Adorno, videogiochi e Stranger things

5 Gennaio 2023

Le piattaforme occupano un ruolo centrale nella nostra vita e stanno espandendo progressivamente il loro potere. Il caso di Netflix è particolarmente visibile e impattante non solo nei grandi cambiamenti di consumo dei contenuti, come nel caso estremo del binge watching, ma anche nel modo in cui essa interagisce con i valori e i comportamenti sociali.

La gestione ibrida dei dati è uno dei motivi per cui le piattaforme sono così legate alla vita quotidiana delle persone, promuovendo una cultura glocal che è brillantemente rappresentata da casi innovativi come Squid Games. Esiste una chiara connessione tra il machine learning e il filtraggio culturale dei dati in questo nuovo ambiente ibrido. La maggior parte delle applicazioni di apprendimento automatico nella vita reale si basa su una combinazione di set di dati globali e locali. Ad esempio, si può sostenere che i sistemi di raccomandazione come quelli di Amazon, Netflix e YouTube sono socializzati a una cultura ibrida e glocal.

Da un lato, i contesti di dati globali vengono analizzati per suggerire elementi "simili" basati su tendenze comportamentali a livello di piattaforma (cioè co-acquisti e co-viste), attraverso un processo noto come filtro collaborativo. Per questo motivo possiamo sostenere che Netflix non è solo un'infrastruttura tecnica o una piattaforma di filtraggio dei dati, la sua funzione culturale è più simile a un marchio o un movimento culturale.

L'idea promettente di un mondo di contenuti on demand che vuole "dare alle persone ciò che vogliono" ribalta la portata e le funzioni di piattaforme come Netflix perché "una lettura più approfondita del comportamento del pubblico serve anche a riformulare la raccolta e l'utilizzo dei dati dei telespettatori da parte dell’azienda, come risultato tecnologico” (Jenner 2020). Un altro aspetto interessante del potere comunicativo delle piattaforme è il design delle loro interfacce, che definiscono una certa esperienza dell’utente. La costruzione esperienziale delle interfacce è un passaggio fondamentale nella progettazione di un'interazione customer-centrica. 

Il layout di un'interfaccia TV online e i menu, le schede e i pulsanti che aiutano gli utenti a navigare all'interno dell'offerta di servizi e incoraggiano determinate scelte comportamentali (da guardare, cercare, navigare e così via). 

Le nozioni di Netflix Politics (Pregliasco & Diamanti, Politica Netflix 2021), o più in esteso di Netflix Society, sono riferite al passaggio dal livello tecnico a quello politico, culturale, comunicativo. I valori emergenti di inclusività etnica, fluidità di genere, positività corporea ecc. sono fondamentali nelle storie prodotte dalla piattaforma. Il concetto sociologico di intersezionalità è difatti ben rappresentato dalle diverse narrazioni. Ovviamente non si tratta solo di Netflix. Diverse piattaforme sperimentano nuove estetiche nella comunicazione per creare un legame più forte con i pubblici.

Come nel caso della campagna Amazon Meet Ricardo. In cui è rappresentato un operatore che spiega con il linguaggio dei gesti il rapporto tra l’azienda e la sua vita quotidiana al centro della quale c’è la sua famiglia, in particolare sua figlia, e del modo in cui può contribuire alla crescita del Paese lavorando per la piattaforma. Il legame con la comunità dei lavoratori è rappresentato come una vera e propria “famiglia” e il lavoro è compensato con diversi momenti di divertimento. Lo scopo della campagna è quello di ridefinire un'immagine pubblica del marchio, il più delle volte accusato di sfruttare i lavoratori e di metterli in concorrenza con i robot. Mentre in questo racconto autentico e lo-fi, i legami sociali e le emozioni sono i veri protagonisti della narrazione.

 Il chiaro conflitto tra movimenti e piattaforme populiste è un argomento che dovrebbe essere discusso in modo più approfondito. Si tratta probabilmente del conflitto essenziale del nostro tempo: da una parte l'utopia progressista e globalizzante, supportata dalla piattaforma, dall'altra ciò che Bauman (Laterza, 2017) ha chiamato retrotopia: l'idea che la globalizzazione debba essere riportata al passato (come nello slogan di Trump "Make America Great Again"). Per questo il mondo della piattaforma è un campo di battaglia in cui si riproducono continuamente valori, estetiche e visioni politiche.

È questa la profonda demarcazione tra una generazione x che ha provato a cambiare la società con la propria controcultura, per poi capire in epoca reaganiana di doversi riposizionare nel “business creativo della Silicon Valley” (Watson, Perché la sinistra non impara a usare il meme?, Meltemi, 2022, p. 31). Al contrario i millennial oscillano tra una visione ottimista e funzionale alla società e un’altra depressa e sociopatica. Per questo motivo la nuova destra sta cercando di liberarli da questa oscillazione per renderli funzionali alla causa, cosicché “la premessa di Bannon è che il millennial, non castigato da regole e tradizioni, ha bisogno di essere sfruttato e messo al lavoro al servizio di un revival conservatore” (ivi, p. 9). 

Nell'imponente evento organizzato da Netflix Italia, per il lancio della quarta stagione di Stranger Things, la piattaforma è protagonista di un interessante processo di rimediazione che riporta i suoi contenuti a una dimensione di fruizione collettiva, a metà tra il cinema e il live show. L'enorme schermo circondato da migliaia di fan o semplici turisti curiosi, diventa la grande attrazione della piazza che spinge sullo sfondo le bellezze storiche e architettoniche della città. Considerando che la nuova stagione sposta il focus dalla metafisica dei mondi paralleli a una narrazione più realistica, storica e in un certo senso “satanista”, è ancor più stridente il contrasto comunicativo con il Duomo che, essendo una delle strutture gotiche più famose al mondo, ha storicamente utilizzato la mostruosità delle sue statuette per incutere timore e per produrre fidelizzazione. 

I feedback provenienti dai fan che siedono sul pavimento ci ricordano che i social media sono solo un’evoluzione di dimensioni comunicative più arcaiche, come quelle della piazza. La partecipazione diretta dei fan offre in tempo reale il sentiment del pubblico, grazie a sussurri, gemiti e urla, soprattutto quando compaiono i beniamini più amati. L'evento è supportato anche da iniziative parallele, come la sfilata dei Paninari, che rilocalizzano le estetiche della serie in un contesto e in uno stile tipicamente milanese. Vecna, il mostro/diavolo a testa in giù è una sorta di antenna e di catalizzatore delle ondate di odio che sono generata dai cittadini di Hawkins nella loro quotidianità.

La nuova stagione insiste ancor più delle altre su lifestyle, brand e product placement ispirati agli anni Ottanta. Inclusi i temi popolari dell’epoca, come il bullismo studentesco su cui l’inizio della quarta stagione insiste particolarmente come fosse uno strumento di accumulo delle frustrazioni esistenziali che determinano alcuni passaggi chiave nell’evoluzione della storia. Il focus generazionale di ST gioca su un doppio target: 

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a) la Gen X che ha vissuto attivamente gli anni ottanta e che ancora entra in risonanza con prodotti, immagini e suoni di quel periodo, come Running Up That Hill (A Deal with God) di Kate Bush; 

b) la Gen Y e Gen Z che vive nei confronti di quelle atmosfere solo una nostalgia vicaria supportata dal tuttora imperante megatrend del revival anni ottanta che è iniziato con il nuovo millennio e stenta ancora a terminare. 

A ben vedere, più che un resoconto su Stranger Things, il testo di Watson rappresenta una dotta riflessione politica sul rapporto tra generazioni e sottoculture giovanili. Con un chiaro focus sul passaggio dagli anni ottanta agli anni novanta, che tutt’ora rappresentano un decennio chiave per comprendere il contemporaneo. La comparazione tra diversi mondi generazionali è anche quella tra un’epoca in cui i contenuti delle sottoculture definivano identità forti, ed una recente in cui le identità giovanili vacillano. Per questo motivo il testo di Watson insiste sulla messa in discussione del target generazionale, reificato dalla società dei consumi a partire dagli anni cinquanta, che oggi diventa ancor più attraente dal punto di vista dei nuovi brand globali e delle piattaforme. 

Chiaramente esistono atteggiamenti, speranze e paure che sono relativi all’età in cui le persone sperimentano determinati eventi storici. Questo è ciò che definisce una “generazione”. Eppure, oltre ad avere effettivamente una storia e un’esperienza radicate in un periodo di tempo specifico, le generazioni devono essere consapevoli della loro “esperienza condivisa”: cioè dell’esistenza di altre persone della stessa età che vedono il mondo in termini sostanzialmente simili (ivi, p. 27). 

Tragicomicamente, la generazione millenaria, priva della visione utopica di molti dei suoi antenati modernisti, partecipa più di qualsiasi generazione precedente al sogno d’avanguardia di una democratizzazione della produzione e della ricezione creativa. Nel frattempo, qualsiasi risveglio politico che ne consegue sembra distante come non lo è mai stato (…) (Watson, p. 17). 

Agli esempi addotti da Watson potremmo aggiungere il tanto amato e tanto vituperato Fridays For Future che, a ben vedere, seppur rincorrendo una utopia naturalista in linea di continuità con l’ecologia radicale e il femminismo degli anni settanta, esprime anch’esso una sostanziale “retrotopia” fondata su ciò che Morin chiamava “neoarcaismo”. Ovvero la costruzione di uno stile di vita che si spinge al di là della società industriale ma recuperando aspetti incontaminato della fase preindustriale. Lampi di dissidenza a parte (mi vengono in mente la Primavera araba e Occupy), i giovani hanno quasi rinunciato all’utopia. 

Se la retrotopia di Stranger Things è in linea con quella trumpiana di un ritorno all’America reaganiana, la dinamica dell’Upside Down ribalta la retrotopia in una retrodistopia. Oltre a innestare un elemento di mostruosità in quel mondo perfetto plasmato dalla “profusione” dei consumi (Baudrillard 1976, Barile 2009), la proliferazione di non luoghi dà vita a una eterotopia amplificata in cui le merci e gli oggetti del quotidiano vengono svuotati delle loro funzioni, mentre l’accesso ai mortali è concesso solo a dovute condizioni. Questa gioventù che respira per la prima volta l’aria sovreccitante del neoliberismo, è anche l’ultima ad avere la possibilità di un’azione politica. Ciò che conduce forse all’essenza stessa del politico: ciò che pertiene al benessere e alla salvezza della microcomunità in cui si risiede. 

Nella provincia americana degli anni Ottanta, pervasa dalla tv e dai nuovi consumi, tre (o quattro) ragazzi si imbattono in eventi assurdi, determinati dall'apertura di un cancello (chiuso nella seconda stagione dai poteri telepatici di Eleven), a causa di esperimenti segreti che rendono immanente una dimensione parallela: una sorta di buono nero mostruoso che ribalta la realtà effettuale è offre l’esperienza di una temporalità dilatata. L’Upside Down è una dimensione essenziale che circonda e completa la realtà fisica e quotidiana e che può essere compresa dai giovani protagonisti attraverso l'interpretazione del gioco di ruolo Dungeons & Dragons. L'immaginario di D&D è la mappa stessa che ci permette di interpretare i ruoli, le strutture e le ontologie del Sottosopra. L’Upside Down tiene tutto connesso, tanto che al suo interno sia il mostro che le vittime possono comunicare a distanza (come in Interstellar quando Copper comunica dal buco nero con sua figlia). 

In Stranger Things II la concezione astrofisica del Sottosopra – già spiegata in precedenza dal professore di scienze con l'immagine del foglio piegato in due e bucato da una matita, appunto un wormhole – si unisce alla concezione sistemico-quantistica che invece racconta di un sistema (un organismo) in grado di comunicare in tempo reale la geolocalizzazione dei nemici ai mostri che lo abitano. Stranger Things è anche un precursore dell'idea contemporanea di deglobalizzazione. Raffigurando il confronto tra russi e americani durante la fine della guerra fredda, riflette anche sullo scontro tra due diverse retrotopie: quella degli americani che sognano per sempre l’epoca aurea di Ronald Raegan (come nello slogan di Trump Make America Great Again), e quella russa di un impero dominato dalla categoria della “politica”, che resiste alle seduzioni dei consumi moderni. Questo aspetto della serie è decisamente visionario e anticipa l’odierno processo di deglobalizzazione, amplificato dalla guerra in Ucraina. Come nota Mike Watson, il Sottosopra e l'apparato militare, definiscono due livelli di dominio della nostra vita quotidiana.

Stranger Things ci ricorda come la vita quotidiana negli anni Ottanta sia stata penetrata e modificata dalla “profusione” (Barile 2009) dei media, dei marchi e dei nuovi consumi. Questa può essere considerata come una Terza tirannia che cerca di sostituire le altre due: il mefitico Sottosopra e il razionalista-politico del settore militare. Per questo i consumi quotidiani della fiction recitano la parte di un momentaneo abbandono al piacere. L’edonismo caratteristico di quel periodo è uno stato temporaneo di beatitudine che aiuta le persone a sopravvivere al terribile dominio di sistemi di potere più astratti. 

Il concetto chiave che Watson riprende da Adorno è quello di astrazione. Esso intrattiene con il mondo dell’arte un legame essenziale. Anche se nella visione elitista del filosofo francofortese tale principio dovrebbe salvarci dalla profusione del consumo e dalla sostanziale commercializzazione dell’opera d’arte, già iniziata con la fatidica riproducibilità tecnica di beniaminiana memoria, i contemporanei non possono non confrontarsi con un mondo fatto di contaminazioni multiple, che ha abbandonato qualsiasi ideale di purezza. 

Adorno ha ritenuto, forse un po’ ingenuamente, che l’astrazione, ad esempio, di un’opera teatrale di Samuel Beckett o di un romanzo di Kafka, potesse strapparci al compiacimento indotto dall’esposizione al pacciame aziendale, che a sua volta nasce dall’astrazione del capitalismo (che riduce tutte le cose ai numeri).

La soluzione proposta da Watson contro questa immane logomachia, non è però in linea con l’opposizione frontale di matrice francofortese, ancora troppo moderna e basata su una concezione strategica, ma decisamente più vicina a una visione tattica, che da Stuart Hall (1973), passando per Michel de Certeau (2001), ci conduce ai fandom e alla cultura convergente di Henry Jenkins (2006)

“Sembrerebbe quindi che l’unica opzione che abbiamo sia quella di imbastardire i meccanismi di produzione e ricezione culturale capitalista dall’interno, ancora e ancora, sapendo sempre che la macchina è troppo vasta, troppo onnicomprensiva per essere superata completamente” (Watson, 2022, p. 80). 

Se la riflessione su Stranger Things consente di mettere in discussione il rapporto tra storytelling e targa generazionali, l’estensione del focus ad altri linguaggi, come i meme o i videogiochi, consente di approfondire il tema dell’intervento tattico dell’utente. Nella brillante analisi sul tentativo di sfruttamento da parte di Steve Bannon del mondo dei videogiochi con il chiaro paradosso di voler studiare tali comunità coltivando la distorta ipotesi che si tratti di giovani, bianchi, disintegrati ecc. si trova forse il messaggio essenziale di questo testo. Il fatto che una serie di valori e di approcci che caratterizzavano le “culture convergenti” come punta avanzata di una certa visione “liberal”, ora invece vengono recuperati da un pensiero di destra radicale, che mira a fidelizzare i millennials tramite soluzioni creative e linguaggi “a bassa fedeltà” (Barile 2019).

Un tentativo che, nella visione tutto sommato ottimista di Watson, potrebbe essere ribaltato nel suo inverso, riattivando la capacità creativa degli utenti di fronte al mondo delle piattaforme, come anche della capacità critica degli elettori di fronte alle proposte delle nuove destre. Se le previsioni di Adorno hanno fallito sulla natura e sulle funzioni dei media contemporanei, il suo interesse per l’arte gli ha permesso di cogliere il valore della creatività diffusa come risposta attiva contro l’immane processo di burocratizzazione dell’industria culturale e della società. 

Difatti: mentre Adorno non può aver previsto fino a che punto la società stessa sarebbe diventata allo stesso tempo radicalmente astratta e pluralista, né può aver previsto il grado in cui i media sarebbero diventati orientati all’utente, rimane speranza per la sinistra nella tendenza contro-razionalista della produzione creativa che egli aveva abbracciato. 

Questo testo è tratto dall’introduzione di Nello Barile al libro di Mike Watson, Perché la sinistra non impara a usare il meme?, Meltemi, 2022.

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