Diego Cugia: sopravvivere non basta

4 Maggio 2025

Per il settimo appuntamento della nostra rubrica bimestrale di conversazioni psicosociali, siamo rimasti a Roma, dove abbiamo incontrato Diego Cugia, giornalista e scrittore di fama nazionale. Cugia ha iniziato la sua carriera in Radio Rai nel 1977, firmando due celebri radiofilm, Il mercante di fiori e Jack Folla, e successivamente scrivendo e conducendo Zombie per Radio 24. In televisione, ha sceneggiato Alcatraz e collaborato come autore agli show di Adriano Celentano Francamente me ne infischio e RockPolitik. Inoltre, ha ideato e scritto lo show itinerante Non facciamoci prendere dal panico per Gianni Morandi. Da poche settimane è in libreria con il suo nuovo libro, Il Principe Azzurro (Giunti editore, 2025, p. 240), che racconta la storia di Corradino di Svevia, il giovane italo-tedesco scomunicato dal papa che, a soli sedici anni, attraversò le Alpi con un piccolo esercito per liberare l’Italia dal dominio della Chiesa e dai tiranni stranieri—mezzo millennio prima di Garibaldi.

Nel saggio "La crisi della mente" (1919), il poeta Paul Valéry esprimeva una profonda disillusione rispetto alla Prima Guerra Mondiale, riconoscendo la fragilità e conseguente mortalità delle civiltà moderne, affermando che "Noi, civiltà moderne, abbiamo imparato a riconoscere di essere mortali come le altre. [...] Sentiamo che una civiltà è fragile come una vita." In una singola frase, Valéry accenna alla potenziale traslazione del potere intellettuale verso l'America o altri continenti, segnalando un cambiamento rispetto alla centralità storica dell'Europa. Anche Yeats, nel suo saggio "La crisi della mente" (1919), riflette sulla fase post Prima Guerra Mondiale, esplorando lo stato del mondo e la condizione umana durante un periodo tumultuoso. Oggi, a distanza di un secolo, ci troviamo di nuovo in un'epoca tumultuosa. Diego, Dario, Jack che epoca stiamo vivendo?

Stiamo vivendo l’implosione di tutte le epoche, così come ci sono state tramandate dalla Storia. Fluttuiamo come anime morte sopra un denso nulla, un’illusoria “realtà” costellata da eventi e notizie martellanti—in prevalenza drammatiche — che ci sono imposte dai grandi imbonitori mediatici, ma è come se fossero scollate da noi, avulse dal nostro quotidiano, e però ci appesantiscono.

Eppure, gli anni a cavallo del cambio di secolo, così come quelli tra l'Ottocento e il Novecento, sono stati anni di apertura, liberazione e fraternalità.

Ecco, sono finiti gli anni della spensieratezza e anche quelli delle battaglie civili e della speranza. Sopravviviamo, ma questo non ci può bastare.

Come sta la gente oggi?

Siamo tutti incazzati e offesi. E non crediamo più a niente. Però il primo pifferaio magico che passa sotto casa ci porta facilmente dove vuole perché siamo diventati cinici ma anche terribilmente ingenui. Lo abbiamo fatto con Berlusconi, poi con la Lega, poi con i 5 stelle, adesso tutti dietro alla Meloni. È sconfortante. Questo accade anche perché stiamo tornando analfabeti.

Cosa proponi?

Bisognerebbe ricominciare da un nuovo maestro, un nuovo Alberto Manzi. Ricordi “Non è mai troppo tardi?”

Certo! Il celebre programma televisivo che per anni ha rappresentato una vera e propria scuola di vita per milioni di italiani.

Ma siamo tutti “ciucci e presuntuosi” come diceva mia nonna. Allora, chi non sapeva, era umile e voleva imparare. Adesso non leggiamo più un libro, ma pretendiamo tutti di essere pubblicati, applauditi, osannati.

Quindi suggerisci di tornare dalla nonna, che ci aiuta a stare con i piedi a terra e di trovare un nuovo "maestro", come Manzi, per risvegliare un senso di comunità e responsabilità collettiva, oggi più che mai necessario. Che poi è alla base della psicagogia, che può essere inteso come l'arte di guidare l'anima o la psiche di un individuo verso la comprensione di sé stesso. Per me la psicagogia deve essere intesa come l’accompagnare una persona nel processo di esplorazione e trasformazione interiore, cercando di aiutarla a confrontarsi con le sue emozioni, i suoi conflitti e i suoi desideri più profondi. Una sorta di "guida". Un accompagnamento rispettoso e riflessivo, verso una maggiore consapevolezza. Può essere vista anche come una forma di risveglio della coscienza, un invito ad affrontare le proprie ombre e a integrarle, sulla scia di un pensiero (junghiano) che esplora il processo di individuazione come via di crescita personale. L'idea di psicagogia può essere applicata anche in contesti educativi, terapeutici e anche spirituali, dove il "maestro" o "guida" non impone, ma facilita l'emergere di verità interiori, trasformando il percorso di conoscenza in un'esperienza di sviluppo e di liberazione.

Potremmo immaginare una nuova figura capace di ispirare e guidare, come fece Manzi, in un'epoca che sembra aver perso il valore dell'educazione e della cultura come strumenti di emancipazione.

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La psicoanalisi si occupa dell’anima, sottolineando che non basta possederla, ma è necessario coltivarla. Secondo la sociologia contemporanea, siamo passati dalla “società del rischio” all’“era degli shock”, un’epoca segnata da un’abbondanza tecnologica ma da una crescente mancanza di anima. Cosa significa per te “anima” Diego/Jack?

L’anima è il nostro falco sacro interiore, ce l’abbiamo tutti, ma solo in pochi osano liberarlo e volare con lui. Così lo teniamo in una voliera arrugginita a questa voce del Sé e della Conoscenza, imbavagliata, bendata, quando è lui soltanto la nostra guida interiore, il nostro Maestro. L’anima è la parte più pura e inviolabile di noi, il divino di cui siamo fatti. Ma abbiamo lordato le sue ali che assomigliano a quei poveri albatros imbrattati dal petrolio fuoriuscito dalle navi cisterna. Ma ci sono metodi di cura profondi per ristabilire un contatto con il nostro falco sacro e per rimettere l’anima sul trono, detronizzando l’Ego.

Perché è così difficile liberare il nostro falco?

Perché ci vuole tanta forza di volontà, pazienza, concentrazione, coraggio.

Tu cosa fai per liberarlo?

Da dieci anni pratico la meditazione Krya Yoga insegnata da Yogananda, un grande maestro indiano, l’autore di Autobiografia di uno yoghi, uno dei libri più venduti dopo Il Piccolo Principe e la Bibbia. E quando medito io sono felice.

I sociologi Magatti e Giaccardi sostengono che viviamo in una “supersocietà” cioè una società post-liquida dove aumentano i disturbi dell’umore, che si caratterizza per la sua interdipendenza tecno-economica su scala globale, per il nesso inestricabile tra azione umana e biosfera e per l’assorbimento sempre più spinto della soggettività nel processo di autoproduzione sociale. E’ possibile coltivare l'anima, oggi?

È possibile, ma bisogna accomiatarsi almeno due volte al giorno, mattina e sera, dal martellamento dei social, delle tv, dei petulanti cellulari. E volare al proprio interno, seduti immobili, la schiena dritta, il respiro leggero. Imparare ad azzerare pensieri, desideri, tutte le onde tumultuose che si accavallano sul mare della nostra fronte. Concentrarsi sul punto fra le sopracciglia. L’anima è lì e nel cuore. Aprire la gabbia della voliera arrugginita. Donarci all’universo e imparare a dire “Fa’ Tu”. Basta questo per far abbassare la cresta all’Ego e far aprire le ali al falco sacro. Libero di volare dove crede, al paradiso o all’inferno. Successo? Fallimento? Tutto è bene. La chiave di volta è l’equanimità.

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Gli ultimi 25 anni potrebbero essere definiti come l’“epoca degli shock”— dall’11 settembre al crollo di Lehman Brothers e la crisi globale, dalla pandemia alle guerre attuali. Tuttavia, io credo che stiamo vivendo soprattutto “l’era dell’ipocrisia”, in cui libertà e democrazia ne pagano il prezzo. Dobbiamo preoccuparci? 

Preoccuparsi è una scusa e non serve a niente. Ogni preoccupazione è una zavorra. Noi siamo infiniti e tutto ci è possibile. Anche il senso di colpa è una zavorra e una scusa. Qualsiasi sbaglio abbiamo commesso, anche grave, ormai è fatto, colpevolizzarsi lo fa rivivere ancora e ancora. Dobbiamo perdonarci come fa un padre con il figlio. Ma giustificarci mai. Piuttosto fare del nostro meglio per non ripetere l’errore.

Essendo innamorato di libertà e democrazia, mi sono messo ad organizzare un convegno dal titolo “Democrazia sul lettino dell’analista”. Ma aiuterà davvero il lettino? Meglio rassegnarsi alla provvidenza come Amleto? Semplicemente rassegnarsi? Seguire l’esempio di chi, in Portogallo, si oppose alla dittatura sostenendo la necessità della rivoluzione contro la realtà della dittatura? O ancora, provare a cambiare le cose in un altro modo?

Il nemico è solo interiore, il Tiranno è dentro di noi. Quelli fuori si possono abbattere con una rivolta ma il despota quasi invincibile è in noi. Tutti invece cerchiamo le colpe e gli assassini all’esterno. Gli Hitler così come i Trump additano capri espiatori contro cui scagliare le masse: una volta erano gli zingari e gli ebrei, oggi sono gli immigrati clandestini. Ma a che serve assalire il Campidoglio quando la tua democrazia interiore è devastata e un Ego nazista ti domina e ti fa fare quel che vuole? E i nazisti peggiori di oggi sono le svastiche delle dipendenze: l’alcool, le droghe, il gioco d’azzardo on line, gli acquisti compulsivi. Se non dai un taglio a queste abitudini deteriori, nessun falco sacro potrà mai spiccare il volo. Hai l’anima in gabbia e nemmeno ti  rendi conto quanto è incatramata.

Da anni, a modo tuo, stai cercando di cambiare le cose con Jack Folla, facendo qualcosa di profondamente junghiano: differenziare. Aiutare le persone a farlo significa anche spingerle a pensare, andando oltre le semplici opinioni. O mi sbaglio?

A Jack Folla è stato tolto il microfono, da uno di sinistra come me. Un harakiri! Ma ti annuncio che, dopo Il principe azzurro, pubblicato lo scorso febbraio, ho cominciato proprio oggi a scrivere un libro di Jack Folla. S’intitola Corso di volo per anime in gabbia. Noi non molleremo mai.

Jack Folla ha ancora senso? Io sono di parte, quindi non ho dubbi—anche perché continua a dare voce a chi non sopporta i tanti “governi di gangster” (tanto per citare il New York Times dopo lo scontro nell’Oval Office, di cui Zelensky è stato vittima) e perché porto nel cuore la poesia di Giovanni Raboni intitolata PoliticaEstera:

Chi parla ha da dire
le cose che dice e forse no
o forse altre. Ma è un fatto che chi tace
lascia che tutto gli succeda e quel che è peggio
lascia che quello che hanno fatto a lui lo facciano
a qualcun altro.

Giovanni Raboni, "Politica estera" (da "Tutte le poesie", Garzanti editore)

Non so se ha ancora un senso. Ce l’ha l’anima? Jack Folla siamo noi quando osiamo volare controvento. Si paga un prezzo altissimo per rimanere coerenti con sé stessi e con i propri valori. E Jack non si è mai venduto. Jack c’è.

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