Speciale

Arte contemporanea in Angola

5 Giugno 2015

Siamo felici di annunciare la nostra nuova collaborazione con la piattaforma Another Africa. Abbiamo una visione comune e la stessa passione nel presentare un punto di vista contemporaneo sul continente e sulla Diaspora, in tutta la sua complessità e varietà di espressioni. Questo mese presentiamo il primo articolo tratto da Tracing emerging contemporary artistic practice una serie che si concentra di volta in volta sulla scena artistica di uno specifico paese, nel tentativo di iniziare a comprenderne le condizioni attuali ed evidenziare il lavoro degli artisti emergenti. La serie è prodotta da Houghton Kinsman e Missla Libsekal, fondatrice di Another Africa, che hanno collaborato con noi nel ripubblicare i contenuti, qui su Why Africa?. Il primo focus è sull'Angola, paese che ospita una delle scene artistiche più vibranti e stimolanti del continente. Buona lettura!

 

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English Version

 

 

 

 

Houghton Kinsman

 

Il favore con cui la critica ha accolto la presenza dell’Angola alla Biennale di Venezia del 2013 non è che un’ulteriore conferma della rilevanza che il paese sta acquisendo in Africa meridionale come territorio dalla forte vocazione artistica. A più di dieci anni dalla fine di una guerra civile durata 27 anni, la curatrice Suzana Sousa, originaria di Luanda, ci racconta in un’intervista come “l’attenzione internazionale rivolta al lavoro di una nuova generazione di artisti abbia profondamente scosso la costruzione del discorso artistico” nell’Angola del dopoguerra. Perfettamente consapevole del significato di questa svolta per l’ecosistema artistico nel suo insieme, Sousa vede con entusiasmo il progressivo affermarsi di un “equilibrio, ancora in via di formazione, tra linguaggio artistico globale e storie ed elementi estetici locali”.

 

Kiluanji Kia Henda. As God Wants and the Devil Likes It (Congresso O.R.G.A.S.M) 2011-2013. Per gentile concessione dell’artista e della Galleria Brundyn+

 

Ad innescare questo mutamento di prospettiva sono stati giovani artisti emergenti come Paulo Kussy, Yonamine e Rita GT, insieme a nomi più affermati come Nástio Mosquito, vincitore del Future Generation Art Prize 2014, ed Edson Chagas, l’artista che firmato la mostra Luanda: Encyclopedic City, con la quale il Padiglione Angola ha conquistato il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia. Il recente successo di Chagas e Mosquito è una dimostrazione della crescente ondata di interesse per la scena artistica locale. A richiamare ulteriormente l’attenzione su di essa, la notizia che Sindika Dokolo, importante uomo d’affari e collezionista di Luanda, intende convogliare le risorse delle attività commerciali e del comparto energetico nazionale per finanziare la riappropriazione del patrimonio artistico perduto, riacquistando le opere africane appartenenti a collezioni private e a musei occidentali. La collezione della Fondazione Sindika Dokolo continua a crescere e pare che Dokolo abbia intenzione di far fronte a una delle carenze infrastrutturali del territorio costruendo un museo a Luanda.

 

Francisco Vidal. Post-it series, 2010. Per gentile concessione dell’artista.

 

Sebbene questi progetti siano ancora a uno stadio embrionale, tali eventi non fanno che rafforzare il sentimento generale – espresso da Rita GT nella nostra intervista – che l’Angola “ha un grande potenziale”. Essendo tali giovani artisti gli artefici di questo discorso emergente, ci auguriamo che il loro successo, sia a livello locale che internazionale, possa tradursi in iniziative concrete a supporto della vitalità della scena artistica locale, di una maggiore consapevolezza culturale e, possibilmente, di un più ampio sostegno da parte delle istituzioni locali. Da parte nostra, desideriamo segnalare tre promettenti artisti la cui pratica riflette il dinamismo di cui parlano Sousa e Rita GT. Per il valore critico e intellettualmente stimolante della loro opera, Francisco Vidal, Kiljuani Kia Henda e Binelde Hyrcan sono tra gli artisti emergenti che hanno contribuito in maniera più significativa alla vitalità del panorama artistico angolano.

 

 

Il ruolo dei giovani artisti nell’emergente pratica artistica angolana e il loro contributo a un discorso in continua evoluzione

Ciò che rende Henda, Vidal e Hyrcan così interessanti è il fatto che, essendo nati dopo il 1975, la loro vita e la loro pratica artistica sono legate, da un lato, alla storia dell’indipendenza e della guerra civile, dall’altro, ai recenti sviluppi politici, economici e sociali dell’Angola del XXI secolo. Di conseguenza, sia che operino in Angola o nei paesi della diaspora, ciascuno di essi esplora tematiche caratterizzate da questo intreccio tra passato e presente. Se per Henda l’Angola è l’epicentro di una pratica investigativa fortemente critica nei confronti della rappresentazione dell’Africa e mirata alla ricerca della realtà della storia angolana, Hyrcan riflette sui concetti di potere e vanità, mentre Vidal esplora il modo in cui la sua stessa identità è un’incarnazione della creolizzazione transculturale prodotta dal colonialismo.

Oltre al valore delle loro opere, è la loro presenza in mostre organizzate al di fuori dei confini nazionali ad aver contribuito a far convergere l’attenzione di un pubblico internazionale sull’emergente pratica artistica angolana, favorendo un equilibrio tra linguaggio artistico globale ed elaborazione della storia locale. Attraverso l’esplorazione delle loro pratiche, è possibile comprendere la svolta che questi artisti sono stati in grado di imprimere al discorso artistico angolano.

 

 

Kiljuani Kia Henda | L’Angola come epicentro

 

Un’immagine della mostra (2014) di Kiluanji Kia Henda, As God Wants and the Devil Likes It. Per gentile concessione della galleria Brundyn+, Città del Capo

 

Basate principalmente sull’uso del mezzo fotografico, le opere di Henda ruotano intorno alla rappresentazione dell’Africa, al passato e al futuro del continente. La sua mostra dal titolo As God Wants and the Devil Likes it, tenutasi lo scorso settembre alla galleria Brundyn+ di Città del Capo, è una riflessione sulle “conseguenze del colonialismo” e sul “segno che esso ha lasciato nell’attuale panorama geografico, sociale e politico dell’Angola”. A riscuotere il plauso della critica è proprio questo suo metodo di indagine, volto ad esplorare come i trascorsi socio-politici di un paese ne determinino sia il presente che il futuro.

 

Kiluanji Kia Henda. Balumuka (Agguato), 2010. Per gentile concessione dell’artista e della Galleria Brundyn+, Città del Capo

 

Matthew Blackman, direttore della rivista sudafricana Arththrob, descrive il progetto Icarus 13 nel quale Henda documenta il tentativo (fittizio) del governo angolano di inviare quattro astronauti sul sole – come “uno dei progetti più profondi e creativi degli ultimi dieci anni”.

 

Il riconoscimento maggiore, tuttavia, arriva nel 2012, quando Henda viene insignito del National Prize for Culture dal Ministro della cultura angolano per il suo contributo all’internazionalizzazione dell’arte angolana. Il premio è una conseguenza, tra le altre cose, della sua partecipazione alle biennali di Venezia, San Paolo, Lumbumbashi e Guangzhou.

 

Le sue opere sono inoltre state esposte alla Galleria Fonti di Napoli, al Goethe-Institut di Nairobi, allo Studio Museum di Harlem e al Museo di arte moderna e contemporanea Berardo di Lisbona. Henda vive e lavora tra Luanda e Lisbona.

 

 

Binelde Hyrcan | Un’ironica riflessione sul potere

 

Binelde Hyrcan vive tra Luanda e la Francia ed è noto per le sue sculture a grandezza naturale di polli in abiti regali, ironica declinazione del concetto di potere e vanità. Mescolando efficacemente una pluralità di mezzi espressivi – pittura, scultura, video, installazioni e performance – Hyrcan ricorre spesso all’ironia e al sarcasmo per riflettere su quella che egli stesso definisce “l’assurdità del potere”.

 

Essendo cresciuto in Angola durante la guerra civile, per poi trasferirsi in Francia, è del tutto naturale che il punto di partenza della sua pratica artistica siano le lotte di potere che hanno segnato la storia angolana. Molte delle sue opere riguardano infatti le inesorabili conseguenze di conflitti incessanti, alimentati dall’egoismo.

 

La sua predilezione per l’utilizzo di costumi caratteristici nasce dall’interesse con cui da bambino osservava la madre mentre cuciva. È lui stesso a raccontare con grande tenerezza di come fosse affascinato dal funzionamento della macchina da cucire Singer e di come abbia insistito per imparare ad usarla.

 

Un’immagine della mostra “No Fly Zone”, Museu Coleção Berardo, Binelde Hyrcan, Thirteen Hours, 2011. Fotografia di David Rato, 2013

 

Hyrcan ha esposto al Palazzo Moriggia e al Palazzo Morando di Milano, al Museo di arte moderna e contemporanea Berardo di Lisbona e all’Istituto di Cultura Contemporanea di San Paolo, insieme ad artisti di fama come William Kentridge, Yinka Shonibare e il compianto Seydou Keïta.

 

Insieme a Henda, Hyrcan è stato inoltre selezionato per la mostra “No Fly Zone”, curata da Simon Njami, Suzana Sousa e Fernando Alvim, presso il Museu Coleção Berardo.

 

 

Francisco Vidal | L’incarnazione del concetto transculturale di creolizzazione

 

Francisco Vidal. Installazione. Per gentile concessione dell’artista

 

La pratica artistica di Vidal attraversa una pluralità di mezzi espressivi – tra cui disegno, scultura e installazione – per riflettere sulla realtà che lo circonda. La sua ricerca verte intorno ai concetti di razza, differenza, negritudine e diaspora africana.

 

Francisco Vidal. Hindyra Mateta, Luanda, 2013. Per gentile concessione dell’artista

 

Al centro della sua opera è anche l’esplorazione del suo stesso patrimonio culturale. Nato a Lisbona da madre capoverdiana e padre angolano, egli si considera la manifestazione vivente della creolizzazione prodotta dalla storia coloniale, l’incarnazione della fusione culturale di tre paesi diversi, politicamente e storicamente connessi.

 

Ha conquistato la notorietà grazie all’opera del collettivo e.studio, fondato insieme all’artista Rita GT con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo di un movimento artistico angolano a livello internazionale. Dando struttura e continuità alle infrastrutture artistiche locali, il collettivo ha contribuito ad affrontare due nodi centrali che per Sousa sono fortemente rappresentativi del “difficile equilibrio tra interventi pubblici e iniziative private” in Angola. Le opere realizzate da e.studio sono state in mostra alla Triennale di Luanda e alla Sala do Veado di Lisbona e sono apparse recentemente anche su “Contemporary And”.

 

Oltre al lavoro con il collettivo e.studio, Vidal ha partecipato all’Exposição de Instalações de Jovens Artistas Angolanos (JAANGO) e alla seconda edizione di SIEXPO (Salão Internacional de Exposições de Arte), presso il Museo nazionale di storia naturale di Luanda, e ha presentato l’installazione “Agora, a Seguir e Como” al Museo d’Arte di Viana deo Castelo, “Piratería y Estudios sobre el Caballero de Calatrava” al Museo Internazionale del Cile e “Golden Refugees” alla stazione della metro Baixa Chiado di Lisbona.

 

Francisco Vidal e Binelde Hyrcan sono stati inoltre selezionati, insieme a Nelo Teixeira, Délio Jasse e Antonio Ole, per rappresentare l’Angola alla Biennale di Venezia 2015, con Rita GT tra i commissari. La mostra On Ways of Travelling, curata da Ole, è stata inaugurata il 6 maggio e proseguirà fino al 22 novembre 2015 a Palazzo Pisani – Conservatorio Benedetto Marcello.

 

 

 

Traduzione a cura di Laura Giacalone

 

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