La retorica della divulgazione / Publisher in love

13 Febbraio 2017

Quale editore italiano oserebbe mai, neanche su un tema quale l’amore che va per la maggiore, pubblicare un’antologia che, seppure in paperback, costa 42.99 sterline e consiste in ben trecentonovantadue pagine? Credo davvero in pochi. Ormai qui da noi domina un certo tipo di retorica della divulgazione, e quando all’editore di turno proponi un volume leggermente più complesso, nonostante il tuo nome di autore permanga serio, non pratichi tuttologia, non pubblichi un volume dopo l’altro, solo per trasformarsi in personaggio che la massa adora, e si è recato ben poco in questa nostra televisione che mira più alle polemiche rispetto all’informazione, mentre preferisce a codesta malmessa televisione la radio, ti viene di solito risposto, con accento milanese o romano, “no, mia cara, qui gli italiani non leggono, quando leggono lo fanno a caso, se leggono se ne vantano su anobii solo per l’allucinazione di credersi recensori.

 

E, poi, mia cara, diciamocela tutta, un librettino sulle cento pagine sul come far sesso venderebbe, ma quanto tu mi stai proponendo sui differenti tipi di amore e di amare (amare giocare a basket non è come amare il tuo gatto, amare l’uomo che ti mena, in senso metaforico o non, non è come amare quello che ti ammira e stima, amare davvero e sul serio senza infantilismi, egoismi, permalosità, fissazioni, utilizzazioni, invece, ti modifica. E poi cosa scriveresti? Pure che ami un gay? O sulla differenza tra amicizia e amore? No, ti prego, non funziona. Mia cara, hai trascorso troppo tempo in Inghilterra. Sei una deviata. Cerca di comprendere: leggiti il vecchio e antesignano Alberoni e simili, e comprenderai come scrivere e pubblicare. E poi un suggerimento: davvero un volume sul come far sesso (etero), sempre breve, quello sì che interesserebbe, specie sfumandolo sado-maso e con qualche donna che si accaparra, per disperazione o menefreghismo, l’arricchito che ti vuole donna standard ingioiellata, o l’ultimo extra-comunitario di turno. No, mia cara non pensare a un rifugiato, forse a un profugo, o forse a chi è qui solo per far soldi, con pregiudizi religiosi sulle donne non da poco: eppure alcune italiane donne amano costoro. Insomma, sei una filosofa: perché non gettarti con divertimento sul filone delle sfumature di grigio e varie, a sopperire la pulizia e il rigore che la tua pratica esige?”

 

Ph Helmut Newton. 

 

Che imbecille, mi dico! Se seguissi il consiglio condurrei un’esistenza più che agiata, non una in cui uno/a sportivo/a pure di serie zeta, magari privo/a di istruzione, guadagna ben più di me. Del resto, sarebbe facile scrivere banalmente e scarsamente, con qualche apparizione tv, e sarei ben accettata nella nostra epoca populistica, ove ogni rispetto e ogni competenza viene smarrita o dopata.

Eppure nella vita ho scelto di fare la filosofa. Non per fuggire dalla provincialità (sono nata a Porto Maurizio, unita poi da Mussolini ad Oneglia, ora per tutti/e “Imperia” – nome detestabile, da cui sono provenuti politici detestabili. Non vi torno quasi più. I vari scaiolani e scaolini (scandali a parte) l’hanno ridotta a una miseria, piccola “dimora” scarso-hollywoodiana. 

Ecco: l’amore per la città, per la conservazione di un certo paesaggio, che ogni filosofa d’estetica avrebbe difeso; invece, quell’amore se n’è andato come niente. Al pari della cultura seria.

Come se ne esce? Pure l’amore, il desiderio, l’identità personale paiono ora scomparti riservati a poche persone colte.

 

Già ho appena terminato di leggere Philosophy of Sex and Love, pensato da Gary Foster, e uscito, da poco, lo scorso ottobre per la OUP. Il saggio di Sartre che mai ho sopportato per supponenza, filosofo del “vero” nulla, nonché filosofo evanescente, e ogni altro saggio (di nomi valevoli, non certo alla Sartre) del volume costituiscono un omaggio per chi ipotizza d’amare, senza propriamente amare. E con cui magari solo “scopare” (se va bene – perdonate il termine) in un determinato giorno alla settimana. E la passione? Sostituita dalla programmazione!

Però proseguo a lottare e a consigliare questo volume esemplare, filosoficamente parlando. A contare in amore, permangono il desiderio (lo tradurrei giusto in passione) e la propria identità personale, in cui coesistere e crescere, con responsabilità e sensibilità. Preferendo – esempio banale – l’amata o l’amato, a una carriera veloce, in cui una donna si ritrova spesso a fare da serva silente al capo di turno, senza alcuna lungimiranza, su di sé e sulle generazioni future. Ripeto: lo illustra e argomenta assai bene Desire, Love, and Identity: Philosophy of Sex and Love, in cui rintracciamo vari scritti, in cui si intrecciano, a firma di diversi autorevoli pensatori e studiosi, temi topici: primariamente l’identità sessuale e l’oggettificazione sessuale, l’etica del commercio sessuale (perché semplificarle e distorcere tale commercio con “prostituzione?”).

 

Ma pure l’amore, e pure il sesso online, va analizzato nei molteplici modi in cui viene di fatto realizzato, analisi questa che, più che al filosofo, al di là delle proprie argomentazioni con conclusioni negative sul fenomeno, dovrebbe competere a sociologi e psicoanalisti.

“Insomma – mia cara – quel libro lo hai letto tu e quei pochi stupidi che conoscono l’inglese, e sono disposti a pagare un volume molto serio, non a spendere meglio i propri denari in oggetti di ben altro tipo, per circondarsi di ragazze alla Donald Trump.”

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