Buenos Aires. Papa argentino

15 Marzo 2013

Da più di un’ora sul taxi, sono ormai stramazzato. Ma la mia testa appoggia contro un altoparlante della radio, che i tassisti qui tengono sempre accesa per svicolare tra picchetti e imbottigliamenti.

 

 

Così, sono il primo a sentirlo: “Habemus papam!” E grido a mia volta: “El papa es argentino!”.  Il tassista, cui è permesso di stramazzare solo a metà e che, chiacchierone come tutti, si è reso conto di avere un italiano in macchina: “Si, si”. Non ascolta e gli sembra che quel che dico sia una ribollitura dello solito “Dio è argentino”, a sua volta sottospecie delle battute sull’orgoglio locale lanciate nel resto del Sudamerica (“Come si suicida un argentino? Si arrampica sul suo Io e si butta giù”). “No - gli grido - il papa vero, quello di Roma: B E R G O G L I O!” (in spagnolo anche la seconda G suona come in “ghiaccio”: in Piazza San Pietro l’hanno pronunciato all’italiana e anche per questo gli argentini stentano a capire).

 

Il tassista si scusa e riafferra il cellulare. Smette di dare istruzioni alla moglie per la cena, chiama tutti. Nessuno ci crede.

 

Arrivo finalmente dal mio editore. Anche qui sono increduli. E, anche qui, mi fanno notare che, in un quartiere pullulante di chiese, non si sente una campana. Una interpretazione è che non sia amato dalla base del clero, come amico dei potenti. Ma la lettura opposta è altrettanto legittima: siamo a Palermo (centro-nord di Buenos Aires) il quartiere più borghese (con definitiva tristezza dei lettori di Borges, che lo ricordano come centro artistico-alternativo) di questa città a sua volta borghese. Buenos Aires è amministrata dalla destra, in opposizione al governo centrale progressista dell’Argentina. (Il Sud America in questo è ancora al secolo scorso: la borghesia e le zone ricche votano a destra, i proletari e i sobborghi a sinistra, quasi il contrario della normale Europa di oggi).

 

 

Insomma, il nuovo papa potrebbe non essere amato per le ragioni più opposte. I gay, che a Buenos Aires sono una comunità importante quasi quanto a San Francisco, sanno che Bergoglio conduce una vera crociata contro il governo il quale, oltre a depenalizzare l’aborto, vuol istituire un matrimonio per loro. Cosa fino a oggi impensabile in America Latina, Cuba inclusa. Verbitsky, il più autorevole dei commentatori progressisti, ammette che il nuovo papa, rigido conservatore nei costumi e nell’ideologia, ha in mente i poveri. Dal Brasile Leonardo Boff - il fondatore della Teologia delle Liberazione - esprime addirittura entusiasmo.

 

 

Comunque sia, è il paradosso della Chiesa: che riesce a colpire la fantasia popolare con la sua imprevedibilità, contrapposta ai comportamenti scontati dei politici. È vero che in Italia anche la politica sembra riservare sorprese e novità: ma l’immaginario collettivo si aspetta che in pochi anni saranno invecchiate e sclerotiche. La Chiesa sorprende: dopo duemila anni di Eurocentrismo, in due giorni trova il consenso su un argentino, malgrado i cardinali latino-americani siano ben pochi (a rappresentare metà dei cattolici del mondo). Elegge un vecchio di quasi 77 anni, che si era ritirato da arcivescovo per raggiunti limiti di età. Elegge un uomo della Compagnia di Gesù, nel continente in cui i gesuiti avevano fondato un potentissimo stato “teo-comunista”, e per questo erano stati scacciati e poi politicamente sorvegliati.

 

 

Bergoglio è, a suo modo, forte, ben più forte del comune personaggio di curia. Ma difficilmente potrà (o vorrà?) cambiare molto. Una novità, però, ormai c’è stata ed è irreversibile. Il mondo è costretto a vedere che l’America Latina è il vero, unico melting pot, l’unico continente nuovo. Come diceva già il maestro Simon Rattle: se nella musica c’è qualcosa di nuovo è qui. Non il Nord America, prolungamento dell’Europa bianca, soprattutto nei suoi aspetti commerciali. Non l’Asia, nuova nella sua ricchezza, ma conservatrice radicale nell’anima. Solo l’America Latina è il crogiuolo dell’umanità nuova. (E Buenos Aires ne è un concentrato senza pari: pur decaduta da metropoli ricchissima a stracciona, in un fine settimana qualunque ti può ancora offrire più spettacoli teatrali di qualità che Parigi, Berlino e Londra messe assieme).

 

Con l’11 settembre abbiamo sperimentato una gran novità: non riguardava il terrorismo, ma noi tutti. Era l’esistenza di immense masse mussulmane. Ora la novità, più che l’elezione del papa, sta nel renderci finalmente conto del fatto che esiste l’America Latina, vero continente nuovo.

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