Sogni di un pianeta disorientato

25 Gennaio 2023

Il disagio provato nel “confinamento” e nelle restrizioni a seguito della cosiddetta pandemia che ha segnato le nostre vite nei circa tre anni che abbiamo alle spalle non poteva risparmiare neppure il terreno della psiche. Di fronte a quest’evento traumatico e a questo mutato contesto esistenziale si direbbe che anche la nostra vita onirica abbia voluto rispondere ed esprimersi in modo inedito. E il terreno stesso dell’analisi, nel suo prendersi cura di ciò che l’inconscio stesso suggeriva o – a suo modo – gridava dal profondo, non poteva non risentire di quanto stava accadendo tutt’intorno. 

L’idea di ‘guardarsi intorno’, di raccogliere sogni di varia provenienza (personali, di pazienti, di amici, di colleghi, di pazienti di altri colleghi e di amici di amici), di confrontarli e di confrontarsi con essi al fine di creare “una rete di sognatori che costruisse un filo di senso in una situazione altamente traumatica e traumatizzante” si è così fatta strada in una psicoanalista e arte-terapeuta torinese di orientamento junghiano, Rosa Porasso, autrice del suggestivo volume della casa editrice Moretti e Vitali intitolato Il pianeta disorientato. Sogni in pandemia (Prefazione di Lella Ravasi Bellocchio, Bergamo 2022, p. 234), corredato di una copiosa serie di illustrazioni e arricchito dalla “Prefazione in forma di lettera” di Lella Ravasi Bellocchio. 

Ci si trova di fronte anche a un libro decisamente dotto, sorretto dalla convinzione che i sogni siano intrinsecamente curativi e che parlino dell’“anima del mondo” (James Hillmann) rivelandosi – secondo un’espressione di Carl Gustav Jung – “semi di luce diffusi nel caos”. Esso è arricchito da rapidi excursus storici riguardo ai vari temi affrontati e alle passate epidemie e da illuminanti rimandi extra-testuali: da Omero a Virgilio, da Eschilo a Tucidide, da Dante a Manzoni, da Kafka, Rilke e Broch a Whitman, Camus e Borges… per l’ambito storico e letterario; da Benjamin e Hannah Arendt a Lévinas e  Sloterdijk… per quello filosofico; da Bosch, Munch e Böcklin a Magritte, Picasso, Klee, oppure da Giacometti e Henry Moore a Joseph Beuys, Mark Rothko e Jeff Koons… per quello artistico; da Griaule a Van Gennepp… per quello etnologico-antropologico; da Bleuler, Freud e Jung a Resnik, Ferenczi, Hillmann… per quello psicoanalitico.

Come se arte, letteratura, filosofia, psicoanalisi, musica, filmografia e pensiero storico-sociologico dovessero concorrere a fronteggiare una fatica troppo ardua per esser retta da sola. L’arte in particolare, nel discorso di Rosa Porasso, sembra chiamata in modo del tutto particolare ad amplificare il linguaggio onirico di una (presunta) pandemia che non ha risparmiato neppure la psiche, a farlo espandere e fiorire, recando ulteriore bellezza.

L’autrice aveva a disposizione una grande messe di sogni e ha dovuto trasceglierne una sessantina, assemblandoli poi – dopo una Premessa teorica sulla “dimensione traumatica e il sogno” (cap. I) – attorno a una serie di nuclei tematici e distribuendoli all’interno delle restanti sezioni del volume, dedicate in senso cronologico ai “Prodromi” (L’irruzione del perturbante e il Confinamento, cap. II), agli “Inizi” (Il contagio e le paure del virus, cap. III), al “Durante” (Il pericolo come se si fosse in guerra, Distanza e distanziamento, Smart working e Dad, Maschere e mascherine, Affrontare la morte, La mancanza di funerali e l’elaborazione del lutto, cap. IV), alla “Prognosi” (Ci salverà la terra? Ci salverà la terra? Ci salveranno gli animali? Arrivano gli antenati, Rammemorare, cap. V), all’ “Uscita” (Mettiamo via tutto, Si può partire? Lutto e bellezza, Afrodite e il narrare, cap. VI) e all’“Epilogo” (Alimentare il fuoco, Chi sogna chi?). 

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Di che cosa parlano i sogni in pandemia recati dall’inconscio collettivo in questo scenario sociale inedito e presentati in questo libro complesso e accattivante? Nelle immagini oniriche disseminate nel volume, sfilano sotto i nostri occhi i principali grandi temi che ciascuno di noi, bene o male, ha dovuto veder evocati in questi più recenti anni tetri e orribili in cui ha finito per prevalere un pensiero collettivo che è parso dominato dalla “claustrofilia” (per usare un termine caro a Elvio Fachinelli), quasi incapace di discernere il vero dal falso e in cui hanno imperversato le fake news, rivelatesi letali specialmente per soggetti fragili: dal senso di solitudine forzata e di spaesamento all’affacciarsi del Male e alla sensazione di aver perduto la dimensione del mondo; dal sentirsi ‘pietrificati’ alla proiezione paranoica che nega la realtà e la sostituisce con il ‘nemico’; dalla guerra (emersa ad esempio sotto forma di una rinnovata Guernica) alla presenza della morte, non accompagnata da funerali e dalla dovuta pietas che permettesse l’elaborazione del lutto; dalla segregazione delle persone care all’umiliazione della ‘museruola’ e al venir meno della socializzazione e del senso della communitas…  

In un “presente malato” e in un mondo mutato per tutti e velato dall’ombra del lutto i sogni – come osserva Lella Ravasi Bellocchio nella Prefazione al volume - hanno finito per offrire “un grandissimo conforto”, poiché “il mondo dell’inconscio era l’unico che avesse un senso, parlava di un segreto e di un mistero, sommerso dalle tante inutili parole collettive, parole senza significato” e poiché “nel buio della notte le immagini portavano luce, parole e creatività, mistero che cura”. Dal canto suo, Rosa Porasso fa presente che i sogni raccontano, sì, di “incubi che procurano il panico”, ma al tempo stesso si rivelano come “un nutrimento per l’anima smarrita” e prefigurano la ricerca di una via d’uscita dal disagio vissuto da gran parte di quanti (pazienti o meno) li hanno messi a disposizione. Non a caso in larga parte dei sogni presentati fa capolino la ricerca di “modi nuovi di stare al mondo”, di un “recupero di familiarità con i trapassati” e dell’incontro con figure genitoriali soccorrevoli, di una “rigenerazione” (ben espressa – in un sogno – nel simbolismo della terra e dei suoi alberi da curare). 

Spontaneo, quasi inevitabile, diviene di conseguenza – in un mondo sospeso tra la vita e la morte – il rimando al tema della salvezza e del risveglio (con tanto di evocazione di passi del filosofo Walter Benjamin): chi salverà l’umanità? sarà la terra stessa? oppure saranno magari gli alberi, l’acqua, gli animali, o addirittura gli antenati? Sotto questo profilo, il linguaggio dei sogni si direbbe fatto di “insights che portano al risveglio” e aprono alla dimensione della bellezza, cui dovrebbe restare – secondo l’autrice – l’ultima parola. In tal senso questo libro che guarda in faccia al “pianeta disorientato” assumendo “l’andamento di una discesa agli inferi e di una risalita” può rivelarsi un piccolo mosaico di stimoli per tutti coloro che hanno bisogno (per riprendere le parole della prefatrice) di “vedere con altri occhi rispetto alla stupidità che ci circonda di insensatezza”. In tantissimi casi, non a caso, i sogni stessi paiono invitare il sognatore a dirsi (con un atteggiamento di estrema resilienza), come Rossella O’Hara nel film Via col vento: “Domani è un altro giorno!”.

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