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Il suono come forma per resistere alla supremazia patriarcale e coloniale del maschio bianco / NON: Una questione di (ri)appropriazione

21 Ottobre 2016

Siamo lieti di inaugurare con questo articolo una nuova partnership editoriale con Art South Africa, una rivista dinamica, innovativa, sovversiva e intelligente, dedicata alla realtà presente e futura del continente africano. Perennemente ottimista, anche nelle riflessioni più critiche, Art South Africa si apre a nuove possibilità, celebra il sogno ed esalta l’innovazione. Ispirandosi alle trasformazioni globali che hanno investito il mondo della comunicazione, i modelli di business, il pensiero creativo e le pratiche artistiche, Art South Africa si propone di mostrare e raccontare i risultati positivi che è possibile ottenere quando si ha il coraggio di rischiare. Dedicata alla cultura, alla creatività e all’arte africana, e in particolar modo alle arti visive, Art South Africa si fonda sulla convinzione che la vita non ha senso, se non è accompagnata dal sogno: è vuota, se priva d’amore, e ogni pensiero è pretenzioso, se non è intimamente sentito. La sfida più grande è riuscire a unire cuore e intelletto. Ed è questo ciò che Art South Africa si propone di fare. Ispirandosi ai medesimi ideali, lettera27 ha deciso di ripubblicare alcuni dei contenuti di Art South Africa all’interno della rubrica Why Africa?.

 

English Version

 

AA BYT July29 NON 1 Chino Amobi, a still from Illuminazioni, 2012. Digital Video, 17:02. Image courtesy of Chino Amobi.

 

NON è un collettivo di artisti, provenienti dall’Africa e dai Paesi della diaspora, che utilizzano il suono come mezzo privilegiato. Come essi stessi affermano, il loro intento è quello di “articolare le strutture visibili e invisibili che creano diseguaglianze all’interno della società, promuovendo una redistribuzione del potere e creando sonorità in grado di opporsi ai canoni contemporanei”.

 

Fondato da Chino Amobi (Stati Uniti), Melika Ngombe Kolongo, a.k.a NKISI (Regno Unito), e Angelo Valerio, a.k.a Angel-Ho (Sudafrica), NON è uno spazio all’interno del quale artisti africani provenienti da tutto il mondo possono sfidare, con le loro opere, i canoni eurocentrici tradizionali attraverso cui si definiscono i confini dell’arte contemporanea. Attualmente, infatti, il mondo dell’arte occidentale tende a presentarsi come universale, come “il mondo dell’arte” tout court, sfuggendo a ogni forma di auto-riflessione critica. Da un punto di vista discorsivo, ciò che consideriamo come storia dell’arte contemporanea non è altro che una prospettiva propagandistica, costruita nel corso degli ultimi tre secoli, che sancisce la supremazia patriarcale e coloniale del maschio bianco. Ancora oggi, il mercato dell’arte continua a essere governato dal potere monopolistico del capitale bianco, che punta a presentare l’arte “africana” come merce priva di un reale spessore intellettuale e creativo. È così che vengono etichettati gli artisti che operano in Africa e nei Paesi della diaspora. E questo rafforza un sistema di potere all’interno del quale gli artisti europei e americani sono considerati “artisti”, mentre tutti gli altri sono relegati a delle sottocategorie.

 

È in questo scenario che NON afferma la propria visione. Utilizzando un mezzo effimero come il suono, che non si presta a essere fisicamente messo in mostra e venduto come prodotto artistico, e attraverso una pluralità di stili e generi de/ri-costruiti, gli artisti del collettivo mettono in discussione le convenzioni del sistema di categorizzazione e assoggettamento del potere neo-liberale, capitalista, eteronormativo e patriarcale, fondato sulla supremazia dei bianchi. Attraverso paesaggi sonori che evocano scenari di guerra e generano un senso di inquietudine, o la rivisitazione di filmati realizzati con droni, le immagini e i suoni prodotti da NON costituiscono una forma di resistenza attiva alle tradizionali nozioni occidentali di genere e arte. Da un punto di vista estetico, la maggior parte delle opere curate da NON appaiono come volutamente ostili, ricche di sonorità disturbanti.

 

AA BYT July29 NON 2 Chino Amobi, a still from Burning Tower, 2016. Digital Video, 13:25. 

 

Angel-Ho dà vita a composizioni complesse, stratificate e cariche di tensione, sonorità dal ritmo serrato che riproducono respiri affannosi, clangori metallici di spade, rumori di motori e spari, evocando una varietà di atmosfere e stati d’animo. Come afferma lo stesso artista: “Vorrei che la mia musica fosse uno strumento di emancipazione e unione per tutti coloro che la ascoltano. Per le nostre comunità nere, queer e trans, affinché tutti noi possiamo vivere ogni giorno con coraggio e senza compromessi”. Il pezzo “Bury Me”, tratto dall’album Emancipation (2016), è stato realizzato da Angel-Ho insieme all’artista e musicista Desire Marea. Nel crescendo finale del pezzo, Desire, in lingua zulu, chiede giustizia per i torti subiti dai suoi avi. “Nel pezzo – afferma Desire – canto delle richieste di denaro, il denaro appartenuto ai nostri padri oppressi, attraverso le voci degli antenati queer i cui nomi sono stati cancellati dalla storia”.

 

NKISI intreccia una varietà di sequenze elettroniche dal ritmo incalzante, dando vita ad atmosfere euforiche, ricche di energia, che si mescolano a un sottofondo urban pervaso da sonorità dark. Il nome NKISI deriva dal bacino del Congo, nell’Africa centrale, e allude a un oggetto dotato di poteri spirituali o che racchiude uno spirito. L’opera d’arte che accompagna l’album DJ KITOKO VOL.1 (2016) raffigura in negativo, come fosse una radiografia, una scultura umanoide in legno. L’integrità corporea della figura è intaccata da ciò che appare come un filo metallico e un insieme di chiodi che sembrano soffocarla. Inseriti nel contesto europeo, e in particolar modo a Londra, artefatti come questa scultura sono stati sottratti alle loro culture d’origine e strappati al loro contesto dall’imperialismo europeo. L’opera d’arte che accompagna l’album denuncia tale violenza, mentre la musica parla di nuovi modi d’essere e identità ibride create e vissute dalle persone come forme di resistenza a questi spazi violenti.

 

In quest’epoca di dis/connessione sociale e realtà virtuale, la guerra è qualcosa a cui assistiamo, in misura sempre maggiore, in HD e a distanza – dalla realtà protetta dei Paesi avanzati – mentre chi vive nei Paesi del terzo mondo ne sperimenta le conseguenze fisiche. Da Afghanistan, Iraq, Siria, Pakistan, Yemen e Somalia a Ferguson e Marikana, i sistemi repressivi dei Paesi fautori della supremazia bianca continuano a uccidere i neri. Tutto questo fa parte di uno stato di guerra permanente all’interno del quale i Paesi avanzati, assetati di profitto, non provano alcun rimorso nel mietere vittime tra coloro che vivono in territori ricchi di risorse. È a questo scenario di distruzione e agitazione continua – alimentato e giustificato da xenofobia, razzismo, sessismo e omofobia – che si ispira la musica prodotta da NON. Obiettivo del collettivo è infatti quello di cogliere la connessione tra la dimensione macro e quella micro dei sistemi di oppressione globalizzati.

 

La ricerca estetica di NON ruota intorno a ciò che viene etichettato come controcultura. Un brand che comprende una rivista trimestrale disponibile gratuitamente online (e aperta a chi desidera collaborare), articoli di abbigliamento e arte visiva. L’uso del branding come forma di resistenza contro il potere istituzionale è rintracciabile già nelle opere precedenti di Amobi. Nel suo film del 2012, intitolato ILLUMINAZIONI e disponibile su YouTube, e nelle creazioni musicali realizzate con il nome di Diamond Black Hearted Boy, Amobi utilizza il format e il linguaggio tipici del corporate branding per veicolare i propri contenuti. ILLUMINAZIONI rappresenta un pastiche che unisce alla cultura mash-up di internet linguaggi istituzionali. Il film intreccia questi elementi per mettere in discussione il ruolo dell’identità nera nel contesto della cultura imperialista americana contemporanea, fautrice della supremazia bianca. E utilizza il linguaggio visivo di industrie che promuovono tale supremazia, come la CNN, il corporate branding, la cristianità occidentale e la storia dell’arte raccontata secondo la prospettiva maschile dei bianchi. Amobi gioca con questi linguaggi, veicolando il proprio messaggio attraverso gli stilemi della retorica tradizionale. E lo fa mettendo in discussione le logiche patriarcali legate alla cultura del gioco e le modalità attraverso cui attraversiamo, costruiamo e ci sottraiamo a queste realtà.

 

In un’epoca in cui l’appropriazione e l’istituzionalizzazione della cultura della resistenza da parte di quella mainstream procede di pari passo con il perdurare di una violenza istituzionalizzata, NON fornisce una varietà di spunti sovversivi per aprire un dialogo sull’autorialità e sulla produzione artistica degli artisti neri, nel contesto delle strutture di potere istituzionali dei bianchi. Le forme di controcultura promosse da NON rappresentano dunque una piattaforma autoriale in grado di sovvertire i canoni tradizionali, appropriandosi delle logiche curatoriali tipiche dell’epoca di internet e mettendo in discussione la validità di canoni esclusivi.

 

Joseph Coetzee è un artista e scrittore che vive in Sudafrica. L’articolo originale è stato pubblicato su Art South Africa. La traduzione è a cura di Laura Giacalone.

 

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