Tutto è nato perché Ernesto Ferrero, Nico Orengo e Carla Sacchi, che allora (1974) erano l’ufficio stampa dell’Einaudi, volevano fare festa alla Grammatica della fantasia, alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna. Mi hanno telefonato da Torino: Inventeresti qualcosa? Sì, ho detto, per Rodari e per quel libro bellissimo proprio sì.
Mi è venuta l’idea di fare Gutenberg che va in visita alla Fiera del libro, una delle tante sue case, e incontra Rodari e i ragazzi.
Così abbiamo cominciato a costruire Gutenberg, dalle parti di piazza Maggiore. A darmi una mano (anzi due) c’era Stefano Stradiotto, col quale l’anno prima (1973) avevamo fatto Marco Cavallo a Trieste. Collaboratori fantastici sono stati gli studenti coi quali stavamo preparando Il Gorilla Quadrumàno al nuovissimo Dams dove da un anno mi avevano chiamato a insegnare drammaturgia.
L’idea era quella di costruire un gigante costellato di lettere alfabetiche – con occhiali – che dopo 500 anni arriva nella dotta Bologna e se la gode a vedere tanti bei libri – e va alla Fiera per sfogliare e leggere parti di quella nuova grammatica fantastica. Un Gutenberg contento di aver inventato la stampa che voleva complimentarsi con Gianni Rodari.
Finito il gigante e il cantastorie abbiamo fatto un gran corteo. C’era anche la classe del maestro Antonio Faeti – l’autore del libro Guardare le figure. Anche loro avevano preparato un cantastorie. Gianni Rodari se la spassava, ha cantato il cantastorie ed è venuto nel corteo ad accompagnare Gutenberg.
Però quando siamo arrivati alla Fiera è successo un pandemonio.
Non ci volevano far entrare per via del gigante, dei cappelli di carta, delle musiche, del corteo. E poi ragazzi non ce n’erano, dentro c’erano solo gli editori. Allora ho detto: Ma come, arriva Gutenberg, che è quello che vi ha inventati, e voi lo respingete? Guardate che c’è anche Gianni Rodari con noi, che la fiera ne ha di suoi libri, o perbacco! E guardate quanti ragazzi di ogni età sono qui che vogliono entrare!
Ci guardavano come se fossimo matti, quelli della Fiera. Per fortuna che c’era lì Giulio Einaudi, con Nico Orengo – Giulio si è arrabbiato, ha gridato e fatto accogliere Gutenberg e noi dovutamente.
Così l’inventore della stampa ha fatto il giro di tutti gli editori – li ha salutati e si è compiaciuto. Tutti erano contenti e ridevano – e capivano che ogni tanto bisogna fare i matti e rompere le righe – altrimenti anche i giochi, i libri, i teatri e tutto diventano tristi come la roba in scatola – confezionata come i morticini nelle casse.
Poi Gutenberg è uscito e l’abbiamo portato all’Università – sperando che lo facessero Rettore come meritava. Con la benedizione della nuova grammatica.
L’anno dopo, di luglio, ho detto agli studenti gorilli: si affitta una gran casa, in un qualche paese, e si va scrivere tutti insieme il libro del Gorilla, che Giampiero Brega direttore della Feltrinelli ci aveva commissionato. Isabella Selmi, che era una gorilla, ha detto: al mio paese, Palagano (Appennino modenese), c’è una casa giusta, ci si può dormire e lavorare. Coi soldi della Feltrinelli (pochi) abbiamo pagato l’affitto e ci siamo fatti il mangiare. E un bel giorno chi arriva? Gianni Rodari. E dove dorme? A casa di Isabella. E sta con noi tre giorni. E sapete che sgarbo gli abbiamo fatto? Lui era venuto anche per vedere lo spettacolo del Gorilla, ma eravamo così presi dalla scrittura che non siamo riusciti a trovare il tempo per farglielo. Davvero, ho ancora rimorso. Ha mangiato con noi, ha ascoltato le scritture, si è letto il testo del Gorilla Quiadrumàno, gli abbiamo raccontato di tutto, e lui ci ha dato dei bei consigli, ci ha lasciato qualche appunto di rara precisione (lo riporto sotto). E andando via cosa fa? Tira fuori di tasca una poesia e me la mette in mano:
Eccola:
Un giorno mi scappava di fare una poesia
stavo sul filobus numero quarantatrè
scendo di corsa entro in un caffè
domando alla cassiera: per cortesia
dov’è la stanza per fare le poesie?
Mi guardò tristemente e rispose: mi dispiace,
mi dispiace e provo anche un vivo rincrescimento,
abbiamo la licenza per gli alcoolici,
la licenza per i superalcoolici,
la licenza per giocare a scala quaranta,
ma non abbiamo la licenza poetica.
Era una brava ragazza,
e non portava reggiseno perché
si reggeva benissimo da sé.
Mi disse il suo nome di nascosto dal padrone,
si chiamava Ottavia nei giorni feriali
e Roberta nei giorni festivi,
d’estate Clorinda
d’inverno Gelsomina…
Ed ecco gli appunti che ci ha lasciato, di cui abbiamo fatto tesoro, li trascrivo pari pari:
1) “Quadrumano”, pronunciato e rimato piano, non è forse semplice corruzione di “quadrumane”, ma assimilazione di parola irriconoscibile ad altra cui sia più facile attribuire un significato (stesso processo nei bambini) (quadrumano avrebbe allora più a che fare con umano che con mani – ciò che del resto è giustificato anche dalla storia);
2) notevole impasto di temi popolari e colti – dal mondo della fiaba e – per caduta – dal melodramma. Riconoscibili: il tema dei bambini abbandonati nel bosco (riti d’iniziazione); dell’orco, dell’aiutante fatato (duplice figura del Gorilla: orco, ma anche animale totem, protettore del ragazzo, come il Gatto con gli stivali ecc.); della moglie furba (il racconto della tina, con diversi finali, è già nel romanzo greco antico, poi in Boccaccio); dei paesi di cuccagna (la lista rabelaisiana del pasto); il tema del sacrificio umano e del suo superamento (legge nuova che abolisce l’antica – il Gorilla come nuovo legislatore; vedi tragedia greca); nei due servi sono presenti le figure del servitore sciocco, spalla comica, e quella del contadino furbo delle fiabe popolari; forse nello scimmione forte, buono e più umano degli uomini c’è una vena del mito del Buon Selvaggio;
3) sulla versificazione: la parte in lingua tende a una metrica letteraria e non se ne discosta per scelta, ma per errore (per questo gli ottonari diventano novenari ecc.); nella parte in dialetto la metrica è più sciolta e tende, o mantiene, la legge delle filastrocche, scongiuri, proverbi dialettali, in cui non si contano le sillabe ma gli accenti: sono regolari le battute, all’interno della battuta il riempimento (Taktfüllung) è vario (come nelle battute musicali);
4) il personaggio che termina la sua battuta, chiude regolarmente rimando l’ultima quartina, poi aggiunge un verso non contato, col quale dà la rima al personaggio che gli risponde: notevole, allora, nei dialoghi misti (uno parla in lingua, l’altro in dialetto) il rimando delle rime. Es. dall’italiano al dialetto: “buffone” ottiene in risposta “padron”; viceversa “subitamint” del dialetto ottiene in risposta “momento” (è assimilato a “subitamento”); a “catée” risponde “ricompensati” (cioè la risposta è a una rima ideale, platonica: participio di lingua risponde a participio dialettale, anche se apparentemente non rimano) – Le regole di questa riprese sono molto varie e sottili, ad aver tempo di riconoscerle tutte.
Quando abitavo a Roma Tullio de Mauro, che stimava come pochi il Rodari scrittore, mi chiese se volevo scrivere per la terza pagina di “Paese Sera”. E così a volte andavo in redazione, nella stanza della cultura. Il caporedattore era Giulio Goria, persona squisita, e accanto a Rodari c’era Daniele del Giudice, ancora in fieri come scrittore di romanzi (aveva allora pubblicato soltanto La parola nel pugno, sull’esperienza della Comune di Vittorio Franceschi, di cui era amico e ammiratore). Rodari stava lì, sorrideva, ascoltava, forse meditava rime. Qualche volta siamo andati a mangiare in Borgo Pio, dove allora avevo casa. E una volta mi ha detto: In settimana vado a Reggio Emilia, a stare coi bambini. Andava in quella famosa scuola di Loris Malaguzzi, citata nell’introduzione alla Grammatica. Capito? Andava a imparare dai bambini. Rodari era stato maestro elementare, e poi, col tempo, è diventato Maestro.
Qui si vede Gutenberg che ascolta il suo cantastorie detto da Stefano Stradiotto e Giovanni Calò, mentre tutti cantano il ritornello, e con loro Gianni Rodari.
Qui si vede Gianni Rodari che sta imparando il ritornello del cantastorie di Gutenberg, insieme a Paola Quarenghi, Ortensia Mele, Krystyna Rawicz Jarowska, Remo Melloni, Paola Sobrero e altri che fra poco diventeranno il gruppo del Gorilla.

(Fra gli studenti ricordo Massimo Marino, Paola Quarenghi, Giovanni Calò, Remo Melloni, Alberto Cavalieri, Aldo Sisillo, Guglielmo Rossi, Krystyna Jarocka, Giuseppina Piazza, Donatella Stranieri, Luigi Donati, Edoardo Sammartino e la sua giovane sposa, Andrea Landuzzi, Giovanni Rinaldi, Stefano Barnaba, Licia Manini, Francesco Conversano, Paola Sobrero, Giovanna Rogante; e fra i non studenti Ortensia Mele, Marco Romizi, Antonio Faeti, Roberto Grandi, Stefano Stradiotto.)