Mixed by Erry, l’originale 

13 Aprile 2023

Caserta, primi anni Novanta. All’uscita della scuola media, accanto allo stadio, c’è una bancarella che vende musicassette contraffatte. Alcuni ragazzi la guardano con occhi sognanti. Aspettano di avere qualche soldo in tasca per ascoltare i nuovi “33 giri” di Pino Daniele, Eros Ramazzotti, Raf, Zucchero e Vasco Rossi. Fra loro c’è anche qualche sedicente conoscitore di prodotti internazionali e, animato da pulsioni esterofile, aspetta di poter inserire nel suo walkman i nastri con le canzoni di Michael Jackson o dei Queen. Il prezzo oscilla dalle 4 alle 5mila lire e non sempre risulta abbordabile per le loro tasche. I più coraggiosi provano ad aprire una trattativa per ottenere uno sconto. Il titolare dell’attività commerciale spegne qualsiasi velleità di risparmio nei suoi giovani clienti. Ripete sempre la stessa frase per difendere il valore del prodotto, in maniera quasi religiosa: “Questa non è un pezzotto, questa è un’originale Mixed by Erry”.

Credo di aver vissuto questa scena in prima persona, di potermi definire un testimone diretto, anche se non ci giurerei. Alcune storie si imprimono nella nostra mente attraverso aneddoti e leggende metropolitane. I flussi della memoria collettiva producono un’illusione di presenza in chi ascolta. In parole più povere, l’importante non è esserci stati, ma credere di esserci stati. Il passato si smembra sotto i colpi di una feroce selezione. Non è facile provare a comprenderlo, perché siamo assuefatti all’eterna ripetizione di parole, immagini, suoni ed emozioni. Sull’analisi di queste dinamiche si fonda un recente libro di Simona Frasca: Mixed by Erry. La storia dei fratelli Frattasio (“ad est dell’equatore”, 2023). L’autrice ha ricostruito la parabola dei protagonisti indiscussi della pirateria musicale in salsa partenopea fra il 1981 e il 1997 – Enrico, Peppe, Angelo e Claudio, nati e cresciuti nel Rione Forcella – dialogando con loro e raccogliendo con cura i loro racconti. Lo ha fatto usando le sue esperienze da etnomusicologa, ma ha superato le codificazioni della saggistica, entrando senza remore in un “derby narrativo” con i suoi intervistati. È arrivata in tal modo a proporre una lettura “in chiave postmoderna e schizofrenica” di una vicenda umana fatta di acrobazie, eccessi, creatività, e soprattutto di scarsa consapevolezza dei confini che separano il lecito dal crimine. 

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Nel contesto della Napoli di fine Novecento, il commercio di articoli imitati con “varie gradazioni di fedeltà all’originale” rispondeva a bisogni materiali concreti, fondati sulla domanda dei consumatori e la sopravvivenza del venditore. Il diritto d’autore continuava ad assumere, quindi, una fisionomia sfuggente, seguendo logiche spiegabili solo con un’analisi di lungo periodo: la legge che lo tutelava appariva come “il tentativo di proteggere un profitto lontano e a vantaggio di sconosciuti, distante dalla sensibilità dell’economia collettiva del vicolo”. Le istituzioni, dal canto loro, tendevano a tollerare le iniziative sviluppate nei quartieri popolari, animate da “api anarchiche” capaci di agire al di fuori di qualsiasi “progettazione ufficiale”. In definitiva, la priorità rimaneva la conservazione della pace sociale, e la contraffazione finiva per essere considerata “un pacifico meccanismo di redistribuzione della ricchezza”. Basti pensare al fatto che, nell’ottica dei falsari, il confronto con la concorrenza si svolgeva “sulla qualità della copia, non sulla sua legittimità”. Era importante vendere una buona musicassetta e offrire garanzie al cliente. Sui prodotti che portavano il marchio “Mixed By Erry”, c’erano espliciti inviti a diffidare delle imitazioni (falsari che si autoproclamano più credibili di altri falsari), accompagnati da uno slogan difficile da fraintendere: “La dimensione ideale per un ascolto pulito”.  

I fratelli Frattasio raccolsero un’eredità familiare pienamente incardinata nelle consuetudini del Rione Forcella. Il padre, Pasquale, vendeva whisky di contrabbando al dettaglio. Acquistava il bourbon alla base Nato e lo travasava in bottiglie con i marchi J&B o Johnny Walker: un lavoro “fatto a regola d’arte” a vantaggio dei clienti affezionati. Agli acquirenti di passaggio, per lo più turisti, riservava invece un “pacco”, vale a dire un imbroglio, un “simbolo supremo” nel “mercato delle cose immaginarie”. Li invitava ad assaggiare la costosa bevanda e li convinceva all’acquisto, ma nel momento di cedere la merce infilava nella scatola una bottiglia piena di tè, corredata da etichette “originali”. Nel compiere la teatrale impresa, si serviva dell’aiuto dei figli. E proprio su questi ultimi si ribaltava una percezione della soglia di legalità del tutto evanescente: ancora oggi Enrico, Peppe e Angelo riconoscono a Pasquale una rettitudine morale difficile da scalfire, descrivendolo come persona integra e di poche parole.  

In questa atmosfera nacque l’idea di duplicare audiocassette. Enrico si occupava di pulizie in un negozio di dischi e cominciò ad arrotondare i guadagni confezionando piccole collezioni musicali per i clienti. Si accorse che erano sempre più richieste e decise di proporre ai fratelli un’attività da condividere. Si appoggiò alle capacità organizzative di Peppe per avviare una produzione corposa. Lavorò sui prodotti altrui con abilità sartoriale, impegnandosi in un competente taglia e cuci, fino a concedersi delle licenze creative attraverso incisioni di testi cantati in napoletano su basi musicali preconfezionate. Arrivò in tal modo a proporre rivisitazioni, parodie, e persino omaggi ad artisti internazionali. Ricordando oggi le sue peripezie, Enrico si definisce un “sognatore” privo dell’educazione necessaria a gestire la sua arte: “La passione realizza i sogni ma solo la disciplina li mantiene in vita. Se avessi avuto un’altra testa, sarebbe stata tutta un’altra storia per noi, ne sono consapevole”. Anche per queste ragioni, non si sente affatto un criminale, ma “solo una persona che ha compiuto un crimine”.  

 

È proprio questo versante della storia – quello più marcatamente picaresco – a prevalere nella versione cinematografica di Mixed By Erry proposta del regista salernitano Sydney Sibilia, già noto al grande pubblico per la saga Smetto quando voglio (2014-2017), incentrata sulle figure di ricercatori universitari precari e sgangherati che sbarcano il lunario grazie allo spaccio di “droghe intelligenti”. Nel lungometraggio dedicato ai pirati musicali di Forcella confluiscono gli aspetti più suadenti del libro: lo sviluppo di un’industria culturale alternativa che “guarda alle modalità di quella ufficiale aspirando allo stesso traguardo economico e sociale”, il racconto di una ricerca ostinata di riscatto costruita “su fondamenta di argilla”, un melodramma popolare che si unisce al “pionierismo intrepido del cinema western”, rafforzato da una maniacale attenzione alla scenografia (curata da Tonino Zera) e ai costumi (di Valentina Taviani). Ciò che resta sullo sfondo, in un susseguirsi frenetico di scene comiche, è la storia della città di Napoli nel suo complesso, segnata da un potere camorristico capace di cambiare pelle in tempi stretti, adattandosi alle nuove congiunture politiche e al cambiamento del sistema economico. 

Giuseppe Arena (Peppe Frattasio), Luigi D'Oriano (Enrico "Erry" Frattasio), il regista Sydney Sibilia, Emanuele Palumbo (Angelo Frattasio)

Una comprensione più articolata del contesto deve poggiarsi, di conseguenza, sulla lettura del romanzo-ricerca di Simona Frasca, che allarga lo sguardo su un mondo variegato, segnato da una grande energia propulsiva, ma anche da un’interazione complessa con i paesaggi musicali di fine Novecento. Nelle pagine del testo appaiono le figure più significative di una scena discografica in fermento. Le memorie di Nino D’Angelo si alternano a quelle di Peppe Vessicchio o a quelle di Vincenzo D’Agostino, paroliere di brani neomelodici e complice del successo discografico di Gigi D’Alessio. Dall’incrocio di queste testimonianze, emergono aspetti cruciali della vicenda: ai Frattasio non si rivolgevano solo i venditori di musicassette, ma anche aspiranti cantanti, musicisti e autori in cerca di visibilità, intenzionati a entrare nel circuito dei matrimoni e delle celebrazioni in onore dei santi patroni. Questo mercato dei desideri avrebbe trovato piena espressione, solo qualche tempo dopo, in una “canzone-manifesto” interpretata dal giovanissimo Marco Calone (nato dall’unione fra il musicista Franco Calone e l’attrice Cinzia Oscar, celebrità locali che occuparono le cronache dei primi anni Novanta grazie alla loro travagliata storia d’amore): “Voglio fà ’o cantante dint’ ’e ristoranti / mmiez’ ’e ffeste ’e piazza / Voglio fà ’o cantante ncopp’ ’a ’nu teatro / int’ ’a ’na puntata comme fa mammà”.    

Ne conseguì un’ambivalenza – ramificata sui diversi piani della percezione e della pratica – del ruolo di Mixed by Erry, che offrì il fianco a polemiche aspre: da un lato la pirateria ostacolava la diffusione legale dei prodotti musicali, ma dall’altro consentiva a una larga fetta di pubblico di ascoltare canzoni che non sarebbero mai state fruibili a prezzi ragionevoli o compatibili con le tasche dei meno abbienti. Di certo la contraffazione sottraeva ai marchi ufficiali una parte dei loro guadagni, ma era altrettanto chiaro il valore aggiuntivo prodotto dal circuito illegale in termini di costruzione della popolarità. Su questo versante, i fratelli di Forcella agivano in maniera sistematica, con un’organizzazione di “livello professionale”, senza lasciare nulla al caso. Organizzavano provini, valutavano voci, registravano brani e sceglievano gli artisti da promuovere. A quel punto, provavano a intercettare i gusti degli ascoltatori seguendo criteri di affinità: sfruttavano il traino dei cantanti già famosi inserendo le nuove incisioni in coda ai loro 33 giri, approfittando dello spazio vuoto lasciato dal nastro vergine (in genere destinato a ospitare 60 minuti di musica, mentre un normale album ne accoglieva circa 40), o le aggiungevano alle più fortunate collezioni antologiche. 

Un protagonista di quella stagione artistica fu il cantautore Tony Tammaro, celebrità regionale del genere parodistico-caricaturale, che raggiunse il successo fra il 1989 e il 1990 grazie alla Prima cassetta di musica tamarra, rivisitando in chiave moderna la tradizione teatrale macchiettistica e le composizioni burlesche di fine Ottocento. I suoi tormentoni – Patrizia, Si piglio ’o posto e Il parco dell’amore furono solo i primi di una lunga serie – arrivarono a un pubblico ampio grazie alla distribuzione clandestina assicurata dai fratelli Frattasio, che privava gli autori dei guadagni derivanti dalle vendite dei brani, ma assicurava loro una poderosa pubblicità. Negli stessi mesi raggiunse il successo l’istrione Federico Salvatore (più tardi conosciuto in tutta Italia grazie ad apparizioni al “Maurizio Costanzo Show”), con il suo disco intitolato Na tazzulella ’e ca…baret. Molte sue canzoni finirono tuttavia in coda alle compilation di Tony Tammaro firmate da Erry, creando imbarazzo anche nel pubblico, che si trovò a partecipare ai concerti e scoprirsi disorientato, non sapendo operare distinzioni fra i due artisti.  

Proprio Tony Tammaro ha di recente preso la parola sulla vicenda di Mixed by Erry attraverso i suoi canali social. Ha confessato di aver voluto rimuovere, per molto tempo, il tema della pirateria musicale dai suoi ricordi. Ha riconosciuto al film di Sydney Sibilia efficacia espressiva e dovizia di particolari, ma ha sottolineato anche un’assenza importante. Il regista, in buona sostanza, avrebbe dedicato molto spazio a “tagli di capelli, walkman, auto e autobus d’epoca”, lasciando da parte “l’elemento sacchetto”: quei “grandi e nauseabondi cumuli di spazzatura presenti ovunque”, nel “bel mezzo di Piazza del Plebiscito come sui marciapiedi delle strade eleganti”. La Napoli degli anni Ottanta – spiega il cantautore, seguendo il filo della sua memoria – era quasi un naturale “prosieguo del dopoguerra”, vale a dire un vorticoso “missaggio” di “illegalità diffusa, traffici da mercato nero, camorra che la faceva da padrona e monnezza, monnezza dappertutto”. 

Il libro di Simona Frasca supera invece i meccanismi imposti dalla macchina mediatica della rievocazione, centrata sul dominio della nostalgia e del tono elegiaco. L’autrice propone una ricostruzione storica complessa, fatta di luci accecanti e ombre inquietanti, segnata da un triste epilogo: l’arresto, la condanna e la prigionia dei fratelli Frattasio. Include l’empatia nella costruzione del racconto, ma mantiene intatto il suo bisogno di comprensione critica. Attraversando la storia degli “eroi criminali” di Forcella, cerca di entrare nel disagio sociale, politico e culturale di un’intera epoca. Si interroga sulle contraddizioni di personaggi che hanno deciso di resistere in maniera ostinata alle imposizioni dell’autorità costituita, acquisendo una parziale coscienza delle loro colpe, ma rimanendo pur sempre tentati dall’idea di autoassolversi. Cattura “i rapporti tra l’individuo e la comunità sociale, tra il pubblico locale e quello più ampio di una nazione, tra il palcoscenico e l’intimità del singolo ascoltatore”. È cosciente di dover abbracciare “in un solo sguardo” le molteplici sfaccettature di un passato metamorfico, restituendolo a lettrici e lettori come entità dinamica, non ipostatizzata, da indagare e non solo da ricordare. 

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