Alexander Masters. Un genio nello scantinato

3 Settembre 2013

Come è possibile scrivere la biografia di una persona che «si rifiuta di parlare […] non ha ricordi d’infanzia […], non è portato per gli aneddoti, non è interessato a analizzare le sue capacità, il suo stile di vita o le sue relazioni con le persone e lavora su un argomento di importanza cosmica che nessuno capisce tranne lui»?

 

Alexander Masters, che già si era cimentato in una biografia sui generis con il suo primo libro Stuart: A Life Backwards, ci riesce con successo in Un genio nello scantinato. Biografia di un uomo felice (Traduzione di Andrew Tanzi). L’“uomo felice” è Simon Norton, matematico brillante, già bambino prodigio che a soli tre anni si dilettava con calcoli vertiginosi e totalizzava 185 punti nel test del quoziente intellettivo (140 punti sono in genere sufficienti ad essere considerato un genio). Dopo trent’anni di strabilianti successi scolastici e accademici, nel 1985, Norton perde all’improvviso il posto di ricerca all’Università di Cambridge, in seguito a un tracollo nervoso scatenato, si racconta, dal primo errore di calcolo della sua vita; oppure dalla partenza del suo collega, più stretto collaboratore e mentore John Conway; o ancora dalla pubblicazione, in quell’anno, dell’Atlante dei gruppi finiti e il comprensibile disorientamento nel veder chiudersi il lavoro di una vita. Oppure, come sostiene Simon, dalla legge del 1985 sulla deregolamentazione del trasporto pubblico che ha dato il via allo smantellamento di quella che considera oggi la «grande passione della sua vita», coltivata collezionando orari, depliant e abbonamenti di autobus e treni e “testando” in prima persona l’intera rete dei trasporti pubblici britannici.

 

 

Non solo le informazioni sulla vita di Norton sono scarse e spesso dubbie e di seconda mano, ma Simon sembra impermeabile agli avvenimenti del suo passato. La sua personalità non pare forgiata dalle sue esperienze e la perdita del suo genio, scioccante per la comunità dei matematici, non è la conseguenza drammatica di un climax di eventi particolarmente significativi. Sempre che si possa parlare di perdita di genio: Simon ipotizza piuttosto, alternativamente, di non averlo mai avuto, o di non averlo mai perso.

 

L’autore compensa l’assenza di organizzazione narrativa nella vita di Simon con la narrazione della loro curiosa relazione: dagli inquietanti rumori provenienti dall’appartamento di sotto, abitato dal suo stralunato proprietario di casa, al lungo viaggio che i due intraprendono insieme fino alla Russia, passando per la Scandinavia e la Lapponia.

 

Simon, più che come soggetto biografico, entra nel libro come interlocutore, che impone divieti sull’uso di alcune parole, critica le imprecisioni e le scelte stilistiche dell’autore, ma anche lo invita a pranzo, gli espone le sue teorie sui trasporti pubblici, si fa accompagnare nelle sue gite e, influenzato dalla sua vicinanza, decide di mettere finalmente ordine nel suo scantinato.

 

 

L’interazione tra l’autore e il suo soggetto permette di gettare sprazzi di luce sulla personalità ermetica del matematico e offre alcuni aneddoti comici e alcuni spunti di riflessione sulla natura del  genio, senza mai essere assertorio e conclusivo. Masters rifiuta di categorizzare Simon come affetto da disturbi dello spettro autistico (Masters non esclude l’ipotesi, semplicemente tratta Simon come un individuo e non come un caso clinico) o di leggere nella sua vicenda la tipica parabola ascendente del genio tormentato. Al contrario, non perde occasione di ricordare, fin dal sottotitolo - questa volta sì con eccessiva categoricità - che Simon è un uomo felice e sempre sorridente.

 

Purtroppo però, così come l’autore non forza un’interpretazione della psicologia di Simon, che rimane sospesa e oscura, altrettanto oscuro rimane il campo della matematica di cui Simon si occupa, la teoria dei gruppi e la definizione del Mostro (il più grande gruppo finito semplice). Masters vi dedica alcuni capitoli, contrassegnati da un asterisco, che sembrano promettere che si giungerà, alla fine del libro, a comprendere a grandi linee la teoria dei gruppi. I primi capitoli di questo tipo sono molto ben fatti, corredati da illustrazioni divertenti che espongono in maniera intuitiva i fondamenti della teoria dei gruppi; ma via via che si procede, si è vinti dall’esasperazione di fronte all’ennesima ricapitolazione dei concetti basilari già esposti e ci si rassegna all’idea che la lettura pedagogica sarà per un’altra volta. Le insistenti battute con cui Masters confessa di non capire niente e si dichiara un illetterato matematico suonano come un’interpolazione artificiosa per rassicurare il lettore spaventato da numeri e formule e solidarizzare con lui e fanno sorgere il sospetto che sia intervenuto l’editore a censurare una più esaustiva introduzione matematica. Nell’appendice in cui vengono consigliate letture per approfondire, Masters confessa che il piano originale del libro era di introdurre man mano la spiegazione matematica del Mostro sul modello di Fearless Symmetry di Ash e Gross.  È una piccola delusione, di cui ci si consola con una narrazione appassionante e toccante - e, per i curiosi di matematica, ottimi consigli di lettura.

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