Vermeer, solo Vermeer al Rijksmuseum

7 Marzo 2023

Le giornate sembrano già più lunghe al nord. Sono quasi le sei e il sole accarezza ancora la facciata del Rijksmuseum di Amsterdam, che si tinge di un rosa intenso e annuncia: VERMEER. Solo Vermeer. Ventotto opere del pittore di Delft sono riunite qui per la prima volta. Dieci sale a lui dedicate, non c’è che lui. Nessuna altra opera accompagna il visitatore. Solo il Rijksmuseum, custode dei massimi capolavori del Secolo d’Oro olandese, poteva permettersi una scelta così radicale, quasi a dirci: inutile affiancargli altri quadri, nessuno gli somiglia. 

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La facciata del Rijksmuseum, su Museumplein (foto dell’autore, 7 febbraio 2023).

“‘Più vicini a Vermeer’, questo il nostro motto”, scrive nel catalogo Taco Dibbits, direttore del museo. Curata da Pieter Roelofs e Gregor J.M. Weber, la mostra dedicata a Vermeer (10 febbraio-4 giugno 2023), realizza un sogno coltivato da decenni e sarà un evento irripetibile. Decisivo l’accordo siglato anni fa con la Frick Collection di New York che, con le sue tre opere del maestro, ha contribuito a formare un primo importante nucleo di partenza: quattro sono i dipinti già nella collezione del Rijksmuseum, e tre in quella del Mauritshuis dell’Aia, e così siamo a dieci. Sono poi seguiti prestiti da tutto il mondo, Germania, Francia, Irlanda, Giappone, Inghilterra, oltre alle opere da collezioni private. Ventotto dipinti dei circa 37 ad oggi attribuiti.

Ma il sogno non finisce qui. La ricerca tecnica e scientifica, che si avvale di tecnologie avanzatissime, ha per ora coinvolto undici opere. Altre tele del maestro rimarranno ad Amsterdam anche dopo la fine della mostra per essere studiate dai ricercatori. Le nuove indagini proseguiranno per altri due o tre anni, per sfociare in una pubblicazione scientifica ed un convegno. 

La mostra è tematica, con un occhio attento all’ordine cronologico. I temi sono quelli cari al pittore, Scoprire la cittàRiflessioni su vanità e fedeVisioni del mondoLettere dal mondo esternoIl fascino della musicaVisioni interiori, Guardando fuori. Tra allegorie, oggetti che ritornano, silenzi, o improvvisi sguardi a noi rivolti, esploriamo il magico mondo dell’artista. Pannelli dettagliati raccontano i risultati delle ricerche, e rivelano i pentimenti del pittore facendoci entrare nella sua mente. Alcune opere hanno una sala dedicata.

Il cielo di Delft

La persona di Johannes Vermeer (1632-1675) rimane un mistero. Non abbiamo un volto certo, un diario. Nemmeno una lettera, anche se ne dipinse molte. Documenti, registri o voci di altri artisti sono le nostre uniche fonti. Cresciuto in mezzo ai quadri – il padre era iscritto come ‘Constverkoper’ (maestro commerciante d’arte) nella Gilda di San Luca di Delft, la fraternita di artisti e artigiani – a ventun anni sposò una donna cattolica, Catharina Bolnes, che partorirà quindici figli, undici sopravvissuti all’infanzia. Non sappiamo se o quando si convertì al cattolicesimo, ma si conoscono i nomi di battesimo di dieci bambini, allevati nella fede cattolica, tra questi Ignazio (dal nome del fondatore dei Gesuiti, Ignazio di Loyola). Accanto alla loro casa in Oude Langendijk c’era una missione gesuita, con una chiesa capace di ospitare 700 fedeli. Pittore ma anche mercante di quadri, si iscrisse alla Gilda di San Luca nel 1653. 

Di tanto in tanto lasciò la città natale per andare ad Amsterdam, all’Aia o a Gouda, per la sua educazione artistica. Non sembra sia stato in Italia, come molti contemporanei. Il suo mondo rimase Delft, dove morì a soli 43 anni.

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Johannes Vermeer, Veduta di Delft, olio su tela. 1660-1661, L’Aia, Mauritshuis.

È proprio la magica Veduta di Delft tanto amata da Proust che ci accoglie all’ingresso della mostra, accanto a La stradina, la fiabesca visione con la donna che cuce. Per quanto ne sappiamo, Vermeer dipinse solo tre quadri della città, e del mondo esterno in generale, i due giunti a noi sono qui esposti fianco a fianco. Nessuna enfasi sui monumenti più importanti, il maestro ci consegna Delft con occhio innovatore. Non c’è un ampio panorama visto da grandi distanze, come nei suoi contemporanei e predecessori, con chiese che spiccano in lontananza – no. Il suo ‘ritratto’ alla città è da sud-est, un angolo che non mostra le devastazioni della catastrofica esplosione della polveriera del 1654 – che vide Carel Fabritius tra le vittime. La datazione è prudente (1660-1661), ma gli studiosi azzardano delle ipotesi: il campanile della Nieuwe Kerk non sfoggia le sue campane, che furono in effetti rimosse nella primavera del 1660. Ecco, quel vuoto è l’indizio prezioso, una data: poco dopo quell’evento.

Nella veduta della città, il nostro occhio corre lontano tra gli effetti della luce e del buio, in aperto contrasto con un cielo bianco di nuvole che si addensano scure e minacciose verso di noi. È un cielo reale? Sembra di sì: “secondo il meteorologo olandese Peter Kuipers Munneke, è del tutto possibile trovare cumuli di nuvole come questi nei Paesi Bassi. Si sviluppano spesso in estate, con un leggero vento da ovest, per poi formare le cosiddette ‘vie nuvolose’ (‘cloud streets’), che ricordano le nuvole allineate del dipinto” racconta Roelofsnel saggio dedicato. Con l’eccezione di alcuni paesaggi di Jacob van Ruisdael e Philip de Koninck, cieli così non si vedono nella pittura olandese del diciassettesimo secolo. 

Il mondo interiore, la prospettiva

Vermeer si appropriò mano a mano dell’arte della prospettiva, il suo modello fu Pieter de Hooch, che dipinse scene di interni dal 1654 fino al 1660-1661 (quando lasciò Delft per trasferirsi ad Amsterdam). Ma la sua audacia lo differenzia ben presto dagli altri: sperimentò sin dall’inizio nuove soluzioni per creare uno spazio pittorico inimitabile, ingrandendo spesso in modo decisivo gli oggetti in primo piano.

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Johannes Vermeer, Ragazza che legge una lettera davanti alla finestra, olio su tela, c. 1657-1658, Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister.

Uno dei primi esempi di questa maestria è Ragazza che legge una lettera alla finestra (1657-1658). Ci pare di toccare la tenda con mano. Un angolo di un interno si apre improvvisamente davanti a noi, che assistiamo a un evento intimo, la lettura di una lettera d’amore, come ci dice il Cupido da poco riportato alla luce dopo secoli – altri lo avevano sovradipinto. Il tempo è sospeso. Arco nella mano, Cupido ci guarda, sotto il suo piede due maschere, che erano ritenute segni di inganno. Un avvertimento per la lettrice: l’amore deve essere senza falsità.

Lo spazio è poco, ma Vermeer costruisce una successione di piani pittorici degradanti.  La finestra aperta aggiunge profondità alla scena, una tenda rossa lì appoggiata si riflette sul viso della ragazza. Qui Vermeer usa per la prima volta alcuni puntini di pigmento per rendere la luce: i capelli biondi a boccoli non sono resi a pennellate, ma con puntini chiari.

Dipingere la luce, La lattaia

Il maestro di Delft dipinse la luce e i suoi effetti con “la precisione di nessun altro pittore del suo tempo”, scrive Gregor J.M. Weber in uno dei suoi saggi per il catalogo. Questo aspetto comporta non solo l’osservazione dei riflessi della luce sugli oggetti, ma anche “una conoscenza dei colori prodotti dalla luce – caldo e freddo, chiaro e scuro”. 

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Camera obscura, in Oculus Artificiali Teledioptricus di Johann Zahn, Norimberga 1702, p. 178, Biblioteca dell’Università di Utrecht.

Dunque Vermeer conosceva molto bene le regole della luce e dell’ottica, e si ritiene che sperimentò la camera obscura del suo tempo, di cui abbiamo una immagine in un volume del 1702, Oculus Artificiali Teledioptricus di Johann Zahn. Purtroppo nessun esemplare dell’epoca è giunto a noi, e non è possibile studiare con precisione gli effetti sul pittore di questo strumento ottico. Nella sua nuova biografia, Johannes Vermeer: Faith, Light and Reflection, Weber sostiene che questi interessi del maestro di Delft furono favoriti dai contatti con i gesuiti che abitavano accanto. “La luce e l’ottica erano infatti uno dei principali obiettivi della letteratura devozionale gesuita: l’ordine considerava la camera oscura come uno strumento per l’osservazione della luce divina".

In Vermeer, osserva Weber, si distinguono caratteristiche molto speciali. I suoi oggetti possono presentare contorni del tutto definiti, oppure sfumati, a seconda dello spazio in cui vengono dipinti. In alcuni casi le superfici si materializzano in modo “granulare” o con “effetti puntiformi o punti disposti come un mosaico”. Questi effetti “fotografici” paiono ispirati dalla camera obscura.

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 Johannes Vermeer, La lattaia, e dettaglio, olio su tela, c. 1658-1659, Rijksmuseum, Amsterdam.

La lattaia (1658-1659), che “nel silenzio dipinto” ha ispirato Wislawa Szymborska, ne è un bellissimo esempio. È impressionante vedere come i chiodi e i buchi sul muro chiaro dietro alla donna intenta nel suo lavoro siano dipinti perfettamente a fuoco, mentre, in primo piano, abbiamo delle forme di pane (vedi dettaglio sopra a destra) che “si dissolvono in puntini”.

Valori di puro colore-luce, che Vermeer svilupperà in altri percorsi, fino ad arrivare a disperdere le ombre e le luci senza troppo badare ai contorni.

È questo il caso di Donna in azzurro che legge una lettera (1662-1664), un quadro straordinario amato da Van Gogh, il primo Vermeer a entrare nellacollezione del Rijksmuseum, sin dal 1885, anno di apertura (e proveniente dal Museo Van der Hoop). In una lettera del 1888, da Arles, lo descriveva all’amico Émile Bernard, chiedendogli “lo conosci?”. Già da ragazzo Vincent aveva letto i due volumi dei Musées de la Hollande (1858-1860), in cui lo storico dell’arte francese Théophile Thoré (che si firmava con lo pseudonimo W. Bürger) di fatto proponeva il primo catalogo ragionato dell’opera di Vermeer, anzi di “Van derMeer”, attirando l’attenzione di tutti sul pittore caduto nell’oblio. Thoré lo aveva battezzato le sphinx, la sfinge, “l’incomparable sphinx” nelle parole di Van Gogh.  

Nella Donna in azzurro che legge una lettera le gradazioni di colore si fondono tra loro, lo spettatore non percepisce pennellate, ma solo passaggi di luci – morbide stesure di colore, tutto è soffice. Il quadro ruota intorno alle gradazioni del blu oltremare più prezioso, l’artista ha osato tracce di blu sulla parete, e persino sulle braccia nude. La luce va dritta sulla lettera e accompagna il nostro sguardo. I dettagli del volto della donna, imperturbabile questa volta, ci giungono perfetti nell’insieme, ma non ci sono: l’arco del sopracciglio è una semplice ombra, il profilo è sfumato. Siamo lì con questa donna che legge. Il suo silenzio è il nostro. Non sono previste audioguide.

I piccoli ritratti

Nella sala dedicata ai piccoli ritratti (o ‘tronie’, volti caratteristici, di piccole dimensioni), la Ragazza con l’orecchino di perla ha il posto d’onore. Ci guarda dal fondo della sala, col suo turbante più azzurro che mai nella grande cornice dorata. Riluce la sua famosissima perla, una sola pennellata. Il suo volto spicca dallo sfondo scuro e uniforme. Anche questa volta non c’è una definizione, le linee, i dettagli, tutto è sfumato. Secondo Daniel Arasse, che ha dedicato un magnifico studio a L’ambizione di Vermeer (Einaudi 2006, L’ambition de Vermeer, 1993), “questi passaggi sottilmente condotti tra la figura e lo sfondo, la fusione prodotta da un’ombra indistinta tra la figura nel suo limite e la superficie in cui è inscritta, costituiscono una versione personale della sfumatura dei contorni, di quello sfumato di cui Leonardo aveva fissato i principi” (p. 99).

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Johannes Vermeer, Ragazza con l’orecchino di perla, olio su tela, c. 1664-1667, Mauritshuis, L’Aia.

Una curiosità: l’enorme orecchino ‘di perla’ – che Vermeer ha dipinto anche in Fantesca che porge una lettera alla signora, in mostra – era in realtà un gioiello in vetro, molto in voga all’epoca. Una perla di queste dimensioni avrebbe avuto un prezzo astronomico, sicuramene non alla portata del pittore, documenta Roelofs. È singolare anche come le donne di Vermeer non portino braccialetti o anelli, ma sempre collane di perle, oppure orecchini, in circa la metà dei suoi dipinti. Ma di chi sono questi volti?

Nel 1908 lo scrittore belga Gustave Vanzype fu il primo a suggerire che le modelle per la Ragazza con l’orecchino di perla e la Ragazza col velo fossero le figlie di Vermeer. Ma la prima figlia, Maria, nacque nel 1654-1655 – perciò tra il 1664 e il 1667 quando il padre dipinse questi piccoli ritratti, o tronie, avrebbe avuto dieci o dodici anni. 

Una ragazza dai tratti androgini, anch’essa molto discussa nella letteratura come possibile figlia, ci aspetta sull’altra parete della stessa sala.

È la Ragazza con il cappello rosso, l’unico esempio di dipinto su pannello nell’opera di Vermeer. Accanto, c’è Fanciulla con flauto, la piccola tela che le fa da pendant, sulla quale il dibattito è aperto da tempo. Secondo il curatore, Pieter Roelofs, non vi sono dubbi, la ragazza con flauto è opera del maestro – e qui è presentata come tale. Ma la National Gallery of Art di Washington DC (che conserva la tela), ha da poco annunciato che trattasi di opera della “cerchia di Vermeer”.  La questione è davvero interessante perché rimette in gioco l’idea a lungo accettata che Vermeer fosse un artista solitario. Al contrario, suggeriscono dal museo americano, il maestro potrebbe aver avuto una cerchia di allievi, uno suo studio. 

Ragazza con il cappello rosso colpisce subito, sembra una istantanea. Il rosso e il blu dominano la scena, il bianco al centro li esalta. Le teste di leone così grandi e massicce in primo piano ci separano da lei – ha girato la sedia? – e allo stesso tempo ci portano nella scena. La ragazza è stupita… la stiamo disturbando? Eppure è seducente. 

Un dettaglio ingrandito di quest’opera è stato scelto per la copertina del catalogo in inglese. Vediamo queste labbra non definite, dipinte magistralmente.  È vero, siamo più vicini al maestro. 

Tre puntini bianchi sulle labbra rosse, ecco la resa della luce di Vermeer. Incomparabile sfinge. 

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Johannes Vermeer, Ragazza con il cappello rosso, e dettaglio, olio su tavola, c. 1664-1667, National Gallery of Art, Washington DC.

Vermeer. Rijksmuseum, Amsterdam; 10 febbraio – 4 giugno 2023.
I biglietti (al momento esauriti), saranno di nuovo disponibili online dal 6 marzo.

Per saperne di più

• Il catalogo della mostra, Vermeer, è a cura di Pieter Roelofs e Gregor J.M. Weber, con contributi di Bart Cornelis, Bente Frissen, Sabine Pénot, Friederike Schütt, Christian Tico Seifert, Ariane Van Suchtelen. Negli apparati è pubblicato l’inventario dei beni della moglie del pittore, Catharina Bolnes (Rijksmuseum 2023, dal 2 marzo anche da Thames & Hudson). Sulla camera oscura si veda Charles Seymour Jr., Dark Chamber and Light-Filled Room. Vermeer and the Camera Obscura, in The Art Bulletin 46 (1964). Sull’influenza dell’arte devozionale e la letteratura gesuita in Vermeer, è appena uscito il nuovo studio di Gregor J.M. Weber, Johannes Vermeer Faith, Light and Reflection (Rijksmuseum, 2023). Un catalogo di tutti i dipinti è quello di Walter Liedtke, curatore dell’arte olandese e fiamminga al Metropolitan di NY, Vermeer: The Complete Paintings (2008). Le pagine che Théophile Thoré ha dedicato a Vermeer, si trovano nel suo Musées de la Hollande, vol. II. Musée Van der Hoop, à Amsterdam et Musée de Rotterdam, par W. Bürger (1860), pp. 67-88.

Altre mostre da vedere in Olanda

• Vermeer’s Delft  è  la nuova mostra da poco aperta al Prinsenhof Museum di Delft (fino al 4 giugno). Con oltre cento oggetti e molti importanti dipinti del periodo, racconta il clima del tempo nella cittadina del pittore. 

• Vrel, forerunner of Vermeer. The rediscovery of a mysterious artist  al Mauritshuis dell’Aia (19 febbraio – 29 maggio) presenta i risultati delle ultime ricerche sul Jacobus Vrel, ritenuto un precursore di Vermeer (attivo c. 1640-1660). La mostra proseguirà a Parigi, alla Fondation Custodia (17 giugno-17 settembre 2023).

• Choosing Vincent. Portrait of a Family History, al Van Gogh Museum di Amsterdam (fino al 10 aprile 2023), è la prima delle tre mostre di quest’anno, che segna il cinquantenario dall’apertura del Museo. Curata da Lisa Smit, racconta come da una collezione di famiglia si sia arrivati alla creazione di un museo, e contestualizza le opere preferite di Theo e di Jo. In mostra molti documenti e oggetti di famiglia mai esposti prima. Il catalogo, Choosing Vincent. From family collection to Van Gogh Museum, è a cura di Lisa Smit e Hans Luijten.

In copertina, Johannes Vermeer, Donna in azzurro che legge una lettera, c. 1662-1664, olio su tela, Rijksmuseum, Amsterdam.

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