Milano, che fare?

15 Ottobre 2025

La scala di concezione e governo della città di Milano non può che essere metropolitana, cioè anche al di fuori del confine comunale (che racchiude un’area relativamente modesta di ca. 180 kmq), coinvolgendo così l’intera Città Metropolitana, nonché la parte conurbata della Provincia di Monza e Brianza, per ca. 4 milioni di abitanti. La gestione urbanistica per parti separate, senza una visione d’insieme, che è tra le cause del prevalere di interessi privati, nelle proposte di interventi del tutto autoreferenziali, ha causato il pregiudizio dell’interesse pubblico e collettivo, in una complessiva opacità di processi e fini.

È importante partire da un assunto condiviso: si fa la Città metropolitana solo se si chiude l’anello ferroviario nel suo tratto mancante (da Porta Genova/San Cristoforo a Villapizzone/Bovisa) sciaguratamente interrotto cento anni fa: di necessità virtù, il nuovo tracciato potrà essere più eccentrico passando per San Siro/Lampugnano. La chiusura dell’anello tramite il secondo passante consente una sinergica connessione di tutto il sistema del ferro e con gli altri sistemi di trasporto e mobilità. Potremmo avere già il secondo passante in cantiere: l’accordo con Ferrovie dello Stato sulla trasformazione degli scali ferroviari (2017) è avvenuto senza impegnarle nella realizzazione di tale secondo passante, con scelta molto miope considerando che proprio tale infrastruttura era l’oggetto della trattativa con FS delle precedenti amministrazioni. L’accordo del 2017 tra Comune e FS, peraltro avvenuto al di fuori della discussione del PGT e dunque ancora una volta senza una logica d’insieme, sarebbe stato in ogni caso momento propizio, e purtroppo irripetibile, per vincolare la trasformazione delle aree a un serio investimento sull’anello del ferro, da parte di FS: la città si è invece accontentata – senza nemmeno rendersene completamente conto – di qualche stazione locale e sistemazioni di quartiere. L’obiettivo dell’urbanistica milanese e in particolare del nuovo PGT deve essere primariamente l’individuazione dei modi di realizzazione di questo secondo passante (tra cui il suo finanziamento), infrastruttura imprescindibile per fare la città metropolitana, per connettere la città consolidata con le periferie e con tutti gli insediamenti della conurbazione. Con il secondo passante in esercizio, tutti i cittadini e visitatori, inclusi i ca. 400.000 milanesi espulsi dalla città negli ultimi decenni, potranno più comodamente muoversi, su mezzo pubblico o in modo integrato, nell’intera area metropolitana.

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La difficoltà delle nuove generazioni nell’accesso alla casa, l’espulsione del proletariato e perfino della classe media da Milano, la scelta obbligata di soluzioni temporanee o in affitto sono fenomeni evidenti e costituiscono un grave vulnus alla stessa idea metropolitana. Milano, nonostante il grande marketing urbano che almeno a far data dall’EXPO 2015 l’ha magnificata, è diventata una città nei fatti sempre meno inclusiva. Il tema della casa è urgente e una città come Milano non può più rimandare la realizzazione di case popolari per le fasce meno abbienti, anche per assicurare un adeguato mix sociale nei quartieri, incluso il centro cittadino: vere case popolari, e non semplicemente housing sociale, termine equivoco spesso strumentalizzato ad arte in tutti i nuovi interventi di cosiddetta rigenerazione urbana. Gli obiettivi sono molteplici: consolidare gli insediamenti popolari già esistenti e spesso oggetto di mire speculative, ristrutturarli cercando di evitare la sostituzione (spesso gli insediamenti sono a firma di importanti architetti degli ultimi cento anni), destinare risorse economiche per la costruzione di nuovi insediamenti, anche in quartieri centrali, sperimentare tipi e forme urbane in cui alloggi popolari convivano con alloggi sul mercato libero.

Un ulteriore imprescindibile obiettivo politico e urbanistico è il sostegno della realizzazione di abitazioni sul mercato libero in cui la rendita sia mantenuta dai proprietari stessi, senza che il profitto remuneri l’intero capitale: si pensi ad esempio a modalità cooperative e in generale comuni (ci sono tanti esempi oggi nelle economie di mercato: per es. community land trusts e tenant syndacates), in cui la voce profitto non fa parte del piano economico, potendo così offrire case a prezzi più contenuti rispetto al mercato libero. La parte politica dovrebbe incentivare queste operazioni, per es. calmierandone gli oneri rispetto ad operazioni con capitale finanziario, così contribuendo all’offerta sul mercato di abitazioni più economiche, per una città veramente inclusiva: non solo a parole.

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Fotografia di Gabriele Lancione.

È dunque urgente la sperimentazione di nuovi complessi edilizi, alla scala dell’isolato per esempio, in cui coabitino persone di diversi censi ed estrazioni sociali, in abitazioni godute con varie forme di proprietà o concessione di lunga durata – se si tratta di terreno pubblico –, al fine di contrastare la segregazione all’interno della città e il proliferare di quartieri autonomi o abbandonati a sé stessi.

Le scelte sull’urbanistica, su infrastrutture e mobilità e sulla casa devono necessariamente essere discusse nelle sedi appropriate: è inoltre decisivo per una gestione efficace della città metropolitana che le decisioni del Comune di Milano siano sempre più delegate ai Municipi, fino alla piena ottemperanza della Legge 7 aprile 2014, n. 56, così da addivenire a un confronto diretto con gli altri comuni della città metropolitana in un bilanciato organismo decisionale quale un rinnovato Consiglio metropolitano: le scelte per la città di Milano e il suo territorio non possono che essere prese alla scala metropolitana e guidate da un sindaco metropolitano.

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