L’umanità è una cicogna 

14 Marzo 2023

Karen Blixen in La mia Africa riporta una storia che le veniva raccontata da bambina: un uomo, che viveva vicino a uno stagno, una notte si svegliò a causa di un gran trambusto. Uscito nelle tenebre, si diresse allo stagno e iniziò a correre alla rinfusa, inciampando più volte. Solo quando trovò la falla nello stagno e riuscì a porvi rimedio tornò a dormire. Il mattino dopo, guardando dalla finestra, scoprì con stupore che le impronte del suo confuso vagare avevano tracciato sul terreno fangoso la forma di una cicogna.

Questa storiella è ben nota a Domenico Starnone, che nel suo L’umanità è un tirocinio (Einaudi, 2023) la evoca in almeno due occasioni: una volta esplicitamente e una volta – nella Dedica – implicitamente. È da questo riferimento che occorre partire per comprendere il significato sotteso a questo libro. Per tener fede alla metafora del disegno che si compone e si comprende solo a posteriori, mettendo insieme linee apparentemente sconnesse, si può affermare che L’umanità è un tirocinio è un ritratto dell’uomo in quanto scrittore e un ritratto dello scrittore in quanto lettore.

Il libro è la raccolta di ventisei testi, la maggior parte dei quali pubblicati come recensioni, prefazioni o interventi in altre sedi dal 1985 al 2015, che vengono da Starnone riproposti in un volume unico, seguendo non il più ovvio e scontato ordine cronologico, ma secondo una figura (ancora la metafora visiva che ritorna) nella quale potersi col senno del poi riconoscere. I testi sono dunque accostati secondo una logica segreta, che talvolta è ripercorribile dal lettore (L’italiano delle traduzioni dà l’abbrivio concettuale all’intervento su Lord Jim, che si apre con una riflessione sull’importanza della traduzione letteraria nella ricezione del testo), ma spesso è misteriosa, e proprio per questo affascinante. Un lungo testo su Meneghello segue un ricordo commosso su Ferito a morte di La Capria, e Tozzi si trova fianco a fianco con Samonà.

I ventisei testi non sono ordinati nemmeno secondo una disposizione tematica: riflessioni su un testo, o su un autore, sono accostate a considerazioni sulla scrittura, sulla traduzione, sul rapporto tra oralità e parola scritta. Si viene così a creare un’immagine di cicogna ravvisabile forse solo dall’autore, che ha provato a dare forma a un magma ingovernabile di scritti: il lettore può divertirsi a indovinare la sua immagine nell’architettura generale del libro, dando una forma differente all’insieme dei testi, tenuti assieme dalla vocazione alla lettura e solo in un secondo momento alla scrittura. Raccontando la sua vicenda come scrittore, infatti, Starnone informa di aver iniziato a scrivere da adolescente, ottenendo risultati non all’altezza delle sue aspettative, e di avere per questo abbandonato le sue aspirazioni fino ai quarant’anni, quando, con più umili ambizioni, ha deciso di diventare cronista della sua esperienza scolastica.

Alla scrittura è dunque approdato in un momento tardo della sua vita, ed è stato a lungo inibito dalla lettura e da una sorta di complesso di inferiorità rispetto ai libri altrui. Il rapporto tra lettura e scrittura si configura quindi come un rapporto estremamente complicato e mosso: la lettura sprona alla scrittura ma al contempo la impedisce. Il libro di Starnone dà conto di questa complessa vicenda, alternando pagine sui libri letti a riflessioni metaletterarie sull’atto della scrittura, a dimostrare come queste siano legate da un nodo assai difficile da sbrogliare.

Infatti, se l’umanità è un tirocinio, come si legge nel titolo del libro, questo tirocinio sembra potersi svolgere esclusivamente attraverso la lettura: solo nell’atto della lettura si diventa umani e solo attraverso la scrittura si può restituire l’umanità a sé stessa. Dunque, la complessa e intensa vicenda dello Starnone lettore non viene mai separata dall’altrettanto complessa e intensa vicenda dello Starnone scrittore. 

E a sua volta lo scrittore chiama in causa l’insegnante, ossia l’altro veicolo con cui restituire quell’umanità appresa dai libri; ma è anche una specola di osservazione privilegiata dalla società italiana. Il ritratto insanguinato. Racconto scolastico, ad esempio, è un testo dedicato alla lettura in classe dell’Ortis, e in fondo sembra essere estratto dai racconti di Ex cattedra. Attraverso la storia di come, nel corso dei decenni, il romanzo di Foscolo è stato interpretato dagli studenti, Starnone fornisce al lettore uno spaccato socio-culturale dell’Italia sui banchi di scuola dagli anni Sessanta agli anni Novanta. Proprio ripercorrendo questo sinusoidale rapporto dei ragazzi con l’Ortis, l’autore propone una delle riflessioni meta-letterarie più acute del libro: afferma infatti (per voce di un gruppo di studenti) che Jacopo detesti i libri perché questi impediscono l’originalità di pensiero.

Si tratta di un’affermazione fortemente in contraddizione con l’essenza stessa della raccolta, che si configura come un elogio dei libri e della lettura. Questa opposizione dialettica mette in prospettiva quanto affermato dagli altri testi, e ricorda al lettore che la lettura non è necessariamente e ontologicamente un valore positivo: lo è invece per Starnone, che si schiera senza dubbio a favore dei libri, che favoriscono, non inibiscono certo, l’originalità di pensiero, e dunque la scrittura. 

Una tesi che viene confermata da un altro testo fondamentale per comprendere la motivazione sottesa all’intero libro, Leggersi, in cui lo scrittore riconosce di essere riuscito a leggersi molto più nei (calviniani?) libri degli altri che nei propri, e di provare maggior piacere nel raccontare i libri letti, che non quelli scritti. Assume allora forma e senso questa operazione di rilettura dei libri altrui, che è alla base di questo libro e che soprattutto svela (o meglio vuole svelare) l’origine profonda della scrittura di Starnone.

Per come è strutturato, per la sua natura – per così dire – antologica, il libro si può leggere tutto di fila, come la storia complessiva di un lettore prima e di uno scrittore poi; oppure lo si può assumere al bisogno, all’occorrenza, andando a spiluccare il brano che riguarda l’autore a cui si è interessati; o più semplicemente ci si può lasciare guidare – ad apertura di pagina – nella scelta della prossima lettura. Perché L’umanità è un tirocinio ha una caratteristica (che lo differenzia, per esempio, dalle pasoliniane Descrizioni di descrizioni): è un libro propositivo. Il principio che guida la riflessione sui libri degli altri è sempre quello di consigliare qualche perla rara magari ignota, mai di stroncare o criticare: più che di vere e proprie recensioni o presentazioni si può parlare allora di veri e propri inviti alla lettura. Certo, questa simpatia nei confronti dei libri trattati può tradursi talvolta in una certa sentenziosità vagamente sentimentale, che si comprende però non essere mai fine a sé stessa, bensì sempre sorretta da un’autentica adesione alla materia trattata.

L’umanità è un tirocinio è dunque un bel libro su altri libri, è un libro che vuole dire qualcosa sulla lettura, sulla scrittura ma anche sulla vita, e su cosa significhi essere umani. Non è però un libro ingenuo né postmodernamente autoreferenziale: Starnone non dimentica mai, e ricorda costantemente al lettore, che c’è una differenza tra il racconto e la vita, e che esiste uno iato incolmabile tra il barthesiano effetto di realtà e la realtà. È un concetto che viene ribadito a più riprese, a partire dal secondo testo, che ha un titolo emblematico: Disonestà del racconto.

Secondo Starnone il racconto, la scrittura, e dunque la lettura hanno un valore solo quando hanno una pretesa di verità. È un’affermazione molto forte, che può non essere condivisibile, ma che viene portata avanti con coerenza per tutto il libro, in testi scritti anche a grande distanza cronologica tra loro. La letteratura (letta o scritta) ha un senso solo quando dice qualcosa della vita, quando permette di avanzare – anche di poco – nel tirocinio dell’umanità. È questo il disegno di cicogna che sembra emergere dall’apparentemente confusionario percorso tracciato da Starnone attraverso le pagine di L’umanità è un tirocinio.

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