Napoli, Museo Madre / I sei anni di Marcello Rumma, 1965-1970

5 Marzo 2020

Il regista Liev Schreiber racconta che quando morì il nonno, nel 1993, decise di cominciare a scrivere una storia della sua vita “nella speranza che potesse in qualche modo guidare la mia e creare una testimonianza più permanente della sua”. Però, ben presto, si accorse che i suoi scritti avevano “assunto la forma di un road movie in cui un giovane americano si reca in Ucraina in cerca del proprio patrimonio culturale”. Alcuni anni dopo, imbattutosi nel romanzo Ogni cosa è illuminata di Jonathan Safran Foer, è “rimasto stupito dalle analogie tra la mia storia e la sua”. Per queste similitudini concluse di realizzare la trasposizione cinematografica del romanzo. Così, romanzo e film, diventano un viaggio nella memoria, una metafora del ricordo, la necessità di non dimenticare la Storia e, soprattutto, le storie delle persone comuni segnate dagli accadimenti della vita. Sono gli stessi intenti e propositi rintracciabili nella scelta di organizzare la mostra I sei anni di Marcello Rumma, 1965-1970, al MADRE - Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina di Napoli, fino al 13 aprile 2020. 

 

I sei anni di Marcello Rumma, 1965-1970 Veduta della mostra al Madre·museo d'arte contemporanea Donnaregina, Napoli Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli Foto ©Amedeo Benestante.


Sebbene l’obiettivo della retrospettiva non sia quello di celebrare il genius loci né, tanto meno, Marcello Rumma tout court, l’esposizione, per alcuni aspetti, è un prezioso, quanto dovuto, atto di riguardo nei confronti di un importante protagonista del panorama culturale degli anni Sessanta, sia locale che nazionale, promotore di inedite quanto rivoluzionarie attività i cui esiti sono tuttora individuabili. Il principale dichiarato intendimento è quello di attivare una riflessione critica coerente, per ri-sistemare e ri-ordinare la storia, ri-attivando il ricordo che costruisce il tessuto dell’identità. 

Come in un percorso nella memoria, con pareti grigie e un’illuminazione che cambia di intensità allorquando si posa sugli elementi esposti, la mostra si articola su più livelli che corrono paralleli. Mediante un racconto rigorosamente scientifico, cronologicamente minuzioso, intimo e collettivo allo stesso tempo, è tracciata una storia locale e generale e, contemporaneamente, è disegnato il ritratto di un uomo, Marcello Rumma (Salerno, 1942-1970), figura centrale nel dibattito culturale alla fine degli anni Sessanta. Di sala in sala, gli aspetti personali e pubblici di Marcello Rumma si confondono e si sovrappongono di continuo, in un costante e ininterrotto intreccio tra privato e sociale, con i suoi progetti editoriali ed espositivi, accompagnati dalla sua costante e brillante attività di collezionista. Nello sviluppo narrativo, i curatori Gabriele Guercio con Andrea Viliani, hanno sapientemente distribuito opere, pubblicazioni, missive, fotografie (tra le quali, quelle di Mimmo Jodice, Ugo Mulas, Claudio Abate), articoli di giornali, pubblicazioni, libri, riviste, che delineano il ritratto privato di Marcello Rumma, mai disgiunto da quello pubblico. 

 

I sei anni di Marcello Rumma, 1965-1970 Veduta della mostra al Madre·museo d'arte contemporanea Donnaregina, Napoli Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli Foto ©Amedeo Benestante.


Da subito, colpiscono i numeri: ben undici sezioni, più una – la zero, spalmate in ventinove sale, suddivise tra il terzo e il secondo piano del museo, con più di settanta opere d’arte provenienti anche dalla Collezione Rumma, intervallate, come detto, da una messe di materiali per delineare, con un ordine finemente cadenzato, un arco di tempo di appena sei anni. Sei anni intensi, pieni e produttivi, quasi vissuti per raccontarli, che vedono Marcello Rumma svolgere un ruolo di primo piano a soli ventitré anni fino alla sua prematura scomparsa a ventotto anni. Anni che, come detto, hanno segnato la vita culturale della città campana e della storia dell’arte in generale. Perché, tra le diverse attività che la brillante e fervida mente di Marcello Rumma portò avanti, fondamentali, e ormai veri capisaldi, sono le tre edizioni della Rassegna di Arte Internazionale organizzate in una città e in un luogo del tutto impensabili per quel periodo, completamente fuori da tutti quelli che allora erano i circuiti espositivi conclamati: gli Antichi Arsenali della Repubblica, ad Amalfi. Qui riunì artisti e critici che divennero, da lì a poco, il gotha dell’arte contemporanea. Risale al 1966, Aspetti del “ritorno alle cose stesse”, a cura di Renato Barilli (una riflessione sulla pittura che coinvolse, tra i vari artisti, Giosetta Fioroni, Tano Festa, Titina Maselli, Mario Schifano); al 1967, L’impatto percettivo, curata da Alberto Boatto e Filiberto Menna (incentrata sulla percezione delle più recenti produzioni artistiche, con Robert Indiana, Jasper Johns, Andy Warhol, Roy Liechtenstein, Piero Dorazio, Enrico Castellani); al 1968 Arte Povera più Azioni Povere, a cura di Germano Celant, una sorta di definitiva consacrazione dell’Arte Povera, soprattutto in uno spazio pubblico, dopo le sue apparizioni nelle gallerie La Bertesca di Genova e de’ Foscherari di Bologna, con Giovanni Anselmo, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario e Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali e Gilberto Zorio, Richard Long, Paolo Icaro, Michelangelo Pistoletto, Alighiero Boetti (nel 2018 il Castello di Rivoli ha dedicato una mostra a questa edizione). 

 

La distanza temporale, ha permesso di comprenderne appieno la portata di quelle iniziative. "Marcello Rumma l'ho incontrato direttamente ad Amalfi, in occasione della mostra Arte Povera più Azioni Povere, pur avendolo conosciuto pochi giorni prima a Torino – ha dichiarato Giovanni Anselmo, in occasione della mostra. Non c'erano quindi tra noi rapporti così stretti. Mi è dispiaciuto non aver approfondito la sua conoscenza, in virtù dell'evento da lui organizzato, che si è poi rivelato essere di notevole importanza per l'epoca. Ricordo una mostra piena di energia, ma direi anche "avventurosa", perché non c'era nulla di preorganizzato; gli artisti, quando arrivavano, occupavano lo spazio che c'era e che meglio si confaceva con le loro opere cercando di non interferire troppo con quelle dei colleghi". Per Renato Barilli, Marcello Rumma “si sentiva un po’ cinto d’assedio dai concittadini emersi o emergenti, in genere appoggiati all’ambiente di Roma. Volendo organizzare mostre, ragionò al modo dei Comuni medievali, per la cui direzione si ricorreva a un podestà residente in altro luogo, per non dover scegliere tra le varie fazioni locali. Per questo si rivolse a me per Ritorno alle cose stesse – titolo ripreso da Edmund Husserl di Amalfi, per la quale adottai una visione inclusiva applicata alla Pop Art, coinvolgendo artisti di Pistoia, Milano, Torino, con una critica verso i colleghi romani animati da un eccesso di “purezza” nelle loro scelte. Linea seguita da Marcello Rumma che, infatti, acquistò un dipinto di Domenico Gnoli, nonostante molti gli suggerirono di liberarsene. Una collaborazione la mia che non si limitò solo all’edizione del ’67 ma si protrasse anche in quella del ’68, suggerendo come curatore Germano Celant, allora alle prime battute”.

 

I sei anni di Marcello Rumma, 1965-1970 Veduta della mostra al Madre·museo d'arte contemporanea Donnaregina, Napoli Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli Foto ©Amedeo Benestante.


Anni frenetici, intensi, ricchi, che trovarono, nel territorio campano, un terreno fertile. Non si deve dimenticare che a Napoli si estendeva il regno di Lucio Amelio (anch’egli celebrato al MADRE con una mostra nel 2015) con la sua Modern Art Agency aperta nel 1965. Con Amelio collaborò, come socio, dal 1970 al 1974, Pasquale Trisorio allorquando, con la moglie Lucia, fondò Studio Trisorio (è di questi giorni la pubblicazione del volume Studio Trisorio una storia d’arte che ne ripercorre i quarantacinque anni di attività). Nonché la presenza di autorevoli collezionisti quali Vittorio Baratti, Peppino Di Bennardo, Renato e Liliana Esposito, Graziella Lonardi Buontempo, Giuseppe Morra.

Una mente, quella di Marcello Rumma, che correva veloce, come la sua fluttuante scrittura delle lettere indirizzate ad artisti e curatori. Sempre impegnato in molteplici progetti. A Salerno, nei primi anni Sessanta, affianca il padre Antonio Rumma nella gestione del Collegio Parificato Arturo Colautti di proprietà della famiglia Rumma, fondato nel 1935. È da qui che prenderanno avvio le sue prime iniziative culturali, a partire dai cambiamenti che apportò al sistema educativo, attraverso un sistema di esperienze di vita comunitaria con una “didattica aperta”, una sorta di Bahaus italiana. 

Nel 1965: dà alle stampe il numero unico di Il Ponte, Rapporti e Nuove Angolazioni, tre riviste scolastiche, osannate anche dalla stampa con titoli del tenore “Miracolo scolastico in provincia di Salerno”, nelle quali l’arte ha un ruolo dominante, come chiaramente esplicitato già dalle copertine: Arbre des lentes insomnies, 1964, di Guido Biasi, acquistata qualche mese prima dallo stesso Marcello Rumma, su Il Ponte; Da una storia di mio nonno, 1965, di Bruno Donzelli su Rapporti; Gran Cairo, 1962, di Frank Stella su Nuove Angolazioni; riviste che vedono raccolti interventi di intellettuali del calibro di Edoardo Sanguinetti o Eduardo De Filippo. Finanzia una squadra di calcio. Apre una sala cinematografica. Fonda il Colautti Club, poi trasformato in Centro Culturale Colautti. 

Nel 1966: organizza la già citata prima Rassegna di Amalfi. 

 

I sei anni di Marcello Rumma, 1965-1970 Veduta della mostra al Madre·museo d'arte contemporanea Donnaregina, Napoli Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli Foto ©Amedeo Benestante.


Nel 1967: nel suo appartamento a Parco Persichetti, insieme alla moglie Lia Incutti Rumma, dà avvio alla sua collezione d’arte, aperta alle più innovative proposte artistiche dell’Arte Povera e della Pop Art; organizza la seconda edizione della Rassegna di Amalfi, affiancata dal convegno della critica d’arte Lo spazio dell’arte d’oggi, con i preziosi contributi di Barilli, Calvesi e Menna; la Prima Rassegna Nazionale dell’Incisione Contemporanea, a cura di Maurizio Calvesi, Germano Celant e Filiberto Menna, nella Hall del Teatro Augusteo, e la Prima Rassegna di Scultura Italiana Contemporanea, a cura di Renato Barilli, Gillo Dorfles e Filiberto Menna, sotto i portici del Palazzo Comunale; assume la direzione artistica dello spazio espositivo dell’Agenzia Einaudi 691, ricavato appunto all’interno della libreria Einaudi. 

Nel 1968: oltre alla terza edizione della Rassegna di Amalfi, organizza Ricognizione cinque, un ciclo di cinque mostre personali di artisti affiancati da cinque critici, in cinque mesi, a cura di Angelo Trimarco, il cui catalogo, stampato dal Centro Studi Colautti, vede i testi dei critici accostati a quelli degli artisti, in un costante dialogo tra arte e critica; rassegna abbinata al convegno L’Assemblea della Libera Repubblica dell’Arte, quasi in contrapposizione a quanto accadeva alla XXXIV Biennale di Venezia (in mostra è esposta la foto di Ugo Mulas con la celeberrima “decisione” di Pino Pascali di ritirare le sue opere dalla Biennale; una piccola nota di colore: nel firmare la sua attestazione, Pascali riporta come indirizzo i codici postali Venezia e EUROPA); fonda la Casa Editrice Rumma che, oltre alle collane Saggi e Saggidue, tra i numerosi progetti, annovera la traduzione italiana di scrittori e filosofi europei come Jean Paulhan, Eugen Fink, Marcel Duchamp (Marchand du Sel), la pubblicazione di L’uomo nero, il lato insopportabile di Michelangelo Pistoletto.

 

I sei anni di Marcello Rumma, 1965-1970 Veduta della mostra al Madre·museo d'arte contemporanea Donnaregina, Napoli Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli Foto ©Amedeo Benestante.


Tappe biografiche che si rincorrono, che freneticamente si sovrappongono, quasi in costante affanno, ricostruite nella mostra dove, però, si percepisce una serena e imparziale atmosfera che calorosamente accoglie e accompagna il visitatore nella scoperta e conoscenza “di un sognatore che ha dimostrato che con la tenacia e la perseveranza, i sogni si possono concretizzare”, come ama dire Lia Rumma. Sogni evidenti già nella prima sala, significativamente denominata Punti di origine, dove troviamo come una summa dell’intero arco della sua vita: una cartolina di Parigi dove a soli quattordici anni Marcello Rumma si recò, grazie ai suoi risparmi, per visitare e vedere dal vivo le opere d’arte del Louvre; l’olio su carta Periferia, di Renzo Vespigani, la prima opera acquistata da Marcello e donata all’allora fidanzata Lia (conosciuta proprio lungo i corridoi del Collegio, nel quale Lia, neo laureata, inizia a insegnare latino) che segna l’inizio di tutta l’avventura culturale e collezionistica; l’olio su tela Natura morta di Mario Carotenuto che lo stesso artista donò alla coppia come regalo di nozze nel 1967; una piccola foto della famiglia Rumma, con la mamma Renata Ricciardi e il papà Antonio Rumma; una cartolina del Collegio Colautti e la raccolta di poesie verrà questa sera … del fratello maggiore Gianni Rumma morto nel 1961 e pubblicate nel ’67 da Rumma Editore. Un allestimento equilibrato, dove le opere sono ben bilanciate dai materiali di archivio i quali, a loro volta, sono disposti in leggii e in teche agevolmente fruibili, con un buon apparato didascalico e pannelli esplicativi di introduzione a ciascuna sezione, affidati a storici-critici-curatori distinti. Di sala in sala aumenta la sensazione di conoscere sempre meglio Marcello Rumma, i suoi progetti e la sua sfera affettiva (attraverso le foto con Lia o durante alcune cerimonie o durante i convegni) e, allo stesso tempo, di ritrovarsi immersi in quell’atmosfera di grandi fermenti e cambiamenti, uscendo così con la sensazione non solo di aver approfondito in maniera dettagliata un periodo storico per molti versi ancora aperto, nonché il deus ex machina di tutto questo fermento, fulmineamente interrotto nel 1970.

 

E, dopo un anno di smarrimento, Lia Rumma, che sin dall’inizio ha seguito Marcello “incuriosita da quello che accadeva intorno a noi, dall’interesse di Marcello per l’arte contemporanea, avendo una formazione classica, ero intrigata dai nuovi linguaggi artistici che Marcello afferrava immediatamente: lui guardava, capiva e comprava. Per questo viaggiavamo molto, allacciando buone relazioni con artisti, galleristi. La nostra casa era sempre aperta a tutti: l’ultima stanza, la sala da pranzo, in fondo al corridoio, era sempre apparecchiata per accogliere chiunque venisse a farci visita. Perché per Marcello era fondamentale, sempre, il contatto umano, con gli artisti, col pubblico. E non si preoccupava del valore che quel lavoro poteva avere piuttosto di un altro, per lui quello che contava veramente era che il lavoro piacesse a lui”. Lia prende in mano le redini di quanto finora compiuto e, trasferitasi a Napoli, apre nel 1971 la sua galleria. Il resto è già storia. E l’emozione nella sua voce e nei suoi occhi nel parlare di Marcello e di questa mostra indica il senso che l’intera esposizione ha per lei: un viaggio durante il quale “mi sono ritrovata con Marcello e ci siamo salutati”.

 

I sei anni di Marcello Rumma, 1965-1970

Madre_Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina, via Luigi Settembrini 79 - Napoli

fino al 13 aprile 2020

orari: chiuso martedì; lunedì e da mercoledì a sabato 10.00 – 19.30; domenica 10.00 – 20.00

biglietti: intero € 8.00, ridotto € 4.00 (gratuito prima domenica del mese)

info: info@madrenapoli.itwww.madrenapoli.it

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