Una casa per Giosetta Fioroni e Goffredo Parise
A Trastevere, al civico 66 di via San Francesco di Sales, tra gli affreschi di Raffaello di Villa Farnesina e gli orti di Sallustio, tra la Casa Internazionale delle Donne e il carcere di Regina Coeli, esiste un luogo magico.
È la neonata Fondazione Goffredo Parise e Giosetta Fioroni.
La Fondazione ha trovato naturale sede in quello che è stato per oltre trent’anni lo studio di Giosetta. Un grande spazio, un’ampia sala di posa illuminata da piccole finestre orizzontali che corrono lungo le pareti (lo studio, infatti, era stato in precedenza il laboratorio di un fotografo, Giuseppe Schiavinotto) e altri ambienti, come il salottino dove Giosetta riceveva, o il vero e proprio archivio, ricavato al piano superiore e comunicante con una grande terrazza e con un bellissimo giardino pensile.
Dalla fine degli anni ’90 fino all’anno scorso, mi sono recato in quello studio in vari momenti.
All’inizio spinto dall’amore per i testi di Parise e poi, con il passare del tempo, dall’amicizia con Giosetta Fioroni.
Ricordo ancora quando, su suggerimento di Emilio Mazzoli (che mi aveva regalato i Sillabari, sottolineando la sua grande amicizia con Goffredo) scrissi la prima lettera a Giosetta per avere informazioni sull’Archivio Parise, in via delle Zoccolette 11 e mi rispose con la prima di quelle sue meravigliose lettere scritte a mano, piene di cuori e di parole disegnate (ne conservo almeno una trentina, una più sorprendente dell’altra).
Oggi, 21 marzo 2025, primo giorno di Primavera, quando finalmente arrivo, ad accogliermi trovo Giulia Lotti e Maria Bonmasser, rispettivamente Direttrice della Fondazione e Responsabile dell’ufficio stampa, che accompagnano i visitatori nella visita alla Fondazione Goffredo Parise e Giosetta Fioroni.
Rientrare nello studio è molto emozionante.
Rispetto a come lo ricordavo, varie cose sono cambiate: per esempio, all’ingresso non ci sono più le rastrelliere con le tele e al loro posto, lungo le pareti, ci sono varie fotografie grandi e piccole di tanti amici e amiche di Giosetta e Goffredo: Raffaele La Capria, Cesare Garboli, Cy Twombly, Andrea Zanzotto, Guido Ceronetti, Giorgio Manganelli, Alberto Arbasino, Nanni Balestrini, Cesare Garboli, Nadia Fusini, Emanuele Trevi, Erri De Luca, Sandra Petrignani, Silvio Perrella, Marco Belpoliti, Andrea Cortellessa, Elisabetta Rasy e tantissimi altri…
Una volta attraversata questa sorta di galleria dei ricordi, si apre la grande sala dove, di solito, Giosetta dipingeva e riceveva gli ospiti: talvolta giovani studiosi e studiose di Goffredo Parise, altri giovani artisti, pittori, scultori, registi o attrici di cinema o teatro.
Improvvisamente sento l’odore di incenso e sandalo, che impregna l’aria dello studio e di casa di Giosetta.
Anche in questa zona noto alcuni piccoli cambiamenti.
Sulla sinistra, al posto dei quadri di Giosetta, ci sono vecchie fotografie di Goffredo durante il suo primo viaggio negli Stati Uniti, negli anni ‘50. Un lungo pellegrinare tra New York e Los Angeles, attraversando l'America, alla ricerca di set cinematografici per conto di Dino De Laurentiis che voleva produrre un film scritto da Parise ma che poi non si fece mai.
In quegli anni d’oro per il cinema italiano, infatti, Goffredo si divideva tra il lavoro di romanziere, di giornalista per il Corriere della Sera e il lavoro di sceneggiatore.
Dopo il grande successo di Il prete bello, Parise smise addirittura di scrivere romanzi (o, se non altro, di pubblicarli), e si dedicò quasi esclusivamente alla sceneggiatura per il cinema: Il carro armato dell’8 settembre, La cuccagna, Agostino, Senilità, Boccaccio ’70, Renzo e Luciana, Le tentazioni del dottor Antonio, Il lavoro, La riffa, L’ape regina, La donna è una cosa meravigliosa, Una donna dolce dolce, La balena bianca, Oggi, domani, dopodomani, L’ora di punta, La moglie bionda, L’assoluto naturale. Diciassette film in meno di cinque anni.
Osservo rapito questi scatti affascinanti dove Goffredo posa per il fotografo, mettendo in scena buffi travestimenti o macabri incidenti. In realtà, sia Goffredo che Giosetta hanno sempre avuto il gusto del travestimento!

Ciò che, invece, non è cambiato è il sentimento di questo luogo, la vitalità, la vivacità che trasmette.
Infatti, mentre guardo le fotografie, dall’altra parte intravedo altre persone che stanno visitando la Fondazione.
Riconosco il nipote di Remi (me lo ricordavo ragazzino e ormai è un uomo adulto), l’amica che dalla scomparsa di Goffredo nel 1986 è stata vicina a Giosetta. Una presenza importante nella sua vita.
Quando andavo a trovarla, Giosetta, prima di andare in studio, organizzava una passeggiata al Gianicolo insieme a Remi e a Biri (cane tanto amato da Giosetta, dopo la scomparsa del famoso Petote).
Osservavo Giosetta mentre io e Remi giocavamo con Biri. A volte Giosetta si fermava e raccoglieva una piuma, o una pigna, o altri oggetti distrattamente abbandonati in un prato; oggetti che poi ritrovavi in un quadro, in un collage, in un teatrino. La osservavo e ritrovavo in lei quella leggerezza che aveva così ben descritto Goffredo Parise molti anni prima:
Giosetta Fioroni è una persona che cammina in modo molto leggero: certe volte, non vista, quando ha un po’ fretta, saltella come una scolaretta che vuole riprendere il tempo perduto per leggerezza. Questi saltelli e certe scrollatine di capelli con le dita non recuperano il tempo perduto, né per andare a scuola né per vivere, recuperano però completamente il tempo dell'ispirazione e del suo sentimento, così indispensabile, oggi, in arte figurativa. Non vista, Giosetta Fioroni può improvvisamente fermarsi davanti a una vetrina di giocattoli e perdere molto tempo guardando i giocattoli: i giocattoli che lei guarda a lungo, non vista, sono cose minime, certe volte quasi inesistenti, un poco incomprensibili e un pochino assurde: sono minuscoli oggetti di casa, seggioline, un piccolo comò, una microscopica salle de bain. Altre volte Giosetta Fioroni, non vista (ma noi siamo qui per guardarla quando lei non ci vede) raccoglie per terra un oggettino, oppure qualche foglia da una siepe, o delle erbe, o se in mezzo a un prato, cerca il quadrifoglio o una penna gialla di improbabile usignolo passato un giorno di lì. Giosetta Fioroni cammina in modo molto leggero come camminavano le ragazze degli anni Cinquanta quando andavano a scuola o a un ballo pomeridiano in casa di amiche. Certe volte ride in modo leggerissimo e si copre la bocca con la mano, chissà perché.

A seconda delle stagioni, Giosetta mi accoglieva con una caraffa di tamarindo o con del tè al gelsomino. Poi era solita sdraiarsi su una sedia di vimini vicino al telefono tra il ritratto di Goffredo di Mario Schifano e il grande quadro argento Paesaggio Picasso del 1965.
Oppure in terrazza, la ricordo ricevere ospiti, seduta dietro al tavolino di ferro battuto, tra le grida dei gabbiani e quelle dei carcerati di Regina Coeli che, durante l’ora d’aria, giocavano a pallone.
“La Fondazione è stata creata per volontà di Giosetta Fioroni e ha preso le prime mosse nel 2017, per arrivare oggi al suo compimento.” – spiega Giulia Lotti – “Giosetta ha voluto tutelare la personalità intellettuale e artistica del suo compagno di vita, Goffredo Parise, e allo stesso tempo unire i loro percorsi lavorativi in un sodalizio virtuoso all’insegna dell’organicità e della valorizzazione”.
Giosetta aveva intelligentemente preparato il terreno. Erano anni che curava il proprio archivio, fin dai tempi della pubblicazione della monografia pubblicata da Skira nel 2009 e curata da Germano Celant.
“La Fondazione è formata da un Consiglio di Amministrazione di cui la Presidente Onoraria è Giosetta Fioroni stessa” – specifica Maria Bonmasser – “il Presidente Davide Servadei, il Vicepresidente Francesco Adornato sono affiancati da alcuni Consiglieri: Giovanni Barbanti Brodano, Scipione de Leonardis, Francesco Silvestrini, Gabriele Strada”.

Mentre parliamo, all’improvviso, da fuori giungono delle voci concitate che si mescolano alle grida dei gabbiani. Ci avviciniamo al teatrino dedicato al romanzo di Parise Il ragazzo morto e le comete.
Giosetta è sempre stata una grande appassionata di spettacoli teatrali e di marionette. Del resto, sua madre Francesca Barbanti Brodano, era marionettista e, soprattutto, nella sua formazione accademica ha avuto un ruolo fondamentale Toti Scialoja che insegnava proprio scenografia all’Accademia d’arte di Roma.
Il tavolo, dove di solito Giosetta rispondeva alle lettere o disegnava, non c’è più. Al suo posto ci sono altre fotografie e poster di vecchie mostre e la locandina del convegno dedicato a Goffredo del 2007.
Ricordo ancora quel convegno a Venezia, all’Ateneo Veneto: Giosetta aveva raccolto tutti i vecchi amici e amiche di Goffredo per ricordarne la memoria e l’opera: Raffaele La Capria, Nadia Fusini, Silvio Perrella, Elisabetta Rasy, Nadia Fusini, Erri De Luca, Daniele Del Giudice e tanti altri e altre.
Giosetta aveva un talento spiccato per l’accoglienza: mi ha accolto, ci ha accolto tutti e tutte, perché è abituata a ricevere persone giovani a cui ha permesso di scoprire e immaginare un mondo fatto di quadri, mostre, travestimenti, letture, amicizie. Un mondo incantato e fiabesco.
Ricordo la prima volta che sono entrato nella stanza che fu lo studio di Goffredo: i suoi ritratti, i suoi libri, tradotti in tutte le lingue del mondo, gli occhiali appoggiati in una vetrinetta vicini alla macchina da scrivere.
Però, che vita! Che vite le vostre, attraverso tutto il Novecento, la guerra, il boom economico, il cinema, la Roma degli anni ‘60 di Fellini e Pasolini, Piazza del Popolo, come in quella famosa foto di Ugo Mulas, in cui Giosetta è seduta tra Achille Perilli e Gastone Novelli e alle loro spalle Mimmo Rotella accende una sigaretta.

Mentre parliamo, ci spostiamo nella grande sala centrale, dove ricordo di avere visto vent’anni fa il ritratto di Marilyn Manson, un grande quadro di tre metri per tre.
Ero seduto su un divanetto di vimini e Remi e Giosetta hanno svelato l’opera: i colori sgargianti, rosso, giallo, la deformazione della bocca, lo sguardo coperto di stelle d’argento di Marilyn Manson. Rimasi quasi sconvolto dalla potenza, dall’energia che si sprigionava dalla tela.
“La Fondazione sarà aperta a studiosi, istituzioni e collezionisti e si occuperà, detenendo la legittimità, di portare avanti la procedura per l’archiviazione e autenticazione delle opere dell’artista allo scopo di realizzare il Catalogo generale delle opere di Giosetta Fioroni” – specifica la direttrice.
Nel frattempo, arrivano altri visitatori, li vedo mentre scattano fotografie e prendono appunti, in piedi davanti ai famosi Paesaggi d’argento di Giosetta.
“Qui prevediamo di organizzare alcuni eventi, iniziative culturali di rilievo” – spiega Maria Bonmasser – “prevediamo alcune giornate dedicate alla lettura di testi di Goffredo Parise, visite guidate all’archivio d’artista, proiezione di film realizzati da Giosetta Fioroni e talk su temi eterogenei riguardanti in particolare l’arte e la letteratura, non solo del Novecento”.
Ci avviamo verso l’uscita. Ringrazio, emozionato perché mi sembra ancora di vedere Giosetta che attende gli ospiti seduta sul divanetto di vimini, un po’ come una diva, un po’ come una regina, in attesa di venditori di velluti o cappelli di feltro.
Arrivano altri visitatori e visitatrici, francesi se ne ho afferrato bene i nomi, quando ci presentano.

“La Fondazione si propone di erogare borse di studio e premi legati all’approfondimento della conoscenza dell’opera dei due artisti,” – afferma Giulia Lotti, mentre ormai siamo sulla porta – “di collaborare a progetti condivisi con giovani artisti, stipulare collaborazioni con Istituti di ricerca come scuole di specializzazione e Università, nonché di promuovere mostre e convegni legati al lavoro dei due autori”.
Saluto e percorro la via verso il Tevere. Un gruppo di ragazzi e ragazze passa schiamazzando dietro l’insegnante. Arrivano alcuni clienti di un meccanico che sta aggiustando un’auto. La vita scorre tra botteghe, studi d’artisti, turisti, furgoni blindati della polizia penitenziaria.
Inseguo un gabbiano che sta bevendo a una fontanella all’angolo della via. Quando mi avvicino vola via e si dirige verso il colle del Gianicolo. Sento un colpo di cannone. È mezzogiorno. Mi volto un’ultima volta.
In cima alla salita mi sembra per un attimo di vedere Giosetta, Remi e Biri uscire dallo studio e salire in macchina e automaticamente alzo il braccio per salutare.
FONDAZIONE GOFFREDO PARISE E GIOSETTA FIORONI
Sede operativa: studio dell’artista Giosetta Fioroni – via San Francesco di Sales 66, Roma
Aperto su appuntamento
Informazioni: www.fondazionegiosettafioroni.it | info@fondazionegiosettafioroni.it
Tel: +39 06 683 3623
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In copertina, Nello studio, la Stanza delle Acque, ph Guy Bouvhet, courtesy Fondazione Goffredo Parise e Giosetta Fioron.
