La nascita nell’epoca della sua riproducibilità tecnica

3 Marzo 2023

Con una nuova trama si ridisegnano oggi, tramite l’ingegneria genetica e le tecniche di riproduzione, fenomeni che erano già stati immaginati nel mito, illustra Rosella Prezzo in questo raffinato e illuminante saggio corredato di immagini frutto di una accurata ricerca iconografica. Sono antichissimi fantasmi di riproduzione senza presenza femminile, senza corpo di donna, sono arcaiche fantasie di potenza maschile che ritornano nel contemporaneo come realtà. 

È il filo che percorre il saggio di Prezzo, Trame di nascita. Tra miti, filosofie, immagini e racconti (Moretti & Vitali, 2023), la cui trama si ingarbuglia e si contorce intorno a quell’antico sogno maschile di fare a meno delle donne all’origine, dall’origine; di trasformare anche la riproduzione in produzione, togliendo alle donne anche «l’umile potere creatore». In nome di tale principio si moltiplicano, nell’immaginario greco arcaico, le bizzarre nascite di dei, dee, eroi (gli dei non muoiono, essendo immortali, però nascono): nasce Atena dalla testa di Zeus, Dioniso dalla sua coscia in prossimità del ginocchio, entrambi ritenuti zone di fertilità; Afrodite spunta direttamente, tra le onde marine, dai genitali di Cronos evirato da Urano, Adone viene estratto dalla corteccia di un albero di Mirra, Asclepio dal ventre di Coronis uccisa per gelosia da Apollo; Elena spunta da un uovo di Leda fecondata da Zeus trasformatosi in cigno. Orione nasce, come dice il nome una volta cambiata la u in o, dall’urina fecondante di ben tre dei che pisciano cameratescamente insieme su una pelle di toro (questa non la sapevo).

E la filosofia?

Se queste performance maschili la dicono lunga sulla marginalizzazione ed esclusione delle donne dalle scene di nascita degli immortali nella mitologia greca (nella mitologia cristiana invece Maria conduce una GPA, una Gestazione Per Altri), come ha proceduto la filosofia? A una analoga esclusione, guidata da un totale disinteresse nei confronti della nascita. A meno che non si tratti di nascite metaforiche, quelle delle idee. Ma anche in quel caso il parto delle idee risulta di competenza preminentemente maschile, mentre alle donne spetta partorire figli; non c'è evidentemente bisogno di aggiungere quali tra queste creature, se quelle dell'ingegno o quelle del corpo, siano più prestigiose, dal momento che le idee sono grandi, eterne e immortali, e i figli sono povere creature di carne, effimere e mortali.

Se la metafora della nascita delle idee presenta un senso che si perpetuerà in modi di dire giunti fino a noi, con il definire le proprie opere i propri «figli», la filosofia della nascita proprio non c’è, fino a tempi recenti, perché a dominare è quella filosofia della morte o tanatologia che tanto ha determinato la configurazione tradizionale del pensiero, trovando uno dei suoi campioni in Heidegger. Fino a che, a metà dello scorso secolo, con Hannah Arendt e María Zambrano il peso viene spostato dalla fine o morte, all'inizio o nascita, e al fatto che con ognuno di noi viene al mondo un inizio, sorge un’aurora. Anche Hans Saner e Peter Sloterdijk, alla fine del secolo, insistono sul momento del «venire al mondo», allorché ogni nascita è una chance per un nuovo «inizio del mondo».

Nelle cose filosofiche come nelle cose umane quel che conta è la nascita del nuovo; l'unico evento importante è l'ora della nascita, l'aurora del mondo, la mirabile presenza del nuovo essere che appare nella sua unicità e distinzione, a stregua di miracolo: «Di questo qualcuno che è unico si può fondatamente dire – afferma Arendt in Vita activa – che prima di lui non c'era nessuno».

Chi ripescherà dagli oscuri pozzi dell'oblio l'importanza del parto e la inobliabile presenza della madre?

L'inizio come nascita e l'oblio del parto

Il momento della nascita è stato concettualizzato dalla filosofia come il momento dell'inizio: del mondo, della storia, dello stato, della natura, della sapienza, della conoscenza, della scienza. Il tentativo della filosofia a questo proposito è stato quindi quello di pensare l'inizio attraverso l'immagine della nascita, inscenando un tipo di paradigma che suggerisce la centralità della figura fetale/filiale e la marginalità del contesto materno. Il che non stupisce, dal momento che la filosofia ha un cuore duro androcentrico, nel quale non c'è posto per le donne e tantomeno per le madri. 

La filosofia si è interessata alla nascita insistendo sul tema dell'inizio e delle origini . Ma la nascita non è il parto; la nascita è il venire al mondo del figlio nel momento in cui la madre lo partorisce. La scena originaria, l'unica scena originaria originale, è quella che rappresenta tale performance per la quale bisogna essere sempre, e di fatto si è, in due. Si muore soli ma non si nasce soli, no, ricorda Prezzo. 

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Sempre e comunque due persone sono presenti, una madre e un figlio/a che da lei si distacca e si divide, facendola tornare a essere l'in-dividuo che nei mesi seguenti al concepimento e precedenti al parto non era stata. Eppure di chi nasce si dice che è originale, sta all'origine, è autentico ed è nuovo. Buon per lui. E la puerpera? Di lei non si dice nulla: è lì sullo sfondo della scena della nascita, sfinita dalla mostruosa fatica, vuota, forse anche un po' depressa chi lo sa, perché c'è qualcuno che è più importante. Eppure la nascita è sempre e comunque un movimento a due, un paso doble, una endiadi. Nella nascita, evento unico, scena originale, si è in due, ciò che era uno diventa due, e uno dei due è sempre, necessariamente, inesorabilmente, una donna.

La nascita nell’epoca della sua riproducibilità tecnica

Come la mettiamo ora con la nascita nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, come la risignificheremo, come orienteremo il pensiero? Dobbiamo augurarci che la scienza riesca a realizzare l’ectogenesi o generazione al di fuori del corpo materno, in una macchina? Questo da una parte realizzerebbe i desideri di Shulamit Firestone o Donna Haraway di un superamento della condizione biologica della donna quale unico presupposto per la sua liberazione, ma realizzerebbe dall’altra l’esclusione delle donne dall’«umile potere della creazione». Io invece tale potere me lo terrei stretto senza smettere di lottare affinché questo non sia causa della svalutazione del femminile con la sua riduzione ai sentimenti, all’affettività, alla vita e alle sue scienze, alla relazione, al dono di sé e alla cura dell’altro. No, grazie, basta.

Prezzo presenta e discute molti aspetti del nostro mondo post e transumano nel quale, e come negarlo, «persiste l’arcaico»: l’aborto selettivo che discrimina i feti femminili; la riproduzione di un uomo trans da donna a uomo, che avendo mantenuto l’apparato sessuale femminile rimane incinto e partorisce ben tre figli (il caso di Thomas Beatie); la maternità surrogata facilitata nelle cliniche (non solo) ucraine, vedi l’Hotel Venezia di Kiev, dove la BioTexCon garantisce a prezzi concorrenziali ottimi neonati da asporto, nonostante il Corona e la guerra.

È davvero insindacabile – si chiede Prezzo – il diritto di scegliere la gravidanza surrogata o GPA, Gestazione Per Altri, vietata nella maggior parte dei paesi della UE? Può la soddisfazione dei propri desideri e l’esercizio della propria volontà giustificare il proprio agire? Trasformarlo, kantianamente, in massima per l’agire universale? 

Cora nella spirale

In fondo alcune ditte già propongono alle donne in carriera rimborsi per la crioconservazione degli ovociti affinché diventino madri più avanti e non vadano a rovinarsi la carriera con la maternità, ritenuta evidentemente incompatibile con il lavoro. Se avesse ricevuto una simile proposta forse la protagonista del romanzo dello scrittore francese Vincent Message Cora nella spirale (Seuil, Paris 2019, tr. it.di Nicolò Petruzzella e Riccardo Rinaldi, L’orma, Roma 2021), una giovane donna incarriera in una ditta di assicurazioni avrebbe forse ritardato la maternità. Il dover tenere insieme la cura della bambina, Manon, il rapporto con il marito e altri amici con il lavoro, che è, attenzione, un lavoro di grandi pretese, stressante, opprimente, invasivo della vita privata, porta Cora a un burn-out. La condizione di tensione, stress, malessere nelle quali vive la giovane donna la porteranno a recare danno involontario alla propria stessa creatura, normalmente concepita, gestata e partorita.

Cora dans la spirale è un romanzo notevole, un’opera di fiction che come tutte le grandi opere di letteratura suscita pensieri e riflessioni; in particolare lo fa evidenziando condizioni di lavoro – in Francia, si parla di Francia – che potrebbero giustificare le pretese dei francesi di andare in pensione in «giovane» età. E se il lavoro è tutto così, addio alla possibilità di conciliare figli e lavoro, tantomeno maternità e carriera.

Eppure, e qui concludo, il nostro presente schizofrenico richiede a chi lavora, a certe forme di lavoro, una disponibilità totale e incondizionata, prestazioni di alto livello, attenzione continua, donazione di tempo: che sono poi le stesse prestazioni che esige dalle madri in virtù della nuova ideologia con i suoi precetti (vedi l’articolo di Laura Pigozzi Modelli materni impossibili): madre oblativa presente 7/24, giorno e notte, notte soprattutto, notti senza riposo con la perenne disponibilità a offrire una ciucciatina a ogni piccolo gemito della creatura, perché è bene dormire con il bambino, possibilmente a fianco, anche sotto il bambino; sopra no, perché può avere effetti collaterali anche gravi. 

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