Ermanno Olmi. Il primo sguardo

6 Maggio 2023

Ermanno Olmi – considerato uno dei maestri del cinema contemporaneo – in questa conversazione inedita di Marco Manzoni, racconta che il suo vero atto di nascita sta in quel primo sguardo che si scambiarono i suoi genitori, capendo in quell’istante che si innamoravano uno dell’altro. Per questo sguardo prova gratitudine, e anche se non ha potuto vederlo, quello sguardo lo ha sentito dentro e gli è stato compagno di vita, perché è stato il gesto d’amore all’origine di tutto. “Voglio dire, è come un big bang che dà origine a un’intera galassia. Nell’istante in cui avviene questo scambio di sguardi che si fermano l’uno sull’altro parte il big bang, parte quella cosa che sta in uno spazio infinito ed è in continua espansione”.

Il primo sguardo – che è anche il titolo di questo film intervista – è anche lo sguardo con cui Olmi ha guardato la vita, è il suo sguardo cinematografico.

Un dialogo di 55’ minuti che grazie alle domande dell’autore – il maestro dirà “ci hai pensato un po', per fare queste domandine insidiose, eh!” – diventa un racconto intimo e un bilancio esistenziale nel quale, a partire dai suoi film, Olmi tocca i temi dell’esistenza a lui cari: l’amore, che dice essere un grande appetito spirituale; l’amicizia, per cui “vale più un caffè con un amico che tutti i libri del mondo; l’esperienza e gli insegnamenti della malattia; il sentimento di fratellanza con Federico Fellini di cui racconta particolari inediti; il senso e la dignità del lavoro, soprattutto quello dei più umili; la speranza nei giovani, la generazione che riconcilierà l’uomo con il pianeta che ci ospita; il rapporto con la natura e la Terra Madre di cui facciamo scempio.

L’intervista, che si è svolta nella casa di Asiago di Olmi, è stata realizzata molti anni fa, nel giugno del 2009, e anche per questo stupisce per l’attualità e la profeticità delle riflessioni di Olmi. 

Il testo dell’intervista ha preso una prima forma nel 2015, nel libro edito da Bompiani Il primo sguardo – ristampato ora per questa occasione – nel quale troviamo il testo integrale dell’intervista, lunga due ore. A cinque anni dalla scomparsa del maestro, Manzoni ha selezionato 55’ minuti per realizzare questo docufilm – corredandolo anche con fotografie e immagini fornitegli dalla figlia Betta – nel quale possiamo ascoltare non solo le parole, ma anche lo sguardo e i gesti che accompagnano il racconto di Olmi. Ascoltare lo sguardo, perché Olmi è maestro di ascolto con lo sguardo, e Manzoni con questa intervista ci regala questa esperienza.

L’autore racconta che Olmi non ha voluto sapere prima le domande, per non perdere freschezza e spontaneità nelle risposte, e anche perché per lui le risposte nascono dentro una relazione. 

Olmi ricorda un suggerimento che viene dal Vangelo, quando Cristo dice ai suoi Apostoli: “Andate a predicare e non portate niente con voi, non mettetevi il denaro nella fascia che portate in vita e soprattutto non preparatevi a dire le cose che dovrete dire: dite quello che in quell’istante vi viene da dire.” 

Un pensare relazionale, non astratto, che nasce dall’incontro con l’altro. Incarnato. Con Eros.

In questo film intervista Olmi si racconta in modo pacato e con i tempi lenti – quelli dei suoi film e della sua poetica. Pensiamo al ritmo lento di film come Il tempo si è fermato, Il segreto del bosco vecchio o L’albero degli zoccoli. Uno scorrere lento, in cui la narrazione cresce come un fiume che da ruscello diventa mare, come è per la vita.

Il fiume paradigma di un’esistenza. “Il fiume nasce sempre da una sorgente. C’è un momento in cui i rivoli che non vediamo, perché scorrono sotto terra, trovano il punto giusto per trovare uno sbocco alla luce. Ed è una nascita: l’acqua che zampilla da una roccia, è come un bambino che viene al mondo. Dopo di che, man mano, aumenta il volume della sua portata d’acqua (…) il ruscello montano è come un’infanzia gioiosa, finché arriva al piano e acquista il suo passo naturale, e poi riceve altri contributi acquei alla sua possanza.  (…) Fa questo lungo percorso, e torna al mare.”

Qual è stato il primo sguardo cinematografico di Olmi?

Olmi guarda il mondo con stupore e umiltà, una cognitio mattutina, non ingenua, ma aurorale, dove c’è già dentro tutto – come nel seme c’è già l’albero – ma c’è anche l’attesa. L’aurora non è ancora la luce, ma l’attende.

Dice Panikkar – teologo molto caro a Olmi – che nella filosofia occidentale si parla di due forme di conoscenza: la cognitio matutina – conoscenza illuminata da una luce che proviene dall’esterno – e cognitio vespertina – la visione delle cose che avviene in virtù di una luce che promana dall’interno di esse. La prima richiede l’illuminazione, la seconda la riflessione.

Lo sguardo di Olmi non ha mai smesso di indagare il mistero dell’uomo, e come un poeta ci porta in uno spazio tempo con altri ritmi, più adatti a interrogare e intercettare il mistero. Uno sguardo aurorale. “I poeti sono quelli che magari non possiedono certe cognizioni scientifiche e filosofiche ma hanno interiormente questo orizzonte amplissimo.” 

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A quel primo sguardo se ne sono affiancati molti altri significativi. Tra questi quello della nonna materna, la sua prima maestra di vita, dice “il suo Virgilio”.

Racconta di quando sfollato a Treviglio nella casa di campagna la sera – con le finestre chiuse perché non uscisse la luce in modo da evitare i bombardamenti – le donne cantavano in coro.

Il canto dice Olmi era un modo di pregare e di sperare.

Quegli sguardi impauriti dalle bombe e al contempo illuminati dai canti, hanno alimentato la fonte interiore a cui Olmi ha attinto per le sue opere cinematografiche” dice Manzoni.

Sguardo che, scrive l’Autore nella prefazione al libro, si farà anche dolente e indignato per la stupidità umana e “toccherà il cono d’ombra dell’uomo: il potere, l’avidità, la guerra, la distruzione della natura. (…) Speranza, stupore, umiltà saranno messi a dura prova, ma resisteranno nel tempo.” 

Olmi quando racconta della vecchiaia dice che vecchi e bambini sono abbastanza simili, con la differenza che il vecchio fa come il bambino, ma consapevolmente. Panikkar parlerebbe di una nuova innocenza. Si tratta infatti di un ritorno più avanti. Ritornare a essere bambini, col senno di poi, ma conservando lo stupore. Uno sguardo umano paziente, sempre più prezioso in un tempo disumano e accelerato, come quello in cui stiamo vivendo.

Manzoni fa emergere in questa straordinaria intervista, con la consueta sensibilità già emersa negli altri film intervista realizzati, il volto e lo sguardo di Olmi, i suoi occhi che si sollevano “in cerca” delle risposte alle domande, i gesti delle mani che accompagnano le parole e come un direttore d’orchestra danno ritmo e tono, e la voce roca del maestro che ha dentro il corpo.

In Ritratti, un altro maestro dello sguardo – John Berger – dice che per lo scultore Giacometti guardare è una forma di preghiera: “Ecco perché il contenuto di ogni sua opera piuttosto che nella natura della figura o della testa raffigurata risiede nella storia incompleta del suo guardarla. L’atto di guardare era per lui una forma di preghiera – era diventato un modo per avvicinare l’assoluto, pur senza mai riuscire ad afferrarlo. Era l’atto di guardare che gli dava la consapevolezza di essere perennemente sospeso tra essere e verità”.

In questo senso a mio parere il cinema di Olmi è una forma di preghiera laica.

Lo sguardo di Olmi è uno sguardo paziente e in movimento, che si muove curioso di trovare nuove connessioni, e nuove figure prima invisibili emergono dallo sfondo.  

Uno sguardo che è pensiero, nel senso in cui dice il poeta D.H. Lawerence nella poesia “Thought”, pensare: “Pensare è guardare in faccia la vita, e leggere quel che si può leggere (…) Pensare è un uomo intero che partecipa con tutto sè stesso”.

Olmi è capace di interrogare il visibile con intensità di attenzione e anche con tenerezza. 

Torniamo al guardare come forma di preghiera. Malebranche diceva che “l’attenzione è la preghiera naturale dell’anima”. Questa intervista chiede attenzione e pazienza dello sguardo.

Vorrei qui far risuonare lo sguardo di Olmi con le parole di un poeta, Franco Loi, a cui Manzoni ha dedicato una conversazione poetica. Loi dice che il poeta è colui che sa intravedere nelle maglie della quotidianità “la luce del vero”. Vedi “la luce del vero” quando sai toccare anima e corpo, spirito e materia.

La luce del vero è dove l’ignoto e il noto sono insieme, e dove vedo che le cose tangibili sono mosse da altro. Olmi ci fa intravedere e sentire questo. Ci fa fare l’esperienza.

E questo fa bene, ripara. Cura.

Olmi è maestro dello sguardo paziente che sa aspettare e sa ascoltare. Non si tratta infatti di spiegare, ma di interrogare e lasciar parlare quello che ho davanti. Guardare è interrogare con gli occhi.

Nelle sue opere, dice Manzoni, “anche i silenzi sono molto presenti, parlano”.

Uno sguardo pieno di meraviglia, sogno, mistero, pietas. Il cinema di Olmi stupisce ancora perché ha l’impronta di quello sguardo. Il primo sguardo – lo stesso degli innamorati e del poeta che è in lui – è ancora vivo.

Questo film intervista – che verrà presentato per la prima volta lunedì 8 maggio al Centro Culturale San Fedele di Milano – fa parte di un progetto etico e culturale più ampio costituito da un nuovo sito intitolato Per un nuovo umanesimo accessibile gratuitamente a tutti da fine maggio 2023 – nel quale saranno raccolte le testimonianze e interviste di Marco Manzoni con significative figure culturali della contemporaneità: Piero Bassetti, Marco Garzonio, Franco Loi, Salvatore Veca, Silvia Vegetti Finzi, Marco Vitale, Luigi Zoja. Grandi maestri che si sono distinti per eterodossia e una forte presenza etica e civica.

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