New Wave

1 Novembre 2011

L’inizio non cade negli anni ottanta, ma qualche anno prima. Siamo attorno al 1977: il compito generazionale di attaccare alle fondamenta il rock, un edificio che si era fatto a tratti pomposo ed enfatico, lo aveva già assolto in modo fulminante il punk. Una grande tensione creativa segnava il periodo e la sensazione era quella di una continua rincorsa alla novità per riempire il vuoto. La New Wave (declinata al femminile, mentre IL punk è maschile…) è il desiderio durato non più di un lustro, di andare oltre, ricercando nel rock, per quanto possibile, suoni e immagini innovative. Sin dal nome (“nuova ondata”) si intuisce una contrapposizione con quella old wawe che si chiamava rock. Via le melodie cantabili e le narrazioni compiute del folk, via i binari compositivi costruiti sulle strutture del blues, via l’idea di un mondo musicale chiuso e autosufficiente che oramai da un decennio aveva stabilito i suoi miti e i suoi riti (divismo, groupie e folle da stadio).

 

 

 

Assieme a tutto questo volavano via anche le certezze dell’utopia giovanile. La New Wave (NW) nasce come opposizione a cliché e ripetizioni banali, e contiene per natura un’attitudine critica, talvolta iconoclasta, altre volte riflessiva e introspettiva. Talking Heads, Devo, Tuxedomoon, Bauhaus sono nomi con i quali facilmente identificare questa pluralità di posizioni, e dove è facile ritrovare a seconda dei casi sonorità elettroniche, cultura musicale europea, ritmi complessi, attitudine artistica. La musica pop stava subendo il trattamento di una forma d’arte evoluta, come raramente avvenuto prima, e veniva superato il modo tradizionale di pensare il rock, figlio diretto della controcultura underground anni sessanta, dove non riuscivano più ad affermarsi tensioni e mutamenti innovativi.

 

 

 

 

 

   

 

 

Ciò finì per produrre una divisione anche nel pubblico: chi continuava a seguire Rolling Stones, Neil Young, Genesis e Pink Floyd mostrava irritazione, incomprensione e distanza verso chi, contagiato dal morbo del punk, ne era uscito diverso da prima. La NW metteva in gioco le certezze acquisite e l’universo di simboli “giovanili” che molti giovani non sentivano più come propri. La NW non aveva però molta visibilità nei media e tranne che in poche metropoli internazionali era difficilmente reperibile. Andava rintracciata e scovata negli anfratti delle città italiane provinciali e di provincia, dove chi seguiva e inseguiva la NW tentava di indossare il vestito della diversità rispetto al circostante: a Sanremo, ai cantautori, ai cliché retro-movimentisti. In Italia la NW attecchì ai margini, producendo forme locali ibride come Gaznevada, Litfiba, CCCP e altri, incarnando nella musica anche una forma di fuga rispetto al cupo clima economico-politico e al terrorismo.

 

      

 

     

Riletta nel 2011 la NW è un oggetto carico di tensione e densità espressiva ineguagliate, ben più archeologico del punk che invece spesso ritroviamo oggi lavato, stirato e pronto all’uso, rivenduto sulle copertine dei magazine. Una NW talmente archeologica e misconosciuta da divenire nuovamente oggetto di culto per le nuove generazioni di ventenni che stentano anche a capire esattamente cosa fosse e in cosa si differenziasse dal resto. La ricercano nelle sonorità dei gruppi recenti che alla NW si ispirano, come Interpol, Franz Ferdinand, Killers e Drums, i cui risultati per creatività sono poco comparabili agli originali.

 

La NW assumeva caratteri molto aggressivi (Virgin Prunes), sincopati (Gang of Four), alienati (P.I.L.), talvolta cupi e funerei (Joy Division) comunque decisamente poco consolatori. Insomma non si trattava di musica di facile ascolto, da cantare sul prato con la chitarra. Anzi, proprio la chitarra, considerata lo strumento rock per eccellenza, venne messa sullo sfondo. Aboliti i virtuosismi alla Jimmy Page o alla Ritchie Blackmore, essa divenne strumento ritmico o d’ambiente, che si intersecava con le tastiere elettroniche (nuovo strumento principe), oppure svolgeva parti tipiche del funky. Il basso invece cambiò di statuto e assunse un ruolo determinante: spesso veniva suonato con il plettro, svolgendo il ruolo della chitarra. Quei riff di basso e la cupezza che si ritroveranno nei Nirvana (Come As You Are, 1991) provengono da qui. Più in generale si attenuava il ruolo degli strumenti singoli, con lo scopo di costruire un insieme interrelato. Qualcosa che può essere molto evidente ascoltando i primi album o guardando le performance live dei Talking Heads, nelle cui musiche e parole è condensata la visione della NW. Qui gli strumenti eseguono melodie dissonanti ed eseguono parti apparentemente sconnesse (grazie anche alle strategie del produttore Brian Eno) ma il risultato d'insieme forma un tutto armonico ed energetico.

 

 

 

La tensione e la severità ironica espresse dalla NW sono difficilmente ripetibili essendo il risultato di un particolare momento storico, di una generazione post-’68 che viveva il disagio di questo stesso disorientamento. Nei testi dei Talking Heads scritti da David Byrne risuona spesso, come scriveva Silvia Albertazzi nel 1996, la tensione dell’incapacità esistenziale del singolo (non più unito a una collettività) ad adattarsi alla vita quotidiana. “You may ask yourself, well, how did I get here?”, Once In A Lifetime (1981). Frammentazione e scissione del sé sono i sintomi di un comune sentimento paranoico e dell’incapacità di relazione. Con Ian Curtis dei Joy Division, David Byrne condivideva performance live contraddistinte da danze convulse, nevrotiche e scoordinate. Ma anche il canto nella NW è spesso volutamente non intonato e fuori tempo. Tutti esempi che ci parlano di “figure dello spostamento”, ovvero modi di rappresentazione dell’alienazione e difficoltà di abitare spazi e tempi predefiniti.

 

 

 

Il tema del disagio esistenziale e dell’incapacità di relazione vengono però sublimati attraverso un’attitudine all’apertura: la NW era un genere-ponte, che apriva di continuo al passato, al futuro, in genere all’altro da sé. Metteva in gioco un atteggiamento culturale curioso verso la sperimentazione e la novità tecnologica, e metteva in comunicazione con altri ambiti espressivi, dalle arti visive, alla grafica, al teatro, all’arte video, alla moda. Anche nella musica stessa ci si spingeva verso forme di commistione con altri generi e repertori (musica contemporanea, avanguardia, jazz, elettronica, world music, reggae, dub). Inoltre buona parte dei componenti di band come Wire, Lene Lovich, Richard Butler dei Psychedelic Furs, Marc Almond dei Soft Cell, Richard Kirk dei Cabaret Voltaire, avevano alle spalle un percorso fatto di scuole d’arte ed esperienze varie nel campo artistico, dalla pittura alla poesia. Per di più a differenza del rock la NW molto spesso era musica ballabile, se non addirittura pensata per il ballo, con club e discoteche ad hoc. Questo è stato un determinante elemento di rottura col passato che ha portato una nuova idea di corporeità musicale nella tradizione rock ed ha anche creato la possibilità di aprire verso una musica dance che fosse alternativa al soul afro-americano.

 

 

 

Oltre a proporre nuovi stili espressivi la NW ha promosso una diversa concezione della creazione e della divisione del lavoro autoriale. Determinante è stato il ruolo di alcune etichette, cioè piccole entità produttivo-creative tra management e art direction, spesso del tutto o in parte indipendenti dalle major discografiche, che hanno definito una linea sonora e artistica personale come non era accaduto in precedenza. È il caso di Factory, di Rough Trade, della prima Virgin, di Mute di Daniel Miller o di 4AD, la quale aveva addirittura realizzato un progetto “di etichetta” come This Mortal Coil. Anche il “produttore”, figura esterna di consulente artistico del suono, aggiungeva un altro tassello alla visione sistemica nella creazione di senso, tipica della NW: Steve Lillywhite produttore NW per eccellenza su tutti (U2, Big Country, Simple Minds, Ultravox, Siouxsie & The Banshees, Psychedelic Furs);  Martin Hannett per la capacità di costruire un suono (Factory) non ripetibile; e Brian Eno, produttore di Ultravox, Devo e Talking Heads. Eno era anche ex componente di quei Roxy Music che, per attitudine kitsch, decadente e trans-gender, sono assieme a Velvet Underground e David Bowie, le figure più influenti su tutta la NW. Forse perché incarnano un modello teatrale anti-macho, incline all’eclettismo, lontano dal mainstream, e portatore di una vocalità diversa, suadente e profonda, che dominerà nella NW, dai Japan ai Depeche Mode. 

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