L’ombelico della Natura

8 Maggio 2023

1. La metafora della natura come testo è antica e ha una presenza cruciale nella cultura occidentale; le sue vicende, e i relativi risvolti ermeneutici, sono stati ricostruiti in uno dei saggi più noti e affascinanti di Hans Blumenberg, La leggibilità del mondo (‘Die Lesbarkeit der Welt’, 1981) uscito in edizione italiana nel 1984, a cura di Remo Bodei. 

L’idea di conoscenza su cui per secoli si è basata la relazione tra l’essere umano e il mondo è stata spesso rappresentata attraverso l’immagine della natura come codice: decifrabile grazie alla scienza, oppure destinato a rimanere oscuro, perché scritto in un linguaggio segreto che agli uomini non era dato conoscere. La prima condizione è quella incarnata da Galileo, che trova nel ‘libro della natura’ non solo un emblema ideale o una formula icastica, ma un vero e proprio dispositivo attraverso cui mettere a punto la procedura di matematizzazione della realtà e la sua conseguente interpretazione. Il secondo paradigma, quello dell’oscurità e della profondità, proibisce all’essere umano, per il suo stesso bene, la conoscenza dei segreti nascosti nelle viscere della terra: physis kryptesthai philei, «La Natura ama nascondersi», è la sentenza che Eraclito – secondo quanto racconta Diogene Laerzio – avrebbe scritto e deposto presso il tempio di Artemide a Efeso intorno al 500 a.C. Da Seneca (Lettere a Lucilio) a Rousseau (Discorso sulle scienze e le arti), il tema della conoscenza interdetta, della natura come ‘libro segreto’, ha attraversato la filosofia e la letteratura, come illustrano da prospettive diverse e complementari gli studi di Pierre Hadot (Il velo di Iside. Storia dell’idea di natura, ‘Le voile d’Isis’, 2004, tradotto per Einaudi nel 2006) e di Carlo Ginzburg (L’alto e il basso. Il tema della conoscenza proibita nel Cinquecento e Seicento, 1976, poi in Miti, emblemi, spie). Dall’orfismo rinascimentale l’idea arriva fino al Simbolismo europeo: nelle Corrispondenze di Baudelaire, la natura è un «tempio», una «foresta di simboli» che suggeriscono all’uomo «confuse parole»; per Pascoli la natura nasconde un segreto ultimo, intuibile dal fanciullino «che piange e ride senza perché, di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione». 

2. Ricordare, sia pure per sommi capi, quali diverse declinazioni abbia conosciuto il tema della leggibilità del mondo aiuta a inquadrare il ritorno della metafora nell’opera di Timothy Morton (Londra, 1968), esponente della Object Oriented Ontology, considerato tra le figure più influenti del pensiero ecologico contemporaneo. Il suo saggio Hyperobjects. Philosophy and Ecology after the End of the World (2013) è tra i più citati nel campo delle environmental humanities. Dal 2018 l’anno in cui sono uscite le edizioni italiane sia di Iperoggetti (Nero Editions) sia di Noi, esseri ecologici, (Laterza, l’edizione originale ‘Being Ecological’, è dello stesso anno), molti scritti di Morton sono stati tradotti: tra gli altri Come un’ombra dal futuro (‘The Ecological Thought’, 2010, trad. it. Aboca, 2019); Ecologia oscura (‘Dark Ecology’, 2016; trad. it. Luiss University Press, 2021); Iposoggetti, con Dominic Boyer (‘Hyposubjects’, 2021; ivi, 2022). 

Ultimo della serie è finora il saggio breve Ecologia come testo, testo come ecologia (‘Ecology as Text, Text as Ecology’), apparso nel 2010 nella «Oxford Literary Review» (vol. 32, n. 1) e pubblicato da pochi mesi in edizione italiana per Krisis Publishing. A curare il volume sono Francesco D’Abbraccio e Andrea Facchetti, entrambi attivi nel campo della ricerca e della sperimentazione visuale. Fanno da cornice al testo di Morton l’introduzione dei curatori e la postfazione di MAIED (Büro für Architektur und transmediale Kunst), un duo composto dagli artisti Daniela Mitterberger e Tiziano Derme. MAIED ha partecipato nel 2021 alla diciassettesima edizione della Biennale di Architettura di Venezia, esponendo un’opera, Magic Queen, che si basa sull’interazione fra sistemi biologici e meccanici. 

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3. Il progetto editoriale all’interno del quale è inserito l’articolo di Morton esprime così il legame tra il testo e l’ambiente materiale, e l’interazione tra la dimensione naturale e artificiale, che sono oggetto del saggio. La prospettiva da cui Morton fa reagire e rinnova, più o meno consapevolmente, i termini della metafora libro-mondo fonde, come dicevo, i due modelli, l’alto e il basso: quello scientifico della leggibilità e quello orfico-simbolistico della profondità. È dallo spazio (e dal tempo) profondo che emerge il concetto stesso di dark ecology; la sua ‘oscurità’ non è solo un’alternativa critica alla solarità dell’ecologia consolatoria, ma è anche un riferimento alla profondità delle reti o maglie (in inglese mesh) che connettono gli elementi dell’ecosistema e li ibridano. L’origine di queste processi è la dinamica stessa del disastro: sono proprio le catastrofi, infatti, che da un lato rendono possibile la nostra esistenza e dall’altro ci conducono al prossimo collasso. Come osserva Morton in Ecologia oscura, ce ne andiamo in giro in macchina usando resti disintegrati di dinosauri (il combustile fossile che impieghiamo come carburante); le nostre montagne possono essere fatte di conchiglie e batteri fossilizzati e tutto in fondo dipende da un ciclo che include il disastro come elemento necessario, perché la selezione naturale implica l’estinzione. 

In questa penombra, la leggibilità del mondo non può coincidere, se non in parte, con la razionalizzazione scientifica dell’esistente, con l’organizzazione della natura in una sintassi lineare e in una lingua decifrabile. Deve contemplare anche un tasso di ineffabilità, di inesprimibilità forse post-razionale, certamente post-cartesiana (il pensiero ecologico di Morton accoglie la dimensione dello ‘strano’, del suggestivo, dell’allucinatorio). La contraddizione tra l’aspetto logico-scientifico dell’ecologia come sapere e quello straniante dell’ecologia come percezione alternativa del reale è superabile attraverso un rovesciamento: non è il mondo a poter assumere l’ordine di un testo, con i suoi caratteri univoci e definiti; ma è il testo che può corrispondere alla complessità delle relazioni ecologiche. Ciò che l’ecologia insegna, infatti, è che la separazione tra individuo e ambiente è fallace, e che la stessa nozione di ‘individuo’ è molto dubbia sul piano biologico. 

Nell’Introduzione, D’Abbraccio e Facchetti adottano la parola ‘risonanza’ per definire il «processo di traduzione e adattamento» che rende possibile il continuo scambio di informazioni che avviene in un sistema aperto, quale è appunto l’ambiente. Dispositivi ibridi come quelli costruiti da MAIED hanno lo scopo di rendere concretamente visibile questo scambio in due direzioni e la convergenza tra stimoli prodotti dalla tecnica e reazioni biologiche. Non è diverso l’obiettivo a cui tende la letteratura new weird – l’esempio più canonico sono i romanzi di VanderMeer e le creature e strutture immaginate nella Trilogia dell’Area X e Borne – che proprio con la teoria mortoniana ha un legame intrinseco e dichiarato. Weird è per Morton la parola che corrisponde all’oggetto dell’ecologia oscura; nella varietà dei suoi significati – spiega ancora in Ecologia oscura – designa insieme «una svolta, un avvolgimento o un intreccio, un colpo di scena». La sua applicabilità al piano narrativo sembra incoraggiata da una definizione come questa, che si ispira al movimento di una trama per esprimere il divenire dell’ambiente.

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Si capisce allora quale nesso ci sia tra i libri più noti e recenti di Morton e il saggio del 2010, in cui la metafora testo-ambiente è esplicitata nel titolo speculare (‘ecologia come testo, testo come ecologia’). Anzi, per D’Abbraccio e Facchetti non si tratta neanche più solo di una metafora perché per Morton il testo non è il termine di un’analogia ma è letteralmente un sistema che fa parte, senza soglie e partizioni, di un tutto. Non esiste, in altre parole, un confine tra testo ed extratesto. Ispirandosi direttamente ai principi del decostruzionismo, il filosofo scrive che la «distinzione testo-contesto è solo una comodità interpretativa». La famosa frase di Derrida in De la grammatologieil n’ay pas d’hors-texte – viene assunta da Morton come una «forma profonda e ampia di empirismo. Perché, invero, l’empirismo è lo studio delle relazioni tra le cose, e delle cose in quanto sistemi di relazioni». In base a quest’idea, per Morton, non «è che i testi facciano riferimento ad altri testi»; non si chiama in causa, cioè, una dimensione intertestuale – l’opera quale mosaico di citazioni, come voleva Kristeva – che resterebbe comunque all’interno del territorio della letterarietà o dell’estetica). Il punto è invece che il «testo smantella le distinzioni tra un di dentro e un di fuori».

Sul piano ecologico (e più in genere su quello biologico), il decostruzionismo ambientale di Morton ha una ricaduta conoscitiva, favorendo una fertile ermeneutica del materiale: «Natura, quel segno dell’extra-testuale, non esiste, strettamente parlando, neanche in termini biologici. Pensate agli anelli di un albero. Il volto di una persona è una mappa di tutto ciò che gli è accaduto. […] L’organizzazione materiale si rivela essere una serie di insieme di relazioni formali, e non roba palpabile». L’abolizione del confine fra dimensioni (come il dentro e il fuori appunto; o come la res cogitans e la res extensa), inoltre, ha una efficacia diretta nella percezione delle urgenze ecologiche: «non esiste più alcuno sfondo (ambiente, clima, Natura e così via) contro il quale l’attività umana possa differenziarsi». Possiamo ammettere, in questo senso, che l’idea per così dire tradizionale dell’ambiente esca rinnovata dalla prospettiva decostruzionista: l’ecologia come testo, insomma, è un’associazione efficace. Ma vale anche l’equazione speculare? Il testo come ecologia è una formula sensata?

4. Morton si occupa della questione in particolare nel penultimo paragrafo del saggio, Ecologia della scrittura, in cui prende le mosse da un testo del poeta statunitense Charles Bernstein (New York, 1950, tra i fondatori negli anni Settanta del movimento L=A=N=G=U=A=G=E). Il testo, incluso nella raccolta With Strings (2001), ha per titolo la frase con la quale coincide, cioè This Poem Intentionally Left Blank («questa poesia è lasciata intenzionalmente vuota»). 

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Osservando come la ‘poesia’ di Bernstein alluda ironicamente alle formule della burocrazia, Morton ne ricollega la forma e lo spazio nella pagina al grande precedente di Mallarmé e ne ricava questa considerazione: «Tutte le poesie sono ambientali, perché includono gli spazi in cui sono scritte e lette – spazio vuoto intorno e tra le parole, silenzio dentro il suono». 

La frase è suggestiva ma il concetto che sottende sembra piuttosto discutibile. L’importanza della produzione e della ricezione dell’opera, così come della dialettica, già avanguardistica e sperimentale, fra il testo e i suoi supporti materiali, non giustificano infatti l’aggettivo ‘ambientale’. L’analogia con l’arte ambientale intravista da Morton può riguardare semmai la poesia performativa, basata su un inscindibile legame tra il testo e la situazione, o diciamo appunto l’‘ambiente’, in cui l’opera viene e integrata e si manifesta. Ma anche in questo caso, la relazione fra il testo e il suo ambiente non si annulla, ma ha valore proprio in quanto si realizza superando le condizioni in cui la poesia moderna tipicamente viene fruita e per le quali viene concepita. Esiste eccome, insomma, la differenza tra dentro e fuori, senza la quale il concetto testuale di Bernstein non avrebbe ragione d’essere. Il testo come ecologia è perciò la parte più debole, e in sostanza sbagliata, della relazione speculare prospettata dal saggio di Morton (la cui intera opera, del resto, è un’affascinante sequenza di idee folgoranti e cortocircuiti, che apparirebbero veri e propri deragliamenti se leggessimo gli scritti di Morton secondo una logica argomentativa rigorosa: in realtà nei suoi saggi la componente speculativa e quella inventiva, o poetica, si incrociano spesso). 

Ma anche se la risposta è errata la domanda può essere giusta. Il saggio poneva infatti, sia pure in termini confusi o estremi, una questione essenziale su cui l’ecocritica ha per diverso tempo evitato di fermarsi. Dando valore, soprattutto etico e sociale, alla lettura di ambienti e paesaggi ‘come fossero testi’, ha per lo più trascurato la considerazione del testo come ambiente, cioè i modi in cui i fondamenti conoscitivi del sapere ecologico (e non solo i temi ambientali) possono interagire con le strutture del testo (più ancora che con i generi: fantascienza e distopia, nella pratica e negli studi, sono ormai configurazioni quasi scontate). 

In Letteratura e ecologia (2017) ho individuato nel dispositivo dello straniamento e nei rapporti di causalità complessa, che coinvolgono personaggi umani e ‘personaggi’ ambientali nel medesimo intreccio, due principi strutturali su cui si basa la relazione narrativa tra testo e ambiente. O meglio: tra le forme letterarie e i principi del pensiero ecologico. In contributi successivi ho messo in rilievo la configurazione temporale di narrazioni che richiamano esplicitamente l’immaginario dell’Antropocene; o, ancora, il rapporto fra i temi ecologici e le strutture enunciative nei testi poetici contemporanei.

Oggi, mentre si delinea la possibilità di una eco-narratologia (va per esempio in questa direzione il recente Environment and Narrative. New Directions in Econarratology, a cura di Erin James e Eric Morel, Ohio State University Press, 2020), occorre continuare a riflettere con lucidità sul testo come ambiente, se si vuole evitare l’alternativa tra due prospettive opposte, ma entrambe limitate. Da un lato il rifiuto o l’ignoranza, legati spesso alla fallacia tematica (cioè al pregiudizio che quello dell’ecologia sia un repertorio di valori irenici che si esplicano in racconti a tema ‘green’ e non un campo conoscitivo, oltre che una categoria culturale decisiva della contemporaneità). Dall’altro lato, l’adesione (autentica o suggerita dalla moda e dalle opportunità) alla dimensione etico-sociale dell’ecologia, quanto mai approvabile ma di per sé non sufficiente per scrivere o interpretare un’opera letteraria facendone emergere le intrinseche qualità.

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TAGGED: ecologia