Jürgen Habermas: i media e la democrazia

23 Dicembre 2022

Nel 1962, orsono sessant’anni, un giovane sociologo tedesco pubblicò la tesi di Libera docenza, discussa presso l’Università di Marburg, con il titolo Strukturwandel der Öffentlichkeit («Cambiamento strutturale della sfera pubblica»). Fu la prima di una serie di opere, alcune monumentali, grazie alle quali Jürgen Habermas divenne noto al pubblico internazionale. Quel primo saggio trattava della storia dell’affermarsi, nel corso dell’Illuminismo, della sfera/opinione pubblica quale principio democratico contro la censura e la politica segreta, ma anche di come la commercializzazione dei massmedia introdottasi in seguito minacciasse la libera argomentazione razionale mettendo a rischio il primato del tema meglio argomentato.

Trent’anni dopo, nel 1990, anno della riunificazione della Germania, Habermas scrisse una nuova lunga premessa a quel saggio nella quale, oltre a prendere le distanze dalle giovanili simpatie marxiste, rinnovava le sue preoccupazioni nei confronti dei pericoli che minacciavano il pluralismo dell’opinione pubblica.

Ancora trent’anni, e siamo all’oggi, un Habermas nonagenario presenta un breve «sequel» sulle recentissime trasformazioni strutturali della sfera pubblica date dalla digitalizzazione dei media.

Lo fa in un libretto di cento pagine uscito da Suhrkamp nel gennaio del 2022, Ein neuer Strukturwandel der Öffentlichkeit und die deliberative Politik, e non ancora pubblicato in lingua italiana, cui auguro un titolo meglio rispondente ai contenuti che non quello scelto da Laterza nel 1971: Storia e critica dell’opinione pubblica. Tre sono i contributi che lo compongono, tutti già pubblicati ma di non facile reperibilità: il primo è dedicato esplicitamente al cambiamento della sfera/opinione pubblica dovuto all’introduzione dei media digitali; i due seguenti alla democrazia deliberativa. Brevi e succosi, si dimostrano però alquanto discutibili rispetto alla coerenza: ne dirò qualcosa in seguito.

L’ultimo degli accademici impegnati

Jürgen Habermas è il sociologo e filosofo tedesco vivente più rilevante sul piano internazionale; con la sua teoria e etica del discorso ha portato contributi significativi alla filosofia contemporanea. Egli rappresenta inoltre la figura dell’intellettuale impegnato, dell’accademico sulla breccia che interviene nel dibattito politico e i cui libri sono letti non soltanto da altri accademici ma anche dal pubblico colto generico: una figura peraltro in via di estinzione, in Germania ma prima o poi anche in altre latitudini.

Filosofia e sociologia infatti, discipline nelle quali si affrontavano questioni essenziali e che provocavano discussioni appassionate e vere e proprie lotte intellettuali, si sono specializzate, in un inseguimento patetico delle discipline dure, scientifiche; si scrivono sempre meno libri e sempre più articoli in inglese, rilevanti soltanto per gli specialisti e non recepiti dal vasto pubblico. L’interesse per la filosofia rimane, e però viene gestito da personaggi fuori dall’accademia, con le proprie star e i propri media, e con un linguaggio che non è più quello della filosofia accademica che si rivolge a lettori generici. A scrivere libri di filosofia accademica sono rimasti gli accademici in pensione, gli emeriti.

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Stampa e digitale, privato e pubblico

Una trasformazione di analoga portata fu anche il passaggio epocale dalla stampa al digitale, dopo quello che aveva portato dalla scrittura alla stampa. Nota Habermas che «come la stampa ha reso tutti potenziali lettori, così la digitalizzazione sta rendendo tutti potenziali autori. Ma quanto tempo ci è voluto perché tutti imparassero a leggere?». Secoli. Scrivere poi è più impegnativo di leggere; richiede accurate conoscenze e competenze, esige studio, impegno, professionalità…

Negli spazi digitali inoltre si stempera fino a dissolversi del tutto la divisione tra privato e pubblico. Chats e Bubbles digitali non sono né l’uno né l’altro, mentre offrono un fertile terreno di coltura alle Fake News che corrodono la politica: a detta di Habermas i media digitali accelerano il declino della democrazia perché sono il contrario del discorso, questo sì cuore pulsante della democrazia, accessibile a tutti e condotto con argomenti razionali e al quale, concede a denti stretti Habermas, anche emozioni, narrativa e retorica possono cum juicio partecipare.

La bilancia della democrazia deliberativa

Discorso e democrazia insieme danno luogo alla democrazia deliberativa, dove però le forme tedesca e inglese di delibera e deliberare non hanno lo stesso significato che nella lingua italiana, dove la delibera è «decisione presa dopo discussione»; esse conservano invece il senso latino originario (da libra, la bilancia a bracci) di «valutare, soppesare», quindi primariamente discutere. E ciò allo scopo di chiarire le nostre preferenze, migliorare le nostre convinzioni e giungere a soluzioni corrette dei problemi, mentre fornisce una dimensione epistemica al processo politico. Fragile è la democrazia deliberativa perché può essere realizzata solo nelle teste dei cittadini, e però è importante e imprescindibile, come imprescindibili sono i diritti dell’uomo, di validità universale, ribadisce Habermas, in quanto fondamenti morali degli stati costituzionali: ne deriva che forme di vita e religioni di altre culture e paesi, per esempio quelle dei migranti islamici, saranno accettate soltanto se praticate nel rispetto dei diritti fondamentali.

Il delicato equilibrio tra interessi privati e bene pubblico

Nello stato democratico, nella democrazia deliberativa di Jürgen Habermas, sussiste un equilibrio tra interessi privati e bene comune, che ben si esprime nel voto individuale: principio bellissimo se coerentemente rispettato. Habermas concede tuttavia che nel caso delle misure antipandemiche per il Covid-19 diritti fondamentali e interessi individuali possano essere sospesi e cessare di essere universali e intoccabili (sic). Anche il deliberare con argomenti critici seri non è ammesso: chi si oppone e critica è subito accusato di essere negazionista e estremista di destra. Dibattito e discorso critico vengono messi a tacere, gli avversari ritornano ad essere nemici, ridicolizzati o accusati di falsità. Gli unici a dettare l’agenda del discorso e a dire di che cosa si può parlare e che cosa si deve tacere sono i media governativi, classici o supermoderni, a stampa o digitali: la censura riprende a imperare, la politica segreta pure, con la benedizione di Jürgen Habermas.

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