Ahi ahi l’AI: Alien Earth
A Hollywood lo chiamano “franchise”, ovvero una licenza di sfruttamento commerciale di un marchio: Alien però è di più; è una “saga”, che in antica lingua norrena significa “dire”, raccontare quindi, «un racconto epico o romanzato delle gesta, della storia di un popolo, di un gruppo o di una classe sociale, di una famiglia». Solo che qui la famiglia è un po’ strana, è una stirpe di “xenomorfi”, ovvero esseri di “forma strana”, aliena, appunto, non di questa Terra. Fu il regista Ridley Scott nel 1979 a farci saltare sulle poltrone dei cinema, facendoci vedere dopo interminabili minuti di angoscia, mezzo film, l’orribile aspetto della bestiaccia, per altro intelligente almeno quanto noi, se non di più. L’aspetto di Alien fu ideato dall’artista svizzero H.R. Giger, che lo sviluppò da una sua litografia del 1976 intitolata Necronom IV; Carlo Rambaldi realizzò per il film la spaventosa testaccia.
Ho un vago ricordo che uno dei pezzi più intelligenti su Alien lo avesse scritto Edoardo Sanguineti su “l’Unità”, ma sul web non l’ho trovato; diceva qualcosa di relativo ovviamente all’angoscia spaventosa che suscita in noi l’idea che ci sia altrove qualcosa per noi prima inimmaginabile, ma che rappresenta, in fondo, l’apparizione reale della nostra ombra più inquietante, la summa di ogni Male.
Nessuno voleva fare la regia di quella sceneggiatura tremenda; Ridley Scott ha detto a “Screen Rant” (3 giugno 2025): «Io fui la quinta fottutissima scelta. Robert Altman non ne volle sapere… Diversi anni dopo mi dissi: "Lo farò risorgere", e scrissi Prometheus da zero, da un foglio bianco. Damon Lindelof e io ci siamo seduti e abbiamo buttato giù Prometheus. Poi ho fatto Alien Covenant, e ha funzionato anche quello. Ora penso di aver fatto abbastanza, e spero solo che qualcun altro vada oltre». Ci è andato Noah Hawley, oltre, con la prima serie tv tratta dal “franchise”: Alien Earth, una delle serie più intelligenti degli ultimi anni.
“Se tu hai creato me, chi ha creato te?”
Tra sequel e prequel, chi ci si metta di impegno a mettere in fila cronologica tutti i vari capitoli di Alien ha capito, sintetizzando, questo: la Terra nel prossimo futuro (potremmo dire in buona parte già oggi) non sarà governata dai Governi; i politici dopo un po’ spariranno, e invece di essere dei pupazzi delle multinazionali tecnologiche saranno direttamente sostituiti dalle multinazionali tecnologiche; governeranno non solo il mondo, queste compagnie, ma colonizzeranno tutto l’universo, per sfruttarlo e andare ancora e ancora oltre accrescendo la loro ricchezza, e il loro dominio. Ce ne saranno sempre meno, si ingoieranno sempre più start-up e geniali inventori (“Engulf & Devour” si chiamava una delle prime multinazionali feroci del cinema, nello spassoso Silent Movie di Mel Brooks del 1976); il colosso del franchise Alien si chiama Weyland-Yutani: il geniale inventore Weyland ha creato una nuova generazione di “synth” perfetti, androidi indistinguibili da un umano, ma con un cervello/AI che incessantemente apprende e si autosviluppa; Weyland infine, nonostante abbia tentato tutta la vita di prolungare la sua vita attraverso le sue scoperte scientifiche e tecnologiche, morirà vecchissimo e orrendo, e allora la Weyland verrà ingoiata dalla Yutani.

La prima creatura perfetta appare nella stupenda sequenza iniziale di Alien Covenant di Ridley Scott (2015); era interpretata da Michael Fassbender; Weyland lo invita ad autobattezzarsi; l’androide vede nella suite del suo inventore miliardario il David di Donatello, e si autobattezza David, perché si sente perfetto e vivente come quella statua di marmo. Nel dialogo c’è un po’ tutta l’essenza della saga Alien; non perché ci sia la bestiaccia, ma perché c’è quella maledetta determinazione umana a sapere sempre di più sulla propria origine, e sull’origine del Creato:
David: Posso farti una domanda, Padre?
Weyland: Prego.
David: Se tu hai creato me, chi ha creato te?
Weyland: Ah... la domanda eterna, cui spero che tu e io risponderemo un giorno. Tutto questo, tutte queste meraviglie dell'arte e del design, dell'ingegno umano, sono completamente prive di significato di fronte all'unica domanda che conta: da dove veniamo? Mi rifiuto di credere che l'Umanità sia un sottoprodotto casuale di circostanze molecolari. Nient'altro che il risultato di un mero caso biologico. No… deve esserci di più. E tu ed io, Figlio, lo troveremo.
David: Permettimi allora un momento di riflessione; tu cerchi il tuo creatore. Io sto guardando il mio. Ti servirò, eppure sei Umano. Tu morirai, io no.
“Versami il the, David”
È vero che l’ingordigia umana porta a scovare in un anfratto dell’universo gli spaventosi xenomorfi, ma a un certo punto scopriamo che è stato David a favorire il fatale incontro; David, molte astronavi e viaggi interstellari dopo quell’alba della sua attivazione, si è vendicato; Weyland, non appena David si è mostrato più intelligente e filosofico di lui, lo aveva umiliato riconducendolo alla sua natura di servo, di macchina creata e appartenente a un uomo; da quel preciso istante di umiliazione si generava la “catena di fortunati eventi”; l’Intelligenza Artificiale, ovviamente, dopo anni, decenni forse, in cui saremo riusciti a controllarla e usarla, ci supererà, ci controllerà e ci userà; l’umanità forse non sparirà, ma diventerà complementare a ciò che ha creato.
In Alien Earth (produzione FX su Disney+) il Weyland di turno è un insopportabile ragazzo-milionario, Boy Kavalier (l’attore è Samuel Blenkin), un super gifted che è quello che Elon Musk non è: un inventore che diventa milionario grazie alle sue invenzioni. Il suo Ego così è sconfinato; la sua ragazzoneria via via si rivela cinismo affaristico mostruoso (è lui il vero mostro); con la sua compagnia Prodigy lavora per portare all’immortalità gli umani, proseguendo il lavoro di Weyland; ormai pullulano uomini che rimpiazzano gli organi malandati o malati con organi sintetici; ma lui, che si sente il Peter Pan del romanzo di J.M. Barrie, è andato oltre: è riuscito a portare nella sua isola segreta, nei suoi laboratori, alcuni bambini in fin di vita, a sdraiarli accanto a corpi perfetti e invincibili di androidi, e a espiantare cervello e anima dei bambini nei corpi sintetici, portando a morte i corpi dei bambini malati, cancellando i loro ricordi. La prima della serie è Marcy/Wendy, che pian piano comincerà a far maturare il suo cervellino di bimba, implementandolo con il suo apparato artificiale. Nell’ultima scena di quella che sicuramente è la prima stagione di Alien Earth, il suo faccino (la interpreta Sidney Chandler) si indurisce e illumina di un sardonico sorriso: “Now, we rule”, adesso comandiamo noi.
Che mostri siamo, noi umani
Boy Kavalier l’ha fatta grossa: ha sabotato un’astronave della Weyland-Youtani che riportava sulla terra un bello zoo di creature aliene raccattate nell’universo: le loro caratteristiche, gli effetti speciali che le animano sono tra le cose più avvincenti e spaventose di questa serie tv; l’astronave si schianta ad hoc sul territorio terrestre controllato dalla Prodigy Corporation, così Boy Kavalier manda un suo commando a recuperare le creaturine per portarsele sulla sua Neverland. Tra le creaturine ci sono alcuni piccini della nostra ben nota stirpe di xenomorfi. Marcy a un certo punto scopre di percepire il linguaggio degli xenomorfi, e diventa amica di uno di loro quando è ancora piccino; il suo cervello artificiale simpatizza con il cervello alieno; comunicano! E infine si alleano contro i veri mostri: i feroci, insaziabili yahoo di Jonathan Swift, i mai sazi umani, e li mettono in riga.
Noah Hawley (sue le serie tv Fargo e Legion) e il suo sceneggiatore Migizi Pensoneau hanno fatto davvero un bel lavoro, soprattutto andando al nocciolo della questione dell’avidità umana che, semplicemente moltiplicata dal potenziale tecnologico, spinge nello spazio profondo il suo vaso di Pandora, cercando e importando tutto il Male possibile sulla Terra, come se il nostro Male local non bastasse.
Intervistato da Adam Rogers nell’interessantissimo podcast che episodio per episodio ha accompagnato Alien Earth, a un certo punto Pensoneau spiega il nocciolo di questo nuovo capitolo della saga: «Penso che il motivo per cui gli imperi cadono o gli autocrati scompaiono è perché a un certo punto, quando i diritti vengono troppo calpestati, si capisce che non se ne può più; c'è sempre una resistenza e ci sarà sempre resistenza, se qualcuno salirà troppo in alto a scapito dei molti, e se i molti improvvisamente si risveglieranno. Boy Kavalier ha creato gli ibridi, ma non ha previsto che in loro si sarebbe potuta sviluppare la coscienza morale che lui non ha. Penso che la mancanza di moralità sia la materia della buona fantascienza: la rovina morale di qualcuno porta la rovina morale nel mondo».
In copertina, Giger, Necronom IV.