Luigi Ontani, "Montovolo", 1981

11 Maggio 2023
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Considerato nella sua totalità, dai primi esperimenti giovanili al presente, il lavoro artistico di Ontani è sicuramente un universo in espansione, impossibile da immaginare senza la presenza attiva del suo demiurgo. È lui a governare la proliferazione delle forme, con tutta la straordinaria varietà delle tecniche e delle occasioni, imprimendole la coerenza di uno sviluppo organico, in cui non è concesso nessuno spazio al caso, e nulla si aggiunge al già fatto come una semplice addizione. Al contrario, ogni nuovo elemento non solo aggiunge significato all’insieme, ma modifica a ritroso i precedenti, in un reticolo fittissimo di allusioni e citazioni.

Possiamo immaginare l’opera di Ontani come un corpo che cresce, moltiplicandosi e ramificandosi alla maniera di una barriera corallina senza mai perdere la memoria della sua identità, della sua pulsazione originaria. È un corpo, e nello stesso tempo è un regno, o forse sarebbe addirittura meglio parlare di un impero, data la sua inesauribile vocazione ad allargare i confini. Non a caso a un grande scrittore che visitava il suo studio romano, Goffredo Parise, venne in mente, cercando un’immagine capace di rendere conto della posizione di Ontani all’interno del suo mondo fantastico, la figura di un «sultano». Rimane da chiedersi se esiste un’immagine, una singola creazione che in questo regno/corpo possa fare la parte del centro, del cuore.

Ovviamente, si tratta di individuare un simbolo, tra tanti altri ugualmente dotati della forza centripeta dei simboli: come quando si sceglie, necessariamente forzando la mano, questa o quell’opera emblematica, o addirittura un suo dettaglio, per la copertina di un catalogo di una mostra o di una monografia dedicata a un artista. Ebbene Montovolo, la scultura in legno di ontano e foglia d’oro esposta nel 1981, possiede, rispetto all’opera di Ontani, le caratteristiche della sintesi suprema, e appunto dell’emblema. Paragonata a tutto il resto, può apparire un’espressione dimessa ed anche inconsueta nella sua rigorosa monocromia. Ma colpisce più di tutto, in un artista così poliedrico e metamorfico, la capacità di ottenere semplificazioni radicali come questa montagna sacra, perfettamente sferica e levigata – come l’uovo cosmogonico delle mitologie orfiche e gnostiche – alla base, dalla quale si slancia una raffigurazione realistica della montagna, con le sue pendici brulle e ripidissime.

Meno appariscente che altrove, il procedimento dell’ibridazione, fonte energetica primaria della creatività di Ontani, è evidente in questa scultura di piccole dimensioni che unisce in sé le prerogative della metafisica e quelle della mimesi, l’astratto e il concreto. E non è certo un caso che l’immagine corrisponda a un contenuto primario nel bagaglio di memorie personali dell’artista, letteralmente cresciuto all’ombra del Montovolo, che incombe con la sua mole verticale sul paese natale e sulla casa di famiglia di Vergato. In quelle terre appenniniche abitate dagli Etruschi, la forma sferica è tipica dei monumenti funerari dell’antica e fiorente città-stato di Kainua, e qualcosa di quelle misteriose uova di pietra riaffiora nella scultura di Ontani. Ma il suo Montovolo appartiene ugualmente all’al di qua, alla sfera del visibile, al nodo indissolubile che lega tra loro (come ha spiegato nei suoi splendidi saggi Cristina Campo) l’infanzia, il paesaggio e la favola.

È numinoso perché è reale, in fin dei conti, e l’oro che lo ricopre è veramente quello di cui andavano in cerca i vecchi alchimisti: il risultato di una proiezione felice sulla materia. In questa memorabile scultura, degna del paragone con Brancusi, la distinzione fra esteriore ed interiore è completamente annullata, ciò che era fuori è transitato all’interno, permane nella psiche come traccia e soprattutto come forma. Fino a diventare così intima da realizzare il prodigio supremo: che consiste nel fatto che anche noi, dei tutto estranei ai presupposti dell’opera, in qualche modo la riconosciamo come se si trattasse di un nostro ricordo, o ancora meglio di qualcosa che abbiamo già sognato.  

Nella foto un dettaglio dell'opera "Montovolo" di Luigi Ontani, 1981, Ph. Carlo Vannini.

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