tenacia dei ricercatori e dei restauratori; alla generosità dei mecenati; alle politiche illuminate della città d’arte Basilea. E alla potenza di fuoco del capitalismo svizzero che – quando può e quando vuole – sa fare anche del Bene, con la maiuscola.

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