L'amore impossibile delle donne

16 Dicembre 2022

Parlare d’amore oggi è un rischio, una provocazione del pensiero e del sentimento, dice Carla Stroppa in Le donne e l’amore impossibile (Moretti e Vitali, 2022). Ma lei ne parla in questo libro con grande sapienza femminile.

Si cerca l’amore per riparare le ferite originarie, ma presto ci si accorge che il principe azzurro non esiste e neanche la principessa rosa. 

Per molte persone questo equivoco consegna a un’infinita ricerca di qualcosa che andrebbe cercato in primo luogo dentro di sé, e porta spesso a dire che l’amore non esiste. 

Il passo dalla disillusione amorosa al cinismo, scrive Carla Stroppa, è breve. È una difesa che la psiche mette in atto per non soffrire e che la “coscienza media collettiva” secondo l’Autrice sta mettendo in atto.

Infatti i giovani sembrano rifugiarsi sempre di più nell’amicizia, e investire sempre meno nelle relazioni d’amore. Ma l’inconscio non smette di lanciare messaggi, perché non è possibile emarginare l’amore.

Secondo Jung “ogni vita non vissuta rappresenta un potere distruttore e irresistibile, che opera in modo silenzioso e spietato”, dove, dice Stroppa, per vita non vissuta bisogna intendere una vita senza amore. L’amore è quella cosa senza la quale non ha senso vivere, è quel sovrappiù, il demoniaco e il divino che entrano nella vita.

Il racconto dell’autrice è coraggioso perché si espone, si rivela raccontando “il sogno che la sogna”, la mitobiografia che sta all’origine del suo essere terapeuta, e lo intreccia con le storie cliniche e i romanzi, tra i quali Verdi Dimore di William Henry Hudson e L’amour et l’Occident di Denis de Rougement.

Scrive Stroppa che le storie di chi arriva nella stanza dell’analista sono quasi sempre storie di amori impossibili: con i genitori, i figli, gli amici, gli amanti.

Attraverso il racconto della storia dei pazienti, l’autrice ci mostra quanto le ferite rendano difficili le relazioni d’amore.

La storia di Bianca mette in evidenza quando le ferite narcisistiche rendono impossibile sviluppare una condizione di intima autostima e voglia di vivere, al punto che il bisogno non è nemmeno più quello di realizzarsi, ma semplicemente di sopravvivere e rendersi visibile agli altri, disposti a tutto, anche a esaurirsi in amori impossibili. Ma con Bianca ci sarà un lieto fine grazie al lavoro analitico che le permetterà un altro sguardo su di sé e sull’altro.

La meta è la trasformazione dello sguardo che ognuno posa su di sé e sulle relazioni.

Quando “si cade in amore” si diventa fragili, dice l’autrice, si esce dal prevedibile e si entra in un terreno destabilizzante: metti la tua vita nelle mani di un altro.

L’amore è un investimento in tutti i sensi, anche nel senso di esserne travolti. E proprio perché costella la mancanza e tocca le nostre ferite, ci costringe a metterci in cammino.

Nelle ferite sta il nostro mistero, le ferite sono strade che ci portano nell’intimo di noi stessi e dell’altro, come ha scritto Chandra Livia Candiani sono “mappe”: “segui la cartina muta delle ferite e trovi il luogo spoglio che chiamiamo cuore” Le ferite siamo noi. Il punto cruciale è cosa sappiamo farne.

L’amore – diceva Lacan – è dare qualcosa che non si ha a qualcuno che non lo vuole. In altre parole, amare vuol dire mettersi nella condizione di vivere la “mancanza”.

La bellezza nasce sempre da un patimento dell’anima, come la perla da un granello di sabbia, come ha detto Karl Jasper “quando ammiriamo lo splendore di una perla non pensiamo mai che essa nasce dalla malattia della conchiglia”. L’amore è un potenziale traghetto di trasformazione spirituale. 

Perché ci innamoriamo?

Dieter Baumann, nipote di Jung, un giorno mi disse che l’innamoramento è un “tentativo di redenzione”. Parole forti, ma che sottolineano come un vero incontro d’amore coinvolga sempre le nostre ferite.

In che senso l’innamoramento è un tentativo di redenzione? 

Dentro di noi vivono tante Belle Addormentate in attesa del bacio di un Principe, tante Bestie che sperano di incontrare l’amore di una Belle, tante Biancaneve e Cenerentola il cui rapporto con la madre negativa impedisce loro di vivere e incontrare l’amore, e tanti Pollicino che sperano di ritornare a casa e ritrovare l’amore del genitore.

Ma se la Bella Addormentata ha bisogno del bacio del Principe per essere risvegliata, deve poi imparare a tenersi sveglia da sola, di far durare quel bacio, mentre spesso nelle relazioni d’amore pretendiamo che sia l’altro o l’altra a tenerci in vita per sempre.

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Ph Casey Horner.

Nelle storie d’amore che viviamo possiamo intercettare dentro di noi collegamenti con l’imprinting che ciascuno porta in sé come memoria dei primi anni di vita, dei primi sogni e dei primi bisogni.

L’idealizzazione dell’altro, il bisogno di riempire il vuoto per il fallimento della relazione primaria con i genitori, ci porta a proiettare sull’altro il nostro bisogno.

In amore spesso si confondono bisogno e desiderio. La relazione d’amore infatti si colloca tra Scilla e Cariddi, tra passione e insicurezza da una parte e sicurezza e intimità, sentirsi a casa, dall’altra. A ciascuno trovare il suo punto di equilibrio.

Se mi innamoro di avventurieri che mi abbandonano, perché ho inseguito la figura paterna, si tratta prima di riconnettersi con l’avventurosa che sono e allora poi – deo concedente – incontrerò qualcuno che vive la vita come un’avventura, e non più avventuriero. 

Si tratta di trovare la declinazione migliore di quella qualità, di quella caratteristica che ci ritroviamo sempre di fronte.

Ci sono donne che finiscono sempre per innamorarsi dell’uomo di un’altra, vivendo così la riedizione di un complesso edipico non risolto, ma che nel presente può e dovrebbe essere affrontato in un altro modo.

Ci sono uomini adulti ancora prigionieri di una madre ingombrante, che vedono nelle compagne che incontrano madri-drago da combattere, non accorgendosi che la vita mette loro sulla strada donne che ricordano aspetti della loro relazione con le donne significative del loro passato, perché loro liberino in primo luogo la loro anima femminile, per poter poi incontrare la donna nel mondo reale. Ce lo insegnano le fiabe dove gli eroi devono sconfiggere i draghi per liberare la “principessa”.

Quando nelle relazioni gli schemi si ripetono, quando ci innamoriamo sempre dello stesso tipo di persona, non si tratta di una coazione a ripetere – a patto che ne diventiamo consapevoli – ma della possibilità di interpretare il proprio destino, di riscrivere un altro finale, variando e reinterpretando il proprio passato. Come nel transfert, quando passato e presente si incontrano e ricombinano consentendo un altro futuro. Un ritorno più avanti.

L’autrice si chiede cosa vuole l’anima con l’amore impossibile. La risposta non va ricercata nella trascendenza e nemmeno può essere trovata nella sublimazione, ma “la strada tra questi due picchi è quella che percorre la valle del fare anima” scrive Eva Loewe.

La psiche è paradossale, ci dice Jung, e, se si vuole trovare una riconnessione tra maschile e femminile dentro e fuori di noi, il paradosso è l’unica via percorribile. Allora abitare i paradossi, trasformandoli in gesti creativi, diventa una questione vitale. 

Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato” ha detto Pascal. 

L’anima anela all’amore assoluto. In seduta ascoltiamo spesso dire “sono una fan del grande amore”, “ho sempre sognato la fiaba”, ma dopo “vissero felici e contenti”, dopo il finale delle fiabe inizia la vera storia, e dipende da noi che non conduca alla delusione e al disincanto.

Disincantarsi, scrive Stroppa, senza abbandonare l’incanto.

La realtà costringe a un lavoro di trasformazione personale spirituale per poter davvero incontrare l’altro nella relazione. L’amore tocca gli aspetti più sotterranei della psiche ed è trasformativo.

L’esperienza insegna non solo che il desiderio di perfetta corrispondenza e appagamento si realizza a brevi tratti sul piano oggettivo del rapporto di coppia – nei momenti di grazia – ma altresì che può realizzarsi come sintesi interiore, come emergenza di un sovrappiù di visione e di senso quando – per dirlo con James Hillman – le trame della vita si scrivono “nel fondo poetico della mente”. 

Se uno si confronta con i propri temi interiori veicola un altro amore: l’amore per l’umano. Nella valle di lacrime, dice l’autrice, evitare l’amore per paura del dolore equivale a consegnarsi all’eredità emotiva.

E Jung afferma che, in ultima analisi, l’amore è un mistero che per fortuna non è possibile svelare. Ma, non per questo, dobbiamo rinunciare alla comprensione delle dinamiche relazionali e al condizionamento sociale e culturale. È un mistero attorno al quale si può navigare per conoscere l’animo umano, le sue altezze e le sue profondità. E porta in sé una forza trasformativa.

Scrive Ramakrishna: “Nessuno può entrare nei profondi misteri divini se non come amante, perché per lui, come per la donna si aprono le stanze più segrete”.

Un giorno un maestro Sufi mi raccontò che è facile amare qualcuno per tutta la vita: basta pensare che, come dicevano nell’antica Cina, quando ti sposi ti regalano una carrozza con le ruote quadrate, e tu devi farle diventare rotonde. 

Insomma la relazione d’amore che dura richiede l’amare, un verbo, un lavoro.

Aggiungerei che quando ti innamori, quando senti amore, pensi che ti abbiano regalato una carrozza con le ali. Credo che nell’innamoramento ci sia una visione di quello che potrebbe essere la relazione; dopo però, e insieme alla proiezione, si tratta di ritornare su quelle ruote, sulla realtà, e di lavorare interiormente, e nella relazione con l’altro. 

In una relazione d’amore esistono dunque l’amare e l’amore: l’amore è quel sentimento che sorge in noi spontaneamente, l’amare è un verbo, un lavoro che richiede una scelta e la volontà di mantenerla. 

Un po’ come l’inconscio, che fa i suoi magheggi, Carla Stroppa in questo libro incrociando tutti questi piani con intelligenza analogica, femminile – quel pensiero non indirizzato di cui parla Jung, che percepisce il valore dei simboli e delle metafore e non teme lo spaesamento – crea un affresco che anima e cura chi legge.

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