De Bonis: Leopardi con Keynes
La prima volta che ci siamo incontrati senza incontrarci è stato nel 2001 al Palazzo delle Esposizioni vicino alla Banca dove Riccardo lavorava. Veniva presentato il volume 18 di Riga dedicato ad Alberto Arbasino uscito nel marzo di quell’anno con un articolo di Roberto, l’unico che sono riuscito a strappargli di argomento quasi letterario. Roberto l’aveva invitato e Riccardo era venuto. Nel 2020 quando Arbasino è scomparso, Riccardo mi ha mandato tre suoi brevi pezzi scritti per il blog letterario cui collaborava. Uno dedicato a Fratelli d’Italia, edizione 1963, un altro a La vita bassa e poi a La bella di Lodi del 1972. In quest’ultimo l’occhio dell’economista aveva visto nel libro di Arbasino il vero romanzo del miracolo economico italiano. Lì figurava l’espressione “educazione finanziaria”. Scriveva Riccardo:
“Ma, soprattutto, altro che fragilità dell’educazione finanziaria italiana. Tutti a parlare di Borsa, azioni, titoli, denari liquidi, investimenti, risparmi, bilanci, proprietà, garages, ragionieri e contabili, i consigli economici degli zii e delle zie (elegantissime)”.
Così la prima volta che ci vedemmo insieme a Roberto e Liliana, e poi con Andrea e Luisa, e naturalmente Concetta, qualche anno prima del Covid, mi parlò di Gadda, il suo grande amore. Nonostante che abbia provato a fissare con la memoria la data di quando questo avvenne – 2015 o 2016 – non mi è riuscito di trovare l’anno preciso, perché Riccardo appartiene a quelle persone per cui non si diventa amici, ma si è già amici. Un’amicizia iniziata, oltre che per l’immediata simpatia reciproca, per l’interesse, anzi il desiderio che Riccardo provava per la letteratura, una vocazione che aveva sicuramente sentito sin dall’epoca del liceo e coltivata anche all’Università, per quanto si fosse iscritto a Economia e laureato nel 1983, ed è stato per tutta la vita economista alla Banca d’Italia. Così gli era rimasta questa zona franca che è diventata, negli anni in cui ci siamo frequentati, la base di molti discorsi e anche scambi via e-mail. Poi nel 2017 ebbi l’idea di coinvolgerlo in "doppiozero". Un primo articolo dedicato al ricordo di Marcello De Cecco nel marzo del 2017, quindi un ritratto di Federico Caffè nell’aprile del medesimo anno, in cui per altro torna il nome e una citazione di Alberto Arbasino. Sono stati 20 articoli, di cui sei dedicati alla “educazione finanziaria”, tema che apparteneva al suo nuovo incarico in Banca. Quello che più era piaciuto in redazione, è però quello dedicato a Piero Sraffa, ispirato a 97 lettere editoriali spedite dall’economista a Giulio Einaudi, un mito anche per la sua storia personale, Gramsci e la Cambridge di Wittgenstein e Keynes, uno dei due autori su cui Riccardo si era laureato alla Sapienza – e a Cambridge era stato a studiare.

Mi scuso se la sto facendo lunga su questa aspirazione letteraria di Riccardo, su questa vocazione interrotta, ma sempre risorgente nelle cose che diceva e scriveva. Forse dovrei dire chi è stato Riccardo senza troppi preamboli e digressioni. Un amico prima di tutto, una persona che sa ascoltarti e che è attento a quello che dici in modo profondo. Una persona elegante nell’animo e nei gesti, generoso, saggio e riflessivo, senza che avesse soffocato la parte infantile della propria personalità che si evidenziava in dettagli: osservazioni e curiosità. Forse l’aggettivo più adatto per descrivere Riccardo è gentile: garbato, affabile, cortese. Il sostantivo gentile è un termine che è usato nel Vangelo per indicare i “non ebrei”, ma che ha la propria origine nella parola greca che indica la gente in senso lato. L’attenzione che Riccardo aveva per la gente è una dote rara: la sua attenzione verso gli altri, un modo di parlare degli altri che spesso non conoscevo e che lui descriveva senza quella punta di cinismo che spesso si attribuisce agli abitanti della città in cui è nato e vissuto, Roma.
Uno degli ultimi articoli spediti a "doppiozero" è dedicato a Leopardi, che la redazione ha giustamente intitolato: Giacomo Leopardi uno di noi. È la recensione al libro che il suo amico Franco D’Intino, con Davide Pettinicchio e Lucia Abate, ha dedicato ai progetti – i cosiddetti disegni letterari – presenti nelle pagine del poeta: programmi abbozzati e mai più ripresi. In quei disegni di Leopardi mai portati a termine Riccardo scorge con occhio sicuro una persona umanissima, simile appunto a ognuno di noi. Le nostre vite anche quelle più piene di cose, idee e realizzazioni, e la vita di Riccardo marito, padre, amico, economista, scrittore, lo è stata senza dubbio, restano sempre non finite. Le nostre esistenze sono abbozzi, schizzi, tratteggi, opere non terminate. Come quella di Giacomo Leopardi sono piene appunto di progetti non completati. La nostra finitezza è il limite, in questo caso dolorosissimo, contro cui ci scontriamo continuamente. Ho riletto quell’articolo letterario, l’unico pubblicato su "doppiozero", luogo in cui lo costringevo a fare l’economista o al massimo lo statistico, e ho ritrovato quella pacatezza che tanto ho amato in lui anche nel corso della malattia che ce lo ha portato via. E questa serenità mi resta come un segno ulteriore della sua gentilezza d’animo, che serbo come il dono prezioso di vera amicizia, perché amici così si resta per sempre.
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