Speciale

Un luogo dove poter andare lenti

25 Febbraio 2015

«Li osservo e noto che, anche se sono passati dai loro primi scarabocchi, in cui cominciano a prendere forma le cose del mondo tutti, tutti tornano inesorabilmente a quella loro prima casa abbozzata, composta da un rettangolo con sopra il triangolo del tetto.»

 

Questo libro di Franco Lorenzoni, maestro elementare nel piccolo centro di Giove, in Umbria, con ultratrentennale esperienza pedagogica, è uno scrigno di considerazioni, osservazioni, folgorazioni di rara intelligenza in ambito educativo, che non solo possono servire a chi lavora nella scuola primaria ma si rivolgono a chiunque si occupi di educazione, formazione, cultura. Mentre scorrevo La buona scuola, cercando di poterci scrivere qualcosa, leggere Lorenzoni mi ha aiutato a ragionare su cosa vorrei effettivamente dalla scuola – per la mia bambina seienne, per la mia professionalità docente, per il Paese in cui vivo – perché ci sono ragionamenti vivi, reali e pulsanti che nei documenti ministeriali non trovano posto.

 

Lorenzoni racconta della sua vita di insegnante e di alcune specifiche esperienze didattiche con concreta semplicità. Il suo approccio, non nuovo ma dimenticato nell’Italia del terzo millennio, è quanto di più naturale, economico, versatile ci sia, come quando parla del lavorare con la creta:

 

«da tempo, infatti, mi vado sempre più convincendo che dare forma a un pensiero ci permette di sostare, entrarci dentro, approfondire. E la creta è il più antico strumento di rappresentazione, che solo la stoltezza di una pedagogia pigra e nemica del corpo che manipola è riuscita ad allontanare dalle scuole».

 

Ma è solo un esempio di un approccio che ha metabolizzato la dimensione materiale del dare forma alle cose e della sua sovrapponibilità al farsi del pensiero: una riflessione che se è certamente nota nella scuola primaria, più pedagogicamente avvertita, tende a scomparire man mano che ci si alza di grado nel sistema di istruzione. Al centro del libro vi sono l’idea che imparare sia il farsi «parte organica del pensare il mondo» di una «rete di relazioni complesse» e un costante impulso alla ricerca di strade, anche lunghe, per permettere a tutti di arrivarci.

 

Franco Lorenzoni

 

Oltre alla costante attenzione che il maestro mette nel relazionarsi con il mondo-bambino, colpisce lo sforzo di non semplificare pratiche e contenuti di insegnamento (questa è forse l’accusa più ricorrente costantemente rivolta alla cultura pedagogica da parte dei tifosi della “scuola di una volta” e della conoscenza di contenuti ottenuti con il modello “sangue, sudore e lacrime”). Nella sua “avventura pedagogica” Lorenzoni muove a partire dalla profonda assonanza tra filosofia presocratica e linguaggio dei bambini e porta alle estreme conseguenze il «cogliere nessi e risonanze tra cose diverse e proteggere tutto ciò che aiuta a creare senso, bellezza, armonia». Da studioso di filosofia che è diventato maestro trasforma le sue aule scolastiche in laboratori in cui, come nella Grecia antica, si realizzano esperienze euristiche di teatro, matematica, scienza, storia, antropologia, e su tutto, vita comunitaria.

 

In questo viene colto il meglio della filosofia, «pensare al rallentatore e vedere, come in una moviola, il sorgere e lo scorrere dei pensieri, chiedendosene ragione» e soprattutto se ne diffonde il valore non specialistico e effusivo, come attestano i dialoghi riportati, che costituiscono il cuore del libro: in essi le voci dei singoli bambini, attorno a temi più grandi di loro, riecheggiano quelle dei partecipanti a un dialogo platonico. Con lo stesso spirito, il maestro propone ai suoi allievi esperimenti a partire da quelli di Talete ed Eratostene o conduce animate discussioni su ombre, numeri e democrazia; laddove circostanze traumatiche lo impongano, cerca di dare voce al dolore dei piccoli permettendo loro di dare immagine all’indicibile – la morte e lo scomparsa nel nulla di ciò che si ama – cercando forme di educazione alla vulnerabilità.

 

Quella raccontata in I bambini pensano grande è una scuola pubblica, aperta alla vita del posto in cui è inserita, che muove dall’esempio e dall’immedesimazione, che non ha paura della scoperta di «buchi, vuoti e impossibilità» e di «verità non sicure»; che pone le domande perché sono vere questioni a cui si cercano risposte e non le “domande illegittime” in cui è premiato chi fornisce le risposte giuste precedentemente note.

 

Notevoli i lavori di osservazione di compagni, gli epistolari con personaggi storici (in cui cioè il maestro prende i panni di Socrate o di Talete e risponde alle lettere dei piccoli ricercatori), la riproduzione di esperimenti rocamboleschi che aiutano a «pensare bene attorno a figure fatte male». E ancora, l’uso costante del teatro, «radice antica del creare mondi» che con la progettazione, la scrittura e la messa in scena del lavoro di ricerca di un intero anno, permette la ripetizione consapevole (e rivolta all’esterno) delle acquisizioni del gruppo di bambini e bambine.

L’ottusità del programma e l’automatismo professionale si sbriciolano davanti alla garbata resistenza che il maestro oppone alla concezione precipitosamente avveniristica della scuola, operando con gusto per la ricerca e per contrasto in favore di veri e propri valori come «attesa, interiorità e dilatarsi del tempo»: «se tutti corrono ci vuole un luogo dove poter andare lenti. Se andiamo lenti aumentano le possibilità che arrivino tutti e forse si apre la possibilità di poter incontrare profondamente qualcosa».

 

Anche i rapporti di potere e le dinamiche consolidate tra docenti e discenti non passano indenni attraverso lo sguardo di Lorenzoni:

 

«le bambine e i bambini che piangono i primi giorni, guardando spaesati quelle sedie e quei banchi allineati, che compongono un’architettura spaziale rigida nel tempo e sempre uguale a se stessa forse dovrebbero farci riflettere di più».

 

Con un’immagine di uno dei piccoli filosofi nella fase aurorale del loro pensare citati nel libro, Socrate, l’icona del maestro che sta alla base dell’insegnamento, non è allora che un «venditore di specchi», uno che aiuta le persone a conoscere se stesse.

 

 

 

Franco Lorenzoni, I bambini pensano grande. Cronaca di un'avventura pedagogica, Sellerio, 2014

 

Franco Lorenzoni presenta I bambini prensano grande, a Fahrenehei Radio3 (20/10/2014)

 

Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e SOSTIENI DOPPIOZERO