5 per mille

Bambini Tonti

18 Luglio 2025

Ana María Matute ha raccontato che, quando era piccola, se un bambino si comportava male, nella sua famiglia si usava chiuderlo in una stanza buia, per punizione. Aggiunge che mentre i suoi fratelli in queste occasioni si disperavano, lei faceva in modo di procurarsele. Chiamava questa situazione “la luce delle tenebre”. A volte durante l’infanzia si è in grado di definire con precisione esperienze fondanti che diventano la matrice del proprio stile. I ventitré racconti che vanno sotto il titolo Los niños tontos trovano in questa definizione una sintesi esatta. 

Copertina libro

 

Manute
Ana María Matute con il figlio

Mi racconta Edo Chieregato, di Canicola edizioni, casa editrice con una spiccata vocazione alla ricerca e alla sperimentazione nell’ambito del fumetto e del graphic novel, di avere incontrato questi testi parecchi anni fa, forse trenta, nell’edizione Lerici del 1964, illustrata da Magdalo Mussio, scovata nel remainder che c’era a Milano in Galleria Vittorio Emanuele (dove si trovavano libri meravigliosi). Folgorato dalla lettura del primo racconto, “La bambina brutta”, al rientro in treno è pronto a divorare il libro, ma capisce che va letto piano. Passano gli anni. La memoria dei bambini tonti è rapsodica, ma nel profondo ha messo radici e ogni tanto riemerge. Nel 2024, per caso, Edo scopre che nel 2025 cade il centenario di Matute. Ne parla con la redazione e con Liliana Cupido che condivide con lui la direzione di Canicola. E il libro prende forma.

L’edizione I bambini tonti uscita a marzo e ben tradotta da Francesco Satta, accompagna ai ventitré racconti di Matute una nota biografica, una bibliografia, una bella intervista impossibile possibile all’autrice di Nicola Galli Laforest (fatta di stralci di interviste che la scrittrice ha rilasciato nel tempo), e una sezione finale a fumetti, nata da una lettura corale dei testi, come risultato di un laboratorio di narrazione durato quasi un anno. Ogni narrazione visiva è nata da una o più storie di Matute, rimescolandone temi, personaggi, atmosfere. I disegnatori che hanno preso parte al lavoro e che durante il processo creativo si sono scambiati materiali, sono Sara Antimi, Alice Bartolini, Matteo Braghin, Diandra Cannata, Ivalù Chantal, Alberto Falco, Riccardo Fraccascia, Pastoraccia, Emma Segat, Michelangelo Setola. Per questo progetto hanno condiviso l’uso della grafite, il proprio immaginario e l’aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bologna.

Falco
Alberto Falco, Ossa di legno

 

Segat
Emma Segat, Crapa pelada

 

Ana María Matute, nata a Barcellona, dove nacque nel 1925 e morì nel 2014, è considerata una degli scrittori più importanti della letteratura spagnola del Novecento, ammirata da Cortázar, Bernárdez, Cela e Vargas Llosa…  

In Spagna, Los niños tontos, la cui pubblicazione fu rallentata dalla censura franchista, uscì nel 1956, illustrata da Miguel Lluch. In origine il progetto prevedeva disegni di mano della scrittrice che fin da bambina era solita illustrare i propri racconti, il primo scritto a cinque anni. Matute descrive così lo strano modo in cui queste microstorie vennero al mondo:

Mentirei se dicessi di sapere perché l’ho scritto. All’inizio non pensavo nemmeno che potesse diventare un libro. L’ho scritto a pezzi nei caffè, dal dentista, dal medico, su foglietti sciolti, mentre aspettavo mio marito (e certamente in tempi molto duri per noi). Mi dicevo: aspetta, sto per scrivere un bambino tonto. È stato mio marito a raccogliere questi piccoli frammenti, alcuni dei quali scritti sul retro di un cartoncino del menù, che sarebbero stati certamente dimenticati in fondo a un cassetto. E ora è uno dei libri a me più cari. 

Dunque, storie precarie, senza fissa dimora, orfane, sghimbesce, la cui origine rapsodica sembra marcarne indelebilmente lo spirito e portare dritti alla fiaba e al suo universo misterioso, fortemente allusivo, surreale, fantastico, percorso da voci anonime, smarrite, e a presenze ambigue, contemporaneamente e contraddittoriamente crudeli e salvifiche. Animali, piante, luoghi, umani generati da una lingua notturna che affonda nel sogno e nel tempo indecifrabile in cui prendono forma gli incubi.

 

Immagine 5 - 

 Matteo Braghin, Sciroppo al caramello che brillava
Pasroraccia
Pastoraccia, La sete pasquale

 

Nei bambini toccati dall’oscurità che appaiono nel teatro di queste vicende terribili, dove ogni cosa sfuma in un’altra diventando irriconoscibile per strani processi di decomposizione biologico fantastica, si compiono morti, scomparse, fughe, ascensioni, cadute. Nei loro esatti confini fiabeschi sono comprese tutte le paure infantili più grandi, reami sconfinati in cui bambini e bambine si muovono in assoluta, persecutoria solitudine. 

I protagonisti nascono segnati da destini mortiferi, annunciati da perdite, abbandoni, assenze, rapine. Vi sono bambini privi di voce o di occhi; c’è chi si vede servire per pranzo il proprio agnello, compagno di giochi; chi cerca dappertutto un amico morto; chi è messo alla gogna da sadici compagni di giochi per la propria grassezza o la testa deforme; chi è prigioniero della propria gobba o del carniere di un padre sanguinario; chi muore di nostalgia per troppo desiderare la luna, un giro di giostra, una vetrina di pasticceria o il fantasma di un albero; chi è dominato da una sete inestinguibile per una fontana sottratta; chi, in cerca del suo cane, viene rapito dalle acque del fiume e chi si lascia sommergere dal mare che dovrebbe curarlo; chi viene privato del suo tempo; chi è così privo di sé da non essere da nessuna parte.

Nessuno si salva. Nessuno trova protezione. Padri e madri brancolano ciechi nel continente dell’innocenza e dell’infanzia per il quale non esiste mappa, indicazione. E dove ogni cosa è solennemente muta e al tempo stesso animata da una lingua segreta, che sgorga improvvisa fra le rovine di spazi ostili, in cui si aprono voragini criminali.

Chantal
Ivalù Chantal, Tornare non è come restare
Setola
Michelangelo Setola, Toc toc toc

I ventitré racconti di Matute sono spilli che affiggono alla grande carta geografica dei destini le storie di ventitré bambini senza nome nel momento in cui giungono a compimento, compimento che spesso coincide con la loro dissoluzione, una scomparsa di cui non rimane traccia se non in una sorta di trascendenza salvifica, una luce abbagliante costituita dalla morte stessa che esautora dalla crudeltà e dalla cecità con cui sono state accolte le loro venute al mondo. Dunque, un testo che appare lugubremente adeguato a questo momento storico, definito dall’ultimo rapporto UNICEF il peggiore dalla fine del secondo conflitto mondiale per la sorte di bambini e bambine, che sono le prime e più numerose vittime, esposte a sofferenze inaudite, inimmaginabili, come ci riportano le cronache quotidiane, fra genocidi, epidemie, carestie, migrazioni, cambiamenti climatici, guerre.

Così si espresse la censura franchista, su questi scritti: 

Poesie in prosa, molto ben scritte; è un peccato che la maggior parte di esse sia dominata dal ‘tremendismo’ applicato ai bambini. Sono veri e propri incubi. Così come i disegni, che sono di pessimo gusto. I bambini dovrebbero essere trattati con maggiore rispetto. Se verrà pubblicato, non si potrà evitare che finisca nelle mani dei bambini e che provochi loro un danno enorme.

Suona inaudito che un governo di spietatezza efferata coltivasse la premura di evitare la corruzione e il danno ad anime innocenti, con la pretestuosa ipocrisia tipica dei regimi autoritari. Così come suona in audito che accreditati opinionisti oggi suggeriscano ai lettori di non cedere alla ‘retorica’ dei bambini sofferenti in una strage che conta, sempre secondo UNICEF, 50 mila bambini morti nella Striscia di Gaza. 

Ana María Matute visse fra Barcellona e il borgo di montagna di Mansilla de la Sierra, dove crebbe con i nonni. Quando aveva undici anni, scoppiò la guerra civile di cui ricorda gli orrori e che spazzò via per sempre la vita come l’aveva conosciuta.

Cennata
Diandra Cannata, Dentro la gobba di un dromedario

 

Bartolini
Alice Bartolini, Il demonio è più triste di me

 

Dice in un’intervista: 

Da bambina, a Mansilla de la Sierra, sono fuggita nel bosco e ho scoperto che era affascinante, che lì l’oscurità splende. Penso che tutto derivi da lì, gli anni dell’infanzia lasciano un segno indelebile: infatti si ricordano molte più cose di quando si era bambini che di quando si è adulti. … L’infanzia è l’età più lunga della vita. Il resto non è altro che una mostruosa e sanguinosa ripetizione di tutto ciò che abbiamo vissuto da bambini. … Non ho mai ammirato un amico della città quanto quei poveri bambini di Mansilla de la Sierra, erano degli eroi. Erano forti, sapevano cosa fosse la vita, il dramma della morte di un vitello. Devo molto a quei bambini, anche se molti li disprezzavano. 

A causa dei progetti idroelettrici del regime di Franco, Mansilla de la Sierra scomparve sotto un lago artificiale, insieme al bosco che Matute, spiega Laforest, «riconobbe come fondamentale per il suo ingresso nel mondo della narrazione». C’è qualcosa di atroce e, insieme, di meraviglioso in questa scomparsa del regno dell’infanzia – la casa dei nonni, il bosco, presenze fiabesche quante altre mai -, inghiottito dalle acque. Una duplicità simbolica che scorre inesauribile nelle storie de Los niños tontos, dove api d’oro si accompagnano a formiche maligne, vermi strappati a coccinelle rosse, sole a coltelli, fiori a cani neri, stracci a biancospini, come sempre accade nei racconti delle narratrici di fiabe dove dal fondo di trame antichissime, mille volte intrecciate, mille volte dette, affiorano insieme alto e basso, bene e male, miseria e regalità, buio e luce, sofferenza e gioia, bellezza e deformità, cattiveria e tenerezza, bruttezza e perfezione, a sottolineare la complessa, sfuggente natura dell’esistenza dell’intero cosmo.

Fraccascia
Riccardo Fraccascia, L'invidia delle formiche

 

«Ha visto la dedica all’inizio di Dimenticato Re Gudù?» chiede Matute a Laforest, in riferimento al suo ultimo romanzo, considerato dalla critica il suo capolavoro. «Ad Andersen, Grimm e Perrault. Dovrei aggiungere le storie terribili raccontate dalla cuoca Isabel, che non sapeva né leggere né scrivere ma era una grande narratrice. E Alice e Peter Pan». 

Matute scrisse anche storie per bambini (nel 1984 le fu assegnato il Premio Nacional de Literatura infantil y juvenil). I bambini tonti non lo sono, ma il fatto che dei bambini ne fossero protagonisti ingenerò l’equivoco che a loro fossero destinate. Sulla letteratura per l’infanzia (e sui bambini) Matute aveva idee evolute, più di quanto capiti oggi, non solo fra gente comune, ma anche fra intellettuali, scrittrici e scrittori di chiara fama:

Qualcuno la considera una scrittura minore, ma non è così. Mi vengono i brividi al pensiero che oggi venga mutilata, con pretesti vuoti di più o meno opportuno politically correct, e che mani predatrici, forse immaginando che essere bambini significhi essere idioti, trasformano veri e propri gioielli letterari in storie non solo mortalmente noiose, ma anche stupide. Non bisogna nascondere nulla ai bambini, non bisogna trattarli come scemi, capiscono il mondo meglio di chiunque altro. Soprattutto le cose tristi. La gente si chiedeva: come ha fatto una ragazzina (avevo diciassette anni quando ho scritto Piccolo teatro) a conoscere così bene quella delusione della vita, quello scetticismo sull’essere umano? È stato perché avevo letto molto Shakespeare, Cervantes, Dostoevskij, i classici greci. 

 

L'Immagine di copertina è di Sara Antimi L’ultima notte 

 

 

 

 

 

 

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Sara Antimi