Storie di medicina spericolata
La storia della medicina è un affascinante viaggio nell'ignoto; le scoperte scientifiche sono frutto di duro lavoro, di imprevisti, di conclusioni razionali, di esperimenti finiti male, di una visione della scienza e del progresso a volte del tutto visionaria e, in passato, spesso un po' folle nel suo eroismo. Silvia Bencivelli non è una storica bensì una scrittrice e una giornalista. Come lei stessa chiarisce alla fine del suo libro Eroica, folle e visionaria. Storie di medicina spericolata (Bollati Boringhieri, 2023, p. 288), il suo mestiere è scovare storie, costruire percorsi, collegare vicende, collocarle in contesti, proporre chiavi di lettura; il criterio che ha seguito nel comporre i capitoli di questo libro un po' strano è quasi del tutto legato al suo personale divertimento. Dice ancora: “Ho capovolto cronologie, costruito capitoli intorno a una sola storia o a tante storie, ho selezionato, scelto, approfondito, spulciato, chiesto in giro e appena cominciavo ad annoiarmi ho semplicemente tagliato”. Dunque questo libro non è un trattato di storia della medicina e nemmeno un libro di medicina, perché non c'è una formula, uno schema, un simbolo chimico; però l'autrice non hai inventato niente e quello che si trova nel libro è tutto vero o almeno è vero per quello che oggi si può conoscere rispetto alle fonti del passato.
I capitoli del libro sono disposti in un ordine apparentemente casuale, laddove si parte con il primo capitolo che riguarda il mangiare, il bere, il sonno e la bilancia, si passa attraverso la chirurgia sperimentale e il rapporto tra la chirurgia e l’anestesia, si viaggia verso i farmaci e le cose che forse non lo erano, si arriva ai vaccini. In questi capitoli si muovono personaggi - alcuni conosciuti, altri no - che hanno fatto la storia della medicina, ma anche personaggi che nessuno ha mai conosciuto, che sono rimasti nell'anonimato, che hanno cambiato vita e, dopo una fase di eroismo e di passione per le scoperte, semmai si sono ritirati a vita privata a coltivare orti e dalie.
Tutti abbiamo le nostre prime volte; ma certe prime volte cambiano la storia: così inizia l'introduzione al libro che parte con una minuziosa raccolta di storie ed eventi per dire che non sempre le prime volte sono state avventurose e non sempre i protagonisti hanno ricevuto grandi onori. Non è un testo sui premi Nobel, anche se ogni tanto se ne incontra qualcuno e non sempre i suoi protagonisti hanno avuto meriti particolari, ma magari hanno semplicemente avuto l'età giusta al momento giusto o si sono trovati nel posto giusto mentre le cose stavano cambiando. L'autrice sembra affascinata dalla storia degli auto esperimenti che tanto hanno caratterizzato il mondo della ricerca nei secoli scorsi, perché hanno in comune momenti in cui un ricercatore sceglie di essere il primo e si fa avanti e comincia un esperimento con cui misura, inietta, beve, inala, infila, spalma, insuffla oggetti e sostanze o materiali di varia provenienza all'interno del proprio corpo. Un corpo prestato alle "prime volte" della scienza, contemporaneamente artefice e cavia del progresso della medicina. In molti casi non è successo niente, qualcuno ci ha lasciato le penne, pochi ci hanno preso il Nobel. Le storie degli auto esperimenti appartengono al passato; cominciano nel ‘700 e si concentrano tra l’800 e il ‘900 e poi si diradano fino quasi a scomparire, ma l'idea che c'è dietro è soprattutto quella per cui il bravo medico non deve fare agli altri quello che non sarebbe disposto a fare a se stesso ed è un'idea che ancora oggi ha senso. Oggi però nessun Comitato Etico lascerebbe passare un protocollo di ricerca come quelli descritti in questo libro.
Non è più il tempo dello scienziato solitario, chiuso nel suo gabinetto a giocare con gli alambicchi, il tempo di sperimentazioni senza controllo. Oggi si lavora in gruppi di ricerca che devono cercare finanziamenti e rispondere ai finanziatori e all'opinione pubblica. Poche perdite di tempo e molta statistica per avere risultati più oggettivi possibile. È anche tempo di propaganda, di intrecci complicati tra scienza, economia e politica ed è tempo di spin doctor e strateghi della comunicazione, è tempo di pandemia, di scienza sotto i riflettori.
Come detto in precedenza però l'autrice è affascinata dagli auto esperimenti, perché l'idea che alcuni scrittori hanno tentato di definire su questa pratica di ricerca è che l'auto esperimento sia un gesto dal forte valore etico e che sia un peccato che non se ne pratichino più. Nella lista degli auto sperimentatori su circa 465 casi descritti, in gran parte riferiti a scienziati statunitensi ma anche inglesi e tedeschi, è importante contare i premi Nobel: su questi numeri ben 15 hanno ottenuto l'ambito riconoscimento. La decadenza del metodo dell'auto esperimento chiama però un applauso agli intrepidi scienziati del passato perché da questa eroica curiosità è emersa la medicina moderna. Quindi, da pratica eroica, tipica dei migliori l'auto esperimento è diventato appannaggio di sottoculture marginali che vivono in luoghi come il dark web oppure di artisti un po' estremi. Vale però la pena di ricordare che oggi esistono persone speciali che praticano l'auto esperimento di fronte a tutto il mondo: sono pochi ma sono l'avanguardia della nostra specie, gli astronauti che vivono a bordo della stazione spaziale internazionale in orbita attorno alla terra a 400 km di altezza dalle nostre teste.
Tornando alla storia della medicina, in estrema sintesi, praticamente fino al Rinascimento la risposta ad ogni domanda sul funzionamento del corpo umano era riferita alle teorie di Galeno che aveva ripreso teorie da Aristotele e Ippocrate. Per circa 13 secoli nessuno può mettere in discussione le sue tesi. Come avvenuto infatti in altri settori della scienza, durante la rivoluzione scientifica si è sviluppata l’idea che, più che la fede nei testi degli antichi maestri, a darci una comprensione migliore della natura sarebbero stati l'osservazione e l'esperimento. Il modello qualitativo viene gradualmente sostituito da un nuovo modello meccanico in cui è fondamentale la misura. Insieme all'esperimento nascono anche gli strumenti per studiare il nostro corpo: tra i tanti che l'autrice descrive c'è questo personaggio, un vero e proprio medico di strada e alchimista svizzero, Theofrastus Bonbastus von Hohenheim che si fa chiamare Paracelso (e che ha ispirato Marguerite Yourcenair a scrivere L’opera al nero). È lui che comincia a parlare di chimica dell'organismo umano, poi ci sono Cartesio e Harvey che scoprono la circolazione del sangue con esperimenti ingegnosi, legando i vasi sanguigni.
Però si rischia di dimenticare che non c'è mai stato il genio che da solo fa la grande scoperta e un attimo dopo il mondo cambia. C'è una temperie, ci sono dibattiti, gente che fa ricerca sulle stesse cose in posti diversi e che dialoga, si sposta, scrive, si scambia le idee, litiga e a volte si fa persino i dispetti. Quando si racconta la storia della medicina tutto questo capita di dimenticarlo e così nascono da tutte le parti "Padri" di questa o quella disciplina; poi, guarda caso, si scopre che nel paese accanto il “Padre” di quella stessa materia è un altro.
Scopriamo così personaggi come Santorio Santorio, nato nell’ odierna Capodistria, laureato a Padova quando Padova era il place to be di chi voleva diventare medico e venivano da tutta Europa (come aveva fatto del resto anche Vesalio) e si stabilisce definitivamente a Venezia; qui comincia a frequentare i Morosini diventa amico di Paolo Sarpi e Galileo Galilei e scrive "bisogna credere prima di tutto nei propri sensi, nell'esperienza, il ragionamento, e solo dopo, nell'autorità di Ippocrate, Galeno, Aristotele e altri eccellenti filosofi. “Era il 1602, sarà il padre del “metabolismo”. Dopo quasi trecento anni si arriva alla scoperta delle vitamine, la cui carenza aveva causato tante malattie soprattutto nei naviganti (scorbuto, pellagra, beri beri e così via).
Ci si arriva partendo dall'ambizione di Atwater, che era quella di poter prescrivere la dieta migliore per il lavoratore americano, efficace, nutriente e alla portata delle tasche di tutti. Il suo cioè, oltre la scienza, era un obiettivo sociale: lui per primo dirige una stazione agricola sperimentale americana in Connecticut. Seguono personaggi straordinari che ribaltano teorie inoppugnabili sulla origine delle malattie più diffuse fino quasi ai giorni nostri, nel 1981, quando Victor Herbert scrive nel “per proteggerti contro il culto della nutrizione e i ciarlatani devi capire che, in fatto di nutrizione, quello che è vero non è sensazionale e quello che è sensazionale non è vero; la nutrizione è scienza e non magia nera”.
Nel capitolo dedicato alla chirurgia sperimentale si parla del tempo in cui la chirurgia non era ancora propriamente una branca della medicina, bensì una disciplina abbastanza empirica, senza basi teoriche, affidata a gente brava col coltello come i barbieri. In quel tempo il medico in Inghilterra era il Physician e aveva una laurea con specializzazione più o meno come un medico di oggi, mentre il chirurgo era solo un surgeon, una persona spesso senza titoli di studio ma abile nelle attività manuali e con molto pelo sullo stomaco; soltanto nel 1745 si separa ufficialmente la carriera di chirurgo da quella di barbiere!
Tra le tante storie affascinanti segnalo quella di Forssman che emerse dall’anonimato perché, al momento dell'assegnazione del premio Nobel il francese che stava per essere premiato fece un gesto di inedita sportività indicandolo come il primo a pubblicare un articolo sul cateterismo cardiaco. Si cominciò a cercarlo e lo si trovò in un ospedale di provincia della Foresta Nera, urologo senza fama. Lui aveva anche cambiato mestiere e abbandonata la cardiologia era passato ad occuparsi di tutt'altro tipo di organo. Lui stesso, ricevuto il premio commenterà con modestia “Mi sento come un curato di campagna improvvisamente diventato cardinale”.
Si legge di un certo Charles Auguste Clever, barone di Maldigny e medico militare che, sfiancato da tante brutte esperienze, decide di fare da sé per le sue coliche renali recidivanti; si piazza uno specchio tra le gambe, solleva lo scroto con la mano sinistra, riapre la cicatrice degli interventi precedenti e infila le dita sotto la pelle, sente il calcolo che è voluminoso, grande come una noce e lo estrae. Dice “a quel punto l'urina fluì abbondantemente “ed è lui stesso a raccontarlo in un articolo pubblicato dalla prestigiosa rivista Lancet nel 1824. Operarsi da solo diventa una tecnica eroica come nel racconto datato 1961 del Dottor Rogozov, bloccato nella stazione scientifica in Antartide durante l’inverno, che si fa la diagnosi di appendicite acuta e decide di anestetizzarsi ed operarsi, semiseduto, rimuovendo l'appendice infiammata e suturandosi poi in fretta; la nave tornerà a prendere gli esploratori soltanto mesi dopo e Rogozov farà per tutta la vita il chirurgo a Leningrado.
Questo è un libro che non si riesce a leggere tutto d'un fiato; ci vuole un piano, come quello di leggere un capitolo alla volta, prendendosi pause digestive, cercando di afferrare nomi e concetti che sono scritti a volte senza un preciso ordine cronologico.
Verso la fine compare anche il giovane Arthur Conan Doyle, laureando in medicina all'Università di Edimburgo. Si intrecciano letteratura poliziesca e auto sperimentazione di farmaci, farmacologia e avvelenamenti, casi clinici e delitti. Naturalmente anche il Dr Jekyll e Mr Hyde trovano posto in questo strano volume di scoperte metabolico-letterarie. C’è un’ultima parte che parla di vaccini e biohacker, cioè biologi o sedicenti tali, che lavorano al di fuori delle istituzioni e delle grandi aziende e che contestano il sistema: può essere un hacker uscito dall'informatica e approdato alle scienze della vita, oppure un biologo uscito dall'accademia dell'industria che ha abbracciato una filosofia diversa. Anche questo tema è complesso, ma nemmeno qui, dice l’autrice, ci sono i buoni e i cattivi .
Essi si descrivono come i primi rappresentanti del futuro, ma visto che la pratica assomiglia terribilmente a quelle in auge ai tempi degli auto sperimentatori che la storia ci ha già proposto, fanno parte, con le loro teorie che la libertà individuale permette di fare ciò che si vuole con il proprio corpo, degli ultimi tristi alfieri di una pratica gloriosa finché è durata, ma ormai estinta.
Silvia Bencivelli è laureata in Medicina anche se non ha mai fatto il medico, si è perfezionata in Comunicazione della Scienza e ha cercato di scrivere un libro sugli esperimenti spericolati che si sono succeduti negli anni, sui cambiamenti dell’etica e della comunicazione delle conoscenze. Una bella e piacevolmente documentata ricerca del tutto originale, come vorrebbe essere il suo libro, istruttivo e divertente nello stesso tempo.