I pericoli della meditazione

6 Dicembre 2015

«Dovrei dirvi prima che il libro è nato un paio di anni fa, quando una persona con la quale mi scrivevo da tempo su Facebook è scomparsa dal social senza lasciare traccia. La sparizione mi ha lasciato con un vuoto inatteso e per cercare di colmarlo, come spesso succede, ho percorso a ritroso le tappe del nostro rapporto. Una delle ragioni per cui ho scritto il libro è la speranza che potesse aiutarmi a ritrovare questa persona. Si chiamava o si chiama (sempre che non fosse un nome inventato) come una nota officina di orologi. Da qui Tissot [...]. Ligeia invece nasce dal fatto che ho sempre pensato a questa persona come alla Ligeia del racconto di Poe. La nascita di Ottavio Tondi è invece stata più casuale, nel senso che il nome mi è semplicemente apparso alla mente. O meglio, mi è apparso Tondi, dopodiché ragionando sulla rotondità (un aspetto che mi interessava esaltare) sono arrivato a Ottavio, a un otto, a due tondi. Un nome specchio che si adattava bene alla funzione che inizialmente doveva avere il personaggio, quello di uno specchio attraverso il quale raccontare Ligeia. Come spesso accade quando scrivo, i rapporti di forza tra i personaggi sono cambiati. Ottavio è diventato il protagonista, esiliando sullo sfondo Ligeia. Ma era giusto, perché il motivo dominante o comunque ispiratore del libro era l’assenza».

[Tommaso Pincio, cit. in Carmilla]

 

C’è un odore ospedaliero nelle pagine di Panorama di Tommaso Pincio (NN Editore 2015), anzi, meglio: un odore di cibo da ospedale, di brodini e gelatine, di cibo inoffensivo per digestioni oltraggiate da una malattia. Ancor più sfinito – una volta di più – è lo spazio di questi luoghi ospedalizzati dallo sguardo sanitario del narratore: spazi già abitati, esauriti dall’abituale lezzo epidermico che le persone trascinano con le proprie impronte digitali. Spazi sui quali Panorama, la piattaforma social, getta uno sguardo. Meglio: è la perpetua azione del ‘guardare’ che logora gli spazi, come avviene con alito di grazia nel cinema di Tarkovskij.

 

La medicalizzazione di Panorama segue anche e soprattutto l’aritmia di un personaggio malmenato dalle gaddiane irragioni dei padri, poi dalle avanguardie della notte infine dalla paralisi emotiva. E ancora: Ottavio Tondi s’inchioda al suo divano e legge per il pubblico che accorre in teatro a vederlo. Ottavio Tondi è un lettore professionale per case editrici. Di più: è una vera e propria celebrità, responsabile di alcuni fra i più recenti successi editoriali. Chiamato a rispondere al pubblico del suo successo Tondi decide di giocare col pubblico seguendo le sue regole: apparire alla condizione di farlo leggendo e basta. Per ore un pubblico devoto e in ascolto paga un biglietto per sedere e guardarlo a sua volta seduto sul divano a leggere in silenzio. Questi spettacoli antispettacolari si trasformano ben presto in happening dove rimbombano silenzi alla John Cage. Ma queste performance, dove il corpo-Tondi si abbacchia sul divano, non si fanno paradigma della coercizione posturale, bensì di una gioia fremente e un poco mistica, un fervore da auto da fè. Potremmo proseguire su questa strada seguendo la via di Maddalena, la escort che lo lascia disfatto e innamorato. Che in Panorama dimori un sentimento religioso è abbastanza chiaro, ma di quale religione si tratti ho meno chiarezza.

 

Ottavio Tondi cerca la sua cura: nelle prostitute, nella letteratura, nella cannabis. Infine in Panorama, deus ex machina che apparirà a scoppio ritardato, ma che, a ben vedere, è già in atto durante l’autorappresentazione di Ottavio seduto sul divano in scena. È il pubblico, semmai, che cambia. In teatro è liturgico e silenzioso, su Panorama è invisibile e incombente, come vuole il modello panopticale di Bentham che esplicitamente è richiamato dal narratore, il quale è interno alla vicenda ma non identificabile fra i protagonisti di essa. È un testimone, ecco, l’ennesimo sguardo che si posa su Ottavio Tondi e lo allontana dalla sua cura, dalla comprensione.

 

L’ascesa di Ottavio dura fintanto che un branco assetato di sangue lo aggredisce e lo lascia esamine a terra. Da qui il calvario, che passa attraverso la droga e la guida circuitaria e assorta sul Gramde Raccordo Anulare. Si realizza nel tempo ricorsivo del GRA una sorta di illustrazione pascaliana di antichi esercizi spirituali. Prima o poi la rivelazione arriverà, ma per il momento essa latita. La scoperta del social Panorama avviene a mezzo di Mario Esquilino, poeta da quattro soldi, già satrapo-spacciatore di cannabis: è lui a consigliare a Ottavio d’iscriversi a questa piattaforma dove il prezzo da pagare è di tenere perpetuamente in azione una webcam puntata su un punto, a scelta, della propia vita. Ottavio Tondi sceglie la sua libreria, Ligeia Tissot il letto.

 

È questo il vero teatro sul quale Pincio – in quanto agens e auctor – allestisce la sua terapia. È questa la corsia ospedaliera dove con un linguaggio piano e medio, da indagine biografica, sulla quale si riflette forse un altro scomparso, il Majorana di Sciascia, il terapista tenta di ricucire i brandelli esperienziali e spirituali di Ottavio Tondi. Il letto, luogo dove si libera la volontà di vivere schopenhaueriana, dedicata alla riproduzione della vita; il perverso lettino da psicanalista di Ligeia Tissot, ma anche il letto come piattaforma del sonno e delle iridescenze del sogno. Dunque Tommaso Pincio ha messo in scena una terapia che per forza di cose è destinata a fallire? O ha messo in scena l’impossibilità di una terapia per l’alienazione contemporanea?

 

Semmai Pincio mette in scena i pericoli della meditazione nel codice del presente. In un articolo assai intelligente pubblicato su Che Fare, Andrea Libero Carbone legge nella filigrana della mindfulness – una sorta di meditazione trascendentale asciugata dalla componente religiosa e ora molto praticata nei luoghi di lavoro come accrescimento della perfomance del lavoratore, soprattutto se ‘cognitivo’ – proprio l’ennesima estensione del dominio del capitalismo. Vede un lavoratore che al contrario del paradigma gramsciano non si riappropria del pensiero lasciando libere le membra di essere guidate dagli automatismi della catena di montaggio, bensì un lavoratore al quale è chiesto un sempre più ulteriore sforzo creativo, invaso dalla zampata della legge del profitto anche nella sua zona privata della spiritualità.

 

Il social panottico Panorama indica la strada di un mondo iperconnesso e ipersensibile all’occhio altrui. Un mondo indebolito, esposto alla carica virale degli sguardi – mai innocui, come il Tondi vittima anche di linciaggio social sa bene. Un mondo da «mobilitazione totale» (cfr. l’omonimo Maurizio Ferraris, da poco pubblicato per Laterza), dove la biopolitica foucaultiana agisce per dispositivi di responsabilizzazione dell’individuo, per i quali è un «dovere morale» essere presenti, reperibili. La violenza e la paura che segnano Tondi, ancor prima che quelle del mondo fuori dal serraglio della letteratura, sono la rottura del patto fra parola e cosa. I’ll be your mirror/reflect what you are/in case you don’t know. Sono versi dei Velvet Underground, quanto mai azzeccati. Ora, come il suicida (?) Majorana, anche per Tondi la sola possibilità di escludersi da un mondo concentrazionario è scomparire. E lui scompare.

 

 

Il libro: Tommaso Pincio, Panorama, NNE, 2015, pp. 200, € 13,00

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