Severance e Upload: il cervello è mio e lo gestisco io

7 Luglio 2022

Il 18 febbraio 2022, in un’intervista al “The Seattle Times”, lo sceneggiatore e producer di Severance (Apple tv), originario di Olympia, ha raccontato cosa ha fatto a Los Angeles prima di entrare nel giro a Hollywood: «Ho avuto una serie di lavori da impiegato quando mi sono trasferito per la prima volta a Los Angeles. In uno di questi mi sono ritrovato a desiderare di poter saltare in avanti fino alla fine della giornata. Volevo dissociarmi per le successive otto ore. Ho pensato: “È una cosa incasinata da desiderare.

Dovremmo volere più tempo, non meno”». Chi di noi ha fatto l’impiegato sa cosa vuole dire Erickson: tra tutti i lavori quello impiegatizio è il più straniante: sempre la stessa stanza o stanzona, sempre la stessa scrivania, sempre le stesse facce, sempre lo stesso capo se non sei un capo, sempre gli stessi subalterni (ops, pardon, lo stesso “team”, lo stesso “staff”) se sei un capo. Ma ogni tanto puoi fare carriera, Sali un gradino nel plastico dell’ufficio, e puoi cambiare scrivania, o stanza, ma le facce sono sempre quelle. Ogni mattina ti alzi e ricominci, ogni sera esci piallato e cerchi di dimenticare.

C’è indubbiamente, ogni volta due volte al giorno, uno switch on e uno switch off: tu saresti sempre lo stesso, 8 ore dentro e 16 ore fuori, ma in realtà ci sono 2 te: quello che mette su la maschera pirandelliana quando entra in ufficio, quello che se la toglie quando si lascia alle spalle l’ingresso dell’azienda (spesso rimettendo un’altra maschera, altre maschere pirandelliane: quella sociale, quella famigliare…).

Erickson ha scavato dentro la sua mente emotiva e di quell’interruttore ha fatto il concept di Severance: come potrei dare il meglio di un me stesso sul lavoro, compiacendo il padrone e i capi, non pensando un solo istante a tutti i miei piaceri e dispiaceri privati? Come potrei nella mia vita privata almeno non portarmi dietro arrabbiature, mortificazioni, problemi da risolvere l’indomani, risentimenti con una collega, flirt con un collega? Certamente aderendo al programma della Lumon, una mega-azienda che in un vicino futuro potrebbe darci una doppia personalità con un intervento chirurgico che infila nella nostra scatola cranica, al punto giusto del cervello, un chip che ci accende al lavoro mentre saliamo in ascensore e ci spegne dal lavoro quando scendiamo in ascensore.

Si tratta di fantascienza? Se possiamo cambiarci il cristallino nell’occhio, rifarci labbra, zigomi, mammelle, glutei, liposucchiarci giri di ciccia alla vita non potremmo tra non molto chiedere più optional alle neuroscienze? 

Alla Lumon non si sa bene chi comandi in alto (il consiglio di amministrazione parla in un auricolare di una portavoce spietata) ma si sa quali sono i tre dirigenti interni e qualcun altro nello staff gestionale: la terribile Harmony Cobel (Patricia Arquette) comanda in presenza; il piacione e falsissimo Milchick (Tramell Tillman) è il team manager: dà i premietti agli impiegati modello del giorno, controlla, spia, sequestra, punisce, ha il mazzo di chiavi elettroniche di quel labirinto di stretti corridoi bianchi che somiglia alla mente onnisciente del finale di 2001 A Space Odissey di Stanley Kubrick (1968); il bianco fa pulito, certamente, ma fa anche ospedale e manicomio; poi c’è quello della Sicurezza, con la faccia trucida, che ti conduce nelle stanzette “psicoterapeutiche”, che somigliano un po’ ai campi di rieducazione del Partito Comunista cinese.

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Chi è l’impiegato protagonista? È Mark (Adam Scott) con la sua bella facciotta da androide: il precedente capoufficio è sparito dall’oggi al domani, e lui è stato promosso dalla strega; ora dovrà guidare lui il quartetto, e dovrà formare chi arriverà. Nel quartetto c’è il come sempre fenomenale John Turturro, che – inizialmente ligio alla religione aziendale (religione proprio! Con libro dei detti del padre padrone ottocentesco fondatore, e museo della stirpe di padroni ecc) – piano piano slitterà nel dubbio e nella morbosa curiosità di sapere se in quell’immensa baracca hi-tech c’è qualche altro schiavo, qualche altro reparto… e sì, scoprirà che c’è un altro reparto guidato dal fenomenale Christopher Walken; tra i due crescerà lentissima e riservatissima una delle tracce narrative fortissime di Severance, una proibitissima attrazione omosessuale tra due impiegati di diversi reparti!

 

La sequenza iniziale di questa serie prodotta e in gran parte diretta da Ben Stiller ci mostra in una verticale la nuova impiegata stramazzata su un grande desk della meeting room: beh, sì, è vero, per aderire al programma di “scissione” della Lumon devi volerlo proprio, il lui/lei di fuori deve firmare una impegnativa che dichiara che vuole proprio farsi trapanare il cranio, perché non ne può più di pensare alle stesse cose per 24 ore, vuol fare uno switch di 8 ore; Helly (Britt Lower) ha pure registrato un breve video in cui testimonia che è proprio convinta… ma Helly in Lumon si sveglia proprio storta: vuole scappare! Non le piace per niente la clinica dei trapanamenti! Quindi il povero Mark è veramente in difficoltà a gestire la cavalla impazzita, e si becca svariati cazziatoni dalla tremenda capa.

Va beh: poiché DOVETE vedere Severance, poiché è tra i migliori prodotti di complex tv degli ultimi anni, mi fermo qui nello spifferare: è già in lavorazione la seconda stagione. Voglio soltanto fare un cenno a un’altra serie che racconta – in modo questa volta comedy – di cervelli che finiscono in chirurgia: Upload (amazon prime video), scritta da Greg Daniels, ipotizza che tra poco potremo farci da soli il nostro paradiso (o purgatorio, dipende da quanto saremo ricchi): appena morto, quando sei ancora caldo, ti segano via la testa, ti surgelano il restante corpo e lo mettono in un criomagazzino, ti succhiano la materia neurale e la cacciano in un programmone di realtà virtuale (un metaverso) così potrai rimanere eternamente virtualmente vivo in un resort, se ti potrai pagare gli optional; un account ti seguirà da una postazione e interagirà con te ogni giorno.

E potrai confidare che le sperimentazioni in corso, per ora un po’ fallimentari (qualche testa reimpiantata dopo un po’ esplode) possano perfezionarsi e rimetterti nel vecchio corpo ibernato per farti vivere eternamente; la serie ha molti momenti di comicità surreale, e altri un poco stupidini. Terza stagione in arrivo.

Quel che mi sento di consigliare, per dirla tutta, è: non fatevi trapanare, non fatevi tagliare la testa, tagliate la corda!

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